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Il progetto MuoverSì e l’importanza di raccontare lo Sport

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Cosa c’é di meglio di una giornata di sport sorseggiando del buon vino? Nulla se il vino é quello pregiato dell’azienda Giacobazzi e a raccontare lo sport ci sono tre mostri sacri come Fabio Tavelli, Nicola Roggero e Leo Turrini di Sky. La terza tappa di sei del progetto MuovERsì, un percorso patrocinato dalla Regione Emilia Romagna, in cui si approfondiscono i valori fondamentali dello Sport. L’evento, organizzato da Volley Project, ha visto come cornice la splendida vineria della famiglia Giacobazzi, sita a Nonantola, in provincia di Modena, famiglia da sempre legata allo sport e soprattutto ai campioni come il compianto pilota di F1 Gilles Villeneuve e soprattutto Marco Pantani, per tre anni nel team che porta il nome dell’azienda e vincitore del Giro d’Italia dilettanti prima di passare tra i professionisti.
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Una location da brividi, un museo di cimeli sportivi in cui è impossibile respingere la sensazione di successi, fallimenti ma soprattutto gloria che si respira nell’aria. Ad aprire le danze tra i tre ospiti, imbeccati sul tema di come si racconta lo sport è il piú esperto di tutti Leo Turrini:“Si sta perdendo la narrazione. Raccontare lo sport significa raccontare o quantomeno tentare di raccontare l’emozione o il sacrificio che c’é dietro al risultato sportivo andando nel cuore e nella sostanza del racconto. Vedete quella foto lì, quella di Villeneuve con la tuta Giacobazzi? Quella foto é la partenza di una storia incredibile. Enzo Ferrari agli sgoccioli della sua vita, dove ormai vedeva le gare da casa, voleva andare a vedere dal vivo la sua scommessa Villeneuve, ex autista di slitte. I due ebbero un rapporto quasi da padre e figlio ma ad un certo punto un episodio fece infuriare Villeneuve che non gli rivolse piú la parola e questo rimase il rimpianto di Ferrari una volta scomparso il pilota. L’episodio in questione fu il gran premio di Imola del 1982. Il secondo pilota di Villeneuve, Pironi non fece passare Gilles e vinse la gara. Villeneuve su tutte le furie andò da Ferrari a chiedere lumi e quest’ultimo nel suo solito modo molto pacato rispose: “Gilles, hai ragione ma io sono Enzo Ferrari e ieri ad Imola la Ferrari é arrivata prima e seconda quindi a Pironi non posso dire proprio nulla”. Storia finita? Macché. Pironi a cui anche a lui Villeneuve non rivolse piú la parola, terminata la carriera automobilistica si diede a quella nautica dove morí gareggiando. Sua moglie al momento della morte portava già in grembo due gemelli e li chiamò Gilles, come Villeneuve e Didier, come suo marito Pironi. Ecco questo é lo sport
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La palla poi passa a Roggero che ci racconta quanto lo sport sia il viatico e strumento piú adatto per far comprendere le dinamiche sociali ed impartirci lezioni di vita. La sua storia é quella della rivalitá ciclistica tra Poulidor, idolo del popolo ed ancora oggi acclamato al Tour de France anche dai giovani che non l’hanno vissuto ma poco vincente tant’é che in Francia il suo nome viene usato per indicare la paura di vincere, e Anquetil, il preferito dell’aristocrazia francese ovunque fischiato e che chiamò la sua barca “siffler” che in francese vuol dire proprio fischi. Durante il tour del 1962, Anquetil ha 54 secondi di vantaggio ma il tratto successivo é un’insidiosissima salita, punto debole di Anquetill e forte di Poulidor. Il secondo prende il largo e taglia il traguardo in attesa del primo in piena difficoltá. Anquetil però é un grande calcolatore e stremato arriva dopo 40 secondi e subito chiede “sono ancora maglia gialla?” e alla risposta affermativa con un vantaggio di 14 secondi lui laconico risponde “Che spreco, 13 secondi di troppo”. E poi sviene. Al di lá della rivalitá tra i due c’era profondo rispetto tant’é che Anquetil in punto di morte nell’ultima corsa che non é riuscito a vincere, quella contro il cancro, visitato proprio da Poulidor si congeda dalla vita e lo congeda con un “Mi dispiace Raymond (Poulidor), anche alla morte sono arrivato prima di te”.
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Chiude il giro Tavelli che parla del giornalismo moderno che ha ferito gravemente la narrativa: “Io sono un giornalista di TG quindi spesso parlo di cronaca spicciola e di risultati. Purtroppo internet ed i social non permettono piú il romanzare alcuni aspetti dello sport che dopo tanti anni ancora non si sa se sono leggenda o veritá e questo perché o vengono mostrati direttamente senza riflessione buttati lí nel tritacarne o al contrario smentiti dai vari tweet, video, audio. Anche l’audience é cambiata e per certi versi vuole essere informata nel minor tempo possibile invece di essere emozionata. La conditio sine qua non per una narrativa efficace e capace di attivare l’elemento emozionale é lo scorrere del tempo, atto a far dimenticare un pochino a tutti per poi raccontare di nuovo la storia aggiungendo qualche dettaglio, magari anche romanzato, troppo bello per essere rovinato con la veritá“.
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La chiusura della serata ha come oggetto un solo nome quello di Marco Pantani, un trascorso nel team Giacobazzi, conterraneo ed idolo da queste parti. Prende la parola Turrini: “La storia di Pantani é una grande ingiustizia ma partiamo dai fatti: lui come tutti prendeva l’EPO. Prima i controlli anti-doping nel ciclismo si basavano solo sull’ematocrito, se lo avevi sotto i 50 eri ok se lo avevi sopra non venivi squalificato ma solo fermato per 2 settimane per la tua incolumitá. A Madonna di Campiglio é accaduto qualcosa di strano. Tutti sapevano quando arrivavano i controlli e come abbassare il livello in caso fossero alti allenandosi la notte. Possibile che sui primi 20 tutti sottoposti al controllo 19 avevano l’ematocrito entro i limiti e l’unico pirla con 52 fosse proprio Pantani che comunque non é mai stato squalificato per doping? Questo ci porta al fulcro del problema ovvero la brutta abitudidne italiana di screditare chi ce l’ha fatta piuttosto che emularlo e questo é molto preoccupante. Su Pantani si sono attivate 7 Procure della Repubblica, quattro in piú di quelle per Riina. Questo mi porta ad una sola ed unica riflessione: che cazzo di paese siamo? Il troppo potere di Armstrong, indicato proprio da Pantani in un’intervista alla Rai, ha permesso la sua esclusione dai successivi Tour mentre tutti gli altri fermati per ematocrito gareggiavano normalmente. Gli italiani non hanno permesso a Marco di andare alle Olimpiadi considerando la sua eventuale partecipazione come “Una vergogna per il paese”. Un ragazzo sicuramente fragile lasciato solo e non aiutato da nessuno. Beffa delle beffe l’idolatrazione di Armstromg per anni, prima di essere scoperto, simbolo del si può vince senza doping, pulito, dopo aver sconfitto il cancro”.
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Il tempo é volato e tra un sorso di vino pregiato e un appetizer si continua off record a fare quello che ci piace di piú: parlare di sport. Si conclude cosí la terza tappa del progetto MuovERsì, un progetto che continua a raccontare lo sport in modo diverso, vero, intelligente e brillante anche attraverso gli ospiti illustri invitati di volta in volta, con l’intento ambizioso di rieducare l’Italia, al momento priva di bussola, nella giusta direzione sportivo-culturale.

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