Quella che stiamo per raccontarti è una delle storie più incredibili del calcio moderno. E’ il ritratto di Jairo Castillo detto El Tigre, talento colombiano tormentato dal pallone e dai guai giudiziari.
Questa è la storia di un fenomeno mancato, di un centravanti dallo sguardo truce, accolto come un eroe a Genova in un grigio e caldo pomeriggio di ottobre, prima di un mandato di cattura per omicidio.
Sei pronto? Riavvogliamo il nastro fino al 2001.
E’ il 3 ottobre. Un po’ a sorpresa al centro Sportivo di Pegli, sede di allenamento del Genoa Calcio, spunta El Tigre Castillo. Il colombiano è il sogno di un’estate rovente che si concretizza. Sono quasi le 18.00, è martedì. Un ragazzone di colore, decisamente sovrappeso, scende da una macchina lussuosa e attorno a lui una città in tilt. Già, perchè il 24enne di Tumaco è uno dei calciatori più promettenti della Colombia.
I numeri sono dalla sua parte: trenta gol messi a segno con le maglie dell’America de Cali e del Velez Sarsfield. Per la Serie B italiana è un vero lusso, tanto che il bomber – già nel giro della sua nazionale – era ambitissimo. Almeno duemila persona attorno lui, lo scortano eroicamente verso gli spogliatoi.
Duemila genoani impazziti per l’acquisto che può rilanciare le ambizioni del club più antico di Italia.
Castillo è spaesato, distrutto dalla stanchezza e tormentato da alcuni guai giudiziari che lo hanno tenuto lontano dal campo per parecchio tempo. E si vede. La mancata attività fisica salta subito all’occhio: sei chili di troppo, sguardo perso nel vuoto e la maglietta che tira soprattutto sulla pancia.
El Tigre vuole dimenticare i guai e sogna la Serie A col Genoa, di cui conosce pochissimo. Gli addetti ai lavori lo descrivono come un potenziale boom per il calcio europeo: “Ha un dribbling terrificante ed è velocissimo. Lo vedrete”.
Le fantasie dei tifosi volano ad alta quota, ma Castillo non gioca una partita da più di tre mesi. Il viaggio verso Genova è massacrante: diciotto ore, da Cali a Bogotà, poi a Madrid ed infine l’arrivo a Milano col trasferimento in macchina in Liguria.
La sua avventura al Genoa può cominciare. Sul web circolano i primi video con le gesta tecniche di Castillo in Sudamerica. Il ragazzo fa paura, ma di paura ne ha tanta.
Il suo arrivo tardivo a Genova è dovuto alle indagini su un incidente stradale in cui sono morte due persone e tre sono rimaste ferite. El Tigre è tra gli imputati. L’attaccante vive un momento di crisi, ma si allena con la sua nuova maglia.
I tifosi sono molto caldi nei suoi confronti e aspettano con ansia i suoi affondi terrificanti sotto la Nord. I chili, lentamente, vanno giù ma il rendimento in allenamento è molto deludente.
Castillo non riesce a calarsi nella nuova realtà genoana. Il volto è segnato, la barba comincia a farsi più lunga e il suo sguardo è spaventoso. L’unica cosa che brilla è il suo orecchino d’argento all’orecchio sinistro.
L’avventura non decolla e un giorno, la routine del colombiano viene spezzata da un incredibile avvenimento: il Tribunale penale di Cali gli nega la libertà provvisoria e emette un ordine di cattura per omicidio e lesioni.
El Tigre è imperturbabile, ma dentro è morto. In punta di piedi abbandona Genova, torna a casa per la partita più difficile.
Una partita che Jairo Castillo ha vinto, ma che ha lasciato il segno.
La sua carriera calcistica prosegue in Sudamerica, dove colleziona presenze e anche qualche gol senza riuscire più a raggiungere la doppia cifra e il tanto sognato successo.
Questa è la storia di El Tigre e di quell’incredibile pomeriggio genovese condito di misteri, entusiasmi e di intrecci drammatici.