Si può datare la nascita della letteratura sportiva? Sì, e ha anche un nome: Enrico Mattesini. La letteratura sportiva nasce grazie a questo mercante d’oro e d’argento di Arezzo che volle realizzare il sogno condiviso con la moglie Giovanna: creare una casa editrice di valori civili dello sport. Limina nasce così, a metà anni 90, e il primo libro libro pubblicato fu un successo clamoroso “La farfalla granata” di Nando Dalla Chiesa che raccontava la storia di Gigi Meroni. Altro grande successo letterario fu “Una porta porta nel cielo”, l’autobiografia di Roberto Baggio.
Un antesignano dunque che ha dato “ordine” e coerenza alla materia, la letteratura sportiva, che oggi investe le più svariate discipline: dal calcio al ciclismo, dal tennis all’atletica, dalle biografie ai romanzi.
Un rapporto, quello tra tra sport e scrittura, che pare influenzi realmente le parti; sembra infatti che molti grandi autori abbiamo trovato in uno sport quale la corsa, il modo per migliorare la loro scrittura: Dickens, Alcott e Whitman per fare alcuni nomi. Addirittura Murakami Haruki ci scrisse un libro dal titolo “L’arte del correre” nel quale racconta ciò che l’ha spinto (e lo spingono tuttora) a praticare questa disciplina, nonché le fatiche, le debolezze e l’esaltazione che la corsa comporta.
Insomma, scrivere di sport fa bene e noi abbiamo fatto uno chiacchierata con chi di mestiere fa lo scrittore: Jonathan Arpetti di Macerata, tifoso juventino e autore di “I love Ju” e “Juve 30 e love”.
Perché hai deciso di scrivere due libri in cui la Juventus è il fulcro delle storie?
Tutto è iniziato dopo che la Juventus ha perso la finale di Champions contro il Milan nel 2003. Quella sconfitta è stata la mia più grande delusione sportiva e con il romanzo I LOVE JU in un certo senso ho voluto prendermi una rivincita… Juve 30 e love invece è nato come un inno al trentesimo scudetto, il primo dell’era Conte, una cavalcata incredibile senza subire sconfitte… il tutto nella nuova casa della squadra, lo Juventus Stadium.
Secondo te, la letteratura sportiva può considerarsi secondaria rispetto a quella “impegnata”?
La letteratura sportiva non la considero assolutamente inferiore ad altri generi letterari, per me esistono i libri scritti bene, che appassionano chi li legge, che regalano emozioni, e i libri scritti male che non fanno scattare nessuna empatia.
Leggere la biografia di un calciatore, per un giovane, può essere una spinta ad amare la lettura?
Può essere una spinta per iniziare a sfogliare un libro, ad appassionarsi a una storia raccontata attraverso le parole…
Un libro di sport che ti ha colpito?
Suite 200. L’ultima notte di Ayrton Senna di Giorgio Terruzzi. Leggendo questo libro sembra di essere accanto al pilota nella stanza e si entra in contatto con il suo modo di vivere, di essere.
Un libro sportivo che, invece, vorresti scrivere?
Il mio sogno è scrivere la biografia di Max Allegri, un allenatore che stimo profondamente, uno dei migliori che si sono seduti sulla panchina bianconera. Accolto con scetticismo dai tifosi, ha saputo raccogliere l’eredità di Conte senza scomporsi e fare addirittura meglio, portando una squadra, quello dello scorso anno, che secondo il tecnico leccese era da rifondare, a un passo dalla vittoria in Champions League, e se l’arbitro avesse fischiato il rigore su Pogba, atterrato in aria…
L’ingrediente principale per chi vuole diventare scrittore.
Secondo me uno scrittore prima di tutto deve essere un grande lettore… deve essere divorato dalla curiosità di conoscere quello che hanno scritto i grandi maestri della letteratura e cercare di prendere esempio da loro e poi darsi un metodo e non far passare neanche un giorno lontano dalla tastiera.