Sì, ok, è immorale. Il calcio. Pieno di gente che pensa solo ai soldi, il calcio. Di arrivisti senza scrupoli e di furbi. Chissà che cosa succede, nel calcio. Perchè dare una colpa e basta, additare e basta è facile. Ci si chiama fuori, si sta in disparte rispetto ad una marea di gente che chissà cosa ci trova, ah, dimenticavo, c’è la violenza, tanta violenza. Nel calcio. Sembra il non voler ammettere qualcosa spostando il problema. Però, ecco, però. Però poi scopri pagine di romanzo in giocatori insospettabili, gente capace di piangere e commuoversi, aiutare, esserci.
Giocatori che scappano dai riflettori, per fare in modo di poter aiutare senza che si sappia. Oppure che si sappia, che importa, tanto è sotto gli occhi di tutti. Lo è stato sotto gli occhi di tutti, il momento commovente che c’è stato a Barcellona. 7 agosto. Trofeo Gamper. I Blaugrana giocavano contro la Chapecoense, o meglio quello che pian piano si sta ricostruendo di una squadra che è stata squarciata dai morsi di un disastro aereo a Medellin, lo scorso novembre. I giocatori brasiliani sono scesi in campo con la maglia speciale, fatta di un fondo bianco e 71 stelle, 71 guardiani delle loro sorti, dal cielo dove si trovano, 71, le vittime di quella tragedia evitabilissima, bastava un pieno di benzina.
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Ma il prima è stato da brividi, tre giocatori sopravvissuti sono scesi in campo per primi, Ruschel, che è anche tornato a giocare con la fascia di capitano, nonostante una lesione vertebrale, che al momento dell’applauso di uno stadio non ha trattenuto le lacrime, Ruschel che ha abbracciato Messi e gli ha chiesto la maglia. E se guardate la foto, quello che appare con più deferenza non è Ruschel, è Lionel che guarda basso, con rispetto. E poi loro due, gli autori del calcio d’inizio simbolico, Neto e il secondo portiere Jackson Follmann, che è sceso in campo in divisa. Perchè ha una protesi e non può giocare più come voleva, ma che non molla. Intanto è parte della squadra, perchè se qualcosa, di bello o atroce unisce, unisce per sempre, poi non vuole abbandonare il sogno e si impegnerà per giocare nella nazionale brasiliana paralimpica. Il portiere del Barcellona Ter Stegen gli ha promesso che vuole aiutarlo nella realizzazione del suo sogno, per una volta si para in due dalla stessa parte.
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Un’ultima cosa, Il Barcellona ha devoluto metà dell’incasso alla “Chape”, ma si erano mobilitati anche molto prima, per dare una mano, quasi immediatamente dopo quel tragico giorno di novembre. Già, immorale, scandaloso, ormai in mano al dio denaro, questo calcio. Ma capace ancora di non morire, capace di raccontare storie di redenzione e resurrezione, sportiva e umana. Perchè non lo ammetteremo mai, ci fa male dirlo, ma è quanto di più vicino alla vita possa esserci, nasci e giochi a calcio per strada, ovunque e comunque tu sia. Perchè la vita è così, corrotta, sporca, inguardabile, poi vedi meglio e scorgi una bellezza struccata seducente e bellissima. E ci credi ancora. Ci. Credi. Ancora.