Ikurriña e rivoluzione: la partita di calcio che cambiò la Storia del popolo basco
Il 5 dicembre 1976 si giocò una partita che cambiò per sempre le sorti del popolo basco. Un match che fu determinante per la loro voglia di indipendenza. Vi raccontiamo come andò.
Una bandiera, nel panorama calcistico attuale, è una delle basi sui cui, vari gruppi ultras, costruiscono la propria fede. Quante volte, durante una partita, si vedono centinaia di vessilli al vento che sventolano dal primo all’ultimo minuto di gioco?
Gli stendardi rappresentano dei veri e propri biglietti da visita che i supporter delle squadre portano sempre dietro con sé, in casa ed in trasferta, per far vedere la loro presenza sugli spalti. In alcune occasioni, però, delle determinate bandiere delineano un qualcosa in più e possono avere dei risvolti “rivoluzionari”.
Il 5 dicembre 1976, ad esempio, è una data molto importante per la popolazione dei Paesi Baschi e per la sua bandiera, conosciuta con il nome di ikurriña. La Spagna, in quel periodo, stava attraversando un periodo parecchio delicato.
Il dittatore Francisco Franco era morto da circa un anno e il governo di Madrid, seppur tra mille difficoltà, stava cercando di dar via ad una transizione democratica per levarsi di dosso tutto ciò che la dittatura appena terminata aveva lasciato. Tra le varie forme di repressione franchista che si volevano cancellare vi era quella che comportava il riconoscimento delle bandiere delle varie comunità che tentavano di ottenere l’autonomia.
Tra queste però l’ikurriña rappresentava un caso a sé dato che essa, secondo la maggior parte dei politici spagnoli, era un vero e proprio simbolo di quello che poteva essere descritto come un gruppo terroristico: l’ETA. Per far capire il clima che si respirava al tempo possiamo dire che il ministro dell’Interno iberico di allora, Manuel Fraga Iribarne, dichiarò che se qualcuno voleva rendere legale l’ikurrina doveva prima “passare sul suo cadavere”.
Quel giorno di inizio dicembre di più di 40 anni fa, però, ecco che avvenne una vera e propria rivoluzione che vide il vessillo basco tornare prepotentemente alla ribalta. Nella cittadina di San Sebastián, per la precisione, si doveva giocare il derby tra i padroni di casa della Real Sociedad e l’Atlethic Bilbao.
Il clima pre-partita era quello caratteristico di uno dei derby più accesi di sempre. Migliaia di persone erano pronte a sostenere, dagli spalti dell’Estadio de Atocha, i loro beniamini in campo. Quando entrarono le squadre in campo però tutto tacque e il silenzio cominciò a regnare sovrano.
Il motivo di quel cambiamento di decibel fu che i capitani delle due squadre, Inaxio Kortabarria della Real e José Ángel Iribar dell’Athletic, scesero in campo tenendo una ikurriña in mano in maniera, visibile chiaramente a tutti i presenti.
A portare il vessillo nell’impianto era stato Josè Antonio de la Hoz Uranga, giocatore della Sociedad, noto per il suo forte attivismo politico. Alcuni mesi prima, ad esempio, lo stesso Uranga era stato scoperto a distribuire volantini a favore dell’amnistia per i prigionieri dell’Eta.
Per questa sua presa di posizione era stato arrestato e portato in caserma dove il giocatore, conosciuto con il soprannome di abertzale (che si può tradurre come “il patriota”), non ricevette un trattamento amichevole da parte degli uomini in divisa presenti.
Anche per questo motivo Uranga si decise, in quel giorno di dicembre, di provare a fare entrare la bandiera basca sul terreno da gioco. Una volta portata dentro l’impianto, nascosta in una borsa contenente bottiglie di acqua, si dovevano convincere gli altri giocatori delle due squadre a compiere un gesto così forte e pericoloso.
Il risultato fu sorprendente visto che tutti i presenti acconsentirono. Persino Daniel Ruiz Bazán, storico attaccante del Bilabo che era figlio di una Guardia Civil, diede il suo assenso.
A seguito di quell’evento nessuno parlò del risultato in campo che si verificò al termine dell’incontro: vittoria netta per 5-0 della Real Sociedad. Tutti, difatti, si concentrarono su quella bandiera rossa-verde-bianca che chiedeva di essere legalizzata una volta per tutte.
Di conseguenza, nei giorni successivi al match, cominciarono una serie di pressioni sul governo di Madrid affinchè riconoscesse la stessa ikurrina. L’attesa non fu lunghissima: il 25 gennaio 1977 difatti, per la prima volta, il medesimo vessillo spuntò sul balcone di un palazzo istituzionale della città basca di Pamplona.
Nel 1979, invece, lo Statuto la riconobbe come bandiera ufficiale della Comunità autonoma basca. Beñat Zarrabeitia, un importante giornalista sportivo da Bilbao, ha descritto quel 5 dicembre come “il giorno della legittimazione dopo quaranta anni di repressione dell’identità” per i Paesi Baschi.
Le due squadre della zona, Athletic Bilbao e Real Sociedad, sono da parecchio tempo attive da un punto di vista politico militante.
Difatti, spiega sempre Zarrabeitia, “durante la Guerra civile la storia dell’Athletic si legò indissolubilmente a quella della selezione basca in esilio, sorta per volontà del governo locale per giocare amichevoli internazionali e raccogliere fondi per la lotta politica. Sotto il regime la squadra, che militava con successo nella Liga, si pose come primo obiettivo quello di unire la atomizzata società basca. Sul territorio convivevano persone con idee e origini molto diverse, unificate dalla fede calcistica: il club diventò un referente fondamentale, in grado di definire l’essere basco”. La Sociedad, invece, acquistò questo suo carattere qualche decennio più tardi, verso la metà degli anni ’60 del XX secolo.
“Più volte i giocatori delle due squadre usarono la loro popolarità per veicolare messaggi extrasportivi” ricorda Zarrabeitia. “Il 26 di settembre del 1975, data dell’ultima fucilazione franchista, gli undici dell’Athletic scesero in campo con dei braccialetti neri a Granada in segno di lutto, fino al clamoroso episodio del dicembre ’76”.
Se questa, per alcuni, può non essere vista come una vera e propria rivoluzione……poco ci manca!.