Il 26 luglio scorso si è concretizzato uno dei affari più grossi della storia del calcio. Gonzalo Higuaín, trionfatore dell’ultima classifica marcatori della Serie A con 36 reti, è passato dal Napoli alla Juventus per la cifra record di 94 milioni di euro. Un’assurdità, per alcuni. Un grande affare, per altri. I tre mesi e rotti trascorsi sembrano aver dato ragione ai secondi. Alla Juventus, in primis: i bianconeri, alla ricerca di un giocatore capace di trasformare in realtà il sogno Champions League, hanno portato a casa una delle migliori prime punte del mondo, oscurando allo stesso tempo la cessione di Pogba al Manchester United. Un colpo utile sia dal punto di vista tecnico che mediatico, insomma. Ma non sono gli unici ad averci guadagnato. Si pensi al Napoli: i partenopei hanno ceduto l’attaccante ad un cifra probabilmente superiore al valore reale dell’argentino, spostando di poco il potenziale offensivo della rosa con l’acquisto del giovane Arkadiusz Milik, grande protagonista d’inizio stagione fermato poi da un grave infortunio. La fatalità, in questo caso, non può certo cambiare le valutazioni sulla bontà dell’operazione in uscita.
E poi c’è Aurelio De Laurentiis. Il suo è stato un capolavoro assoluto: cedere una punta di 29 anni a 94 milioni di euro, nascondendosi dietro la maschera della clausola rescissoria, è definibile un colpo di genio.
Ovviamente non si può dimenticare il protagonista stesso della vicenda, Gonzalo Higuaín: l’argentino ha voglia di vincere e ha trovato la squadra ideale per farlo. Se a questo si aggiungono 7,5 milioni annui di ottimi motivi, il suo stato d’animo è fin troppo comprensibile.
L’affare ha accontentato tutti, in teoria. La Juventus ha rimarcato lo strapotere all’interno dei confini nazionali con un attaccante capace di risolvere le partite più difficili, alimentando inoltre le legittime ambizioni europee. Il Napoli continua ad autofinanziarsi applicando una strategia sostenibile di sviluppo sul mercato (da Cavani a Higuaín, da Higuaín a Milik) senza variare di molto i risultati sportivi, condizionati in questo momento soprattutto dall’infortunio dell’erede del Pipita. Higuaín esulta, De Laurentiis sorride e Marotta gongola. Chi manca in questo quadro? Paulo Dybala.
La Joya è l’unico che non sorride. Il ventitreenne di Laguna Larga, star assoluta nella scorsa stagione, si è trasformato in un comprimario. La considerazione è supportata solo in parte dai numeri che ha offerto finora, in linea con il comprensibile avvio difficile della stagione d’esordio in bianconero (4 reti e 2 assist nell’annata in corso, medesimo rendimento nella scorsa fino al 3 novembre 2015), ma trova respiro in una semplicissima considerazione tattica: Mario Mandzukic, partner più frequente di Dybala fino all’arrivo di Higuaín, giocava per il compagno d’attacco. Lui, ora, deve giocare per il connazionale. Un’analisi superficiale del gioco del calcio porterebbe a pensare che una seconda punta giochi sempre in funzione della prima, ma la realtà è un’altra. Dybala, infatti, si è imposto in bianconero non solo grazie alle sue caratteristiche tecnico-tattiche e caratteriali, ma anche per merito del lavoro sporco del partner croato, una prima punta atipica abilissima nel portare via uno o più uomini e giocare spesso di sponda aprendo degli spazi interessanti per i compagni. La Juventus ha approfittato così degli inserimenti delle ali e dello stesso Dybala, risultando estremamente imprevedibile nella metà campo avversaria.
Higuaín è molto diverso da Mandzukic. Più attaccante d’area, maggiormente accentratore del gioco e più portato allo scarico sulle ali che sul compagno d’attacco. Il gioco di Dybala, collante perfetto tra mediana e trequarti, non è cambiato, ma sono diminuite drasticamente le chiavi possibili d’inserimento in zona gol. E lo stesso Higuaín, abituato a giocare come riferimento centrale a supporto di due attaccanti esterni, gioca complessivamente meno palloni rispetto ai tempi del Napoli di Sarri. I due, insomma, tendono ad essere in alternativa, più che complementari. E il potenziale di Dybala rischia di essere sprecato, un po’ come quello di Higuaín, anche se finora i numeri sono simili a quelli di un anno fa (8 reti e un assist nella stagione in corso, 10 reti e 2 assist al 3 novembre 2015 col Napoli). I numeri, però, dicono anche che Higuain non ha partecipato attivamente a nessuna delle azioni gol finalizzate finora da Dybala, e La Joja ha invece servito un solo assist al nuovo compagno. I due non si trovano affatto, al momento.
Tre mesi non sono sufficienti per dare dei giudizi finali sulla validità del tandem argentino, ma i dati messi in gioco finora ci pongono davanti a più di un interrogativo: se l’acquisto di Higuaín porterà al sacrificio delle potenzialità di Dybala, la Juventus potrà dire di aver fatto un grande affare? Puntare tutto sulle doti del Pipita ha reso i bianconeri più cinici sotto porta, però probabilmente anche più prevedibili. In campionato non si porrà il problema, ma in Champions League? E se la Juventus avesse scommesso su un altro nome? Un attaccante capace di essere altrettanto decisivo in zona gol e allo stesso tempo supportare meglio le doti di Dybala, per esempio. Una punta probabilmente meno costosa del Pipita e maggiormente funzionale allo scacchiere tattico messo in piedi prima con Tevez e poi con La Joja. Un investimento che avrebbe lasciato forse maggior libertà per acquistare anche uno o più centrocampisti capaci di sostituire degnamente Pogba, la cui cessione ha lasciato una voragine nella mediana. Solo il tempo offrirà le risposte a questi interrogativi e avrà modo di cancellare o alimentare ogni perplessità, ma una cosa è certa: il 3-5-2 non valorizza le enormi qualità di Higuaín quanto il 4-3-3, e uno schieramento con tre punte penalizzerebbe ulteriormente Dybala, una seconda punta con tendenze da prima che soffrirebbe non poco se venisse relegato sulla fascia.
L’unica soluzione, al momento, è questa: le doti realizzative di Dybala verranno sacrificate in nome di una maggior propensione all’ultimo passaggio. Delle 23 reti messe a segno nella stagione 2015/2016 non resterà che un pallido ricordo, probabilmente. Ne varrà la pena? Higuaín, come Dybala, non può vincere una Champions League da solo, e i numeri offerti dalla coppia d’attacco saranno più importanti di quelli messi a referto dal singolo. Il 26 luglio scorso si è concretizzato uno dei affari più grossi della storia del calcio, ma non sempre lo sport è una questione di economia. 94 milioni di euro sono sicuramente tanti, forse troppi. Quelle che sembravano delle certezze ferree potrebbero trasformarsi a fine stagione in dubbi amletici. Parola al campo, l’unica che conta.