Gran Premio di Malesia: tra pioggia e umidità, vince chi resiste e non sbaglia

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Rosberg o Hamilton, Hamilton o Rosberg, uffa che noia. Calma. La F1, di scena in Malesia, potrebbe regalare qualche sorpresa: da queste parti la probabilità di pioggia è sempre alta. Il bagnato e in ogni caso questo è un circuito interpretabile in più filosofie. Quanto bastano per rimescolare le carte.

Sepang ha curvoni lunghi e rapidi, saliscendi,  cambi di pendenza, carreggiata estremamente ampia, lunghi rettilinei paralleli. L’aerodinamica (quindi bene per la Red Bull) la fa da padrone: Kuala Lampur pretende una monoposto ben equilibrata e il “passo”. Maratona, più che gara. Vettel in questo senso, potrebbe dire la sua.

L’asfalto, particolarmente abrasivo (nonostante il rifacimento di cordoli e dei canali di drenaggio) è un fattore discriminante. Il classico “circuito chewingum”: mastica le gomme e le deteriora in pochi giri. Occhio dunque alle scelte: la Pirelli ha portato hard, medium e soft. Queste ultime garantiscono ottima aderenza, ma divengono estremamente “scivolose” complice anche la percentuale di umidità che sfiora l’80%. La strategia? Due soste se si parte con le medie e si chiude con le dure, tre se si scelgono medie e morbide.

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In questa “sauna”, fondamentali resistenza fisica e concentrazione: Sepang non perdona. Se sbagli, rallenti e sei superato. La traiettoria più corretta è  sempre in funzione della curva successiva, per sfruttare trazione e accelerazione. La chiave di volta del GP sarà la curva 1, la più selettiva in assoluto: si parte da fermi, accelerazione importante e ricerca del giusto punto di frenata. Chi sbaglia, si ritrova lontano dal punto di corda e impossibilitato a impostare la traiettoria per la contro-curva successiva, a sinistra e in leggera discesa. Le curve 5,6,12, da affrontare a oltre 200 chilometri orari hanno un nemico comune: il sottosterzo. Quindi ala anteriore mediamente carica, alettone posteriore ad elevato livello di deportanza, altezza della monoposto dal suolo meno elevata. Occhio alle curve 13 e alla 14, da grande sensibilità di guida: si frena e sterza contemporaneamente. Il rischio di un lungo e di “spiattellare” la gomma è dietro l’angolo, in tutti i sensi, visto che la 14 è veloce e poi si stringe a gomito.

Sforzo importantissimo anche per i motori: l’acceleratore è aperto al massimo per il 60% del circuito: una percentuale inferiore solo a Monza. L’altra velocità e i repentini cambi di direzione mettono sotto pressione anche le power unit costrette a convivere con l’umidità del clima che impone di lavorare a giri più alti rispetto ad altri circuiti per garantire potenza: non sono eslcuse sorprese. Prepariamoci per uno dei GP più interessanti della stagione.

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