Il Gran Premio di Cina celebra il ritorno al “vecchio” format per le qualifiche. Decisione scaturita dopo il caos generato dalla FIA e firmato Bernie Ecclestone. Immaginatevi un pilota di Formula 1 che inverte a U in un rettilineo. É abbastanza per un ritiro di licenza? Sicuramente si. Le stesse azioni, compiute dal padrone del Circus, sono insufficienti per smuovergli almeno una critica.
Breve cronistoria: la FIA prende un colpo di sole invernale, ma lo rivende per colpo di genio. Partorisce un nuovo sistema per le qualifiche. Tre tornate di 16, 15 e 14 minuti. Nella Q1 dopo 7′, i piloti più lenti sono eliminati ogni 90”. Nella Q2 stesso sistema, ma i minuti scendono a sei. Nella Q3 la tagliola dei 90” scatta dopo solo 5′. Il sistema esordisce in in Australia. Risultato: tanta confusione e zero emozioni. Le scuderie più lente, non scendono in pista. Chi vuole risparmiare le gomme, entra, piazza il tempo, si prende la posizione e poi resta ai box. Ai big basta un giro secco.
Primi mugugni. Il circus si sposta in Bahrein, ma la musica non cambia. La commissione si consulta e lascia invariato il format. Ecclestone innesta la retromarcia: “Per ora non si cambia. Decideremo presto, però, quale sarà la cosa giusta da fare. Quanto accaduto è colpa dei team rei di non aver capito quello che stavano facendo e questo non ha aiutato affatto”….
Il “presto” di traduce in due settimane. Trenta giorni, due GP e una lettera congiunta dei piloti, sono sufficienti per tornare al passato. Q1, Q2 e Q3, come nel 2015. Attenzione però, perchè Ecclestone è un vulcano di idee. Ha già in mente una “nuova proposta per rendere la F1 più emozionante e agguerrita”. Una gara di sabato, che determini la griglia di partenza della domenica. “Ovviamente per il prossimo anno. Per il 2016 abbiamo già fatto troppi danni.” Appunto. Una domanda, Bernie Ecclestone. Fra le tante idee che ha, non è minimamente sfiorato da quella più logica?