L’apertura della Conferenza dei Servizi, che dovrà stabilire se e quando anche la Roma potrà finalmente avere un suo stadio di proprietà riaccende i riflettori sul tema. Che in Italia, come da nessuna altra parte, rischia di essere uno di quegli argomenti che come direbbe la canzone dei Modà, per parlarne, non ce n’è mai abbastanza. Visto che al momento, le società di calcio italiane che militano nella massima serie e che giocano in uno stadio di proprietà sono soltanto 3: la Juventus, l’Udinese e il Sassuolo. La Roma, sempre che alla fine le resistenze della giunta Raggi riusciranno ad essere superate, potrebbe essere la quarta.
Quattro squadre in un intero Paese. Una miseria, pensando ad esempio che nella sola città di Londra, gli impianti esistenti che sono di proprietà di società di calcio sono 16. E provando a fare un paragone, più in generale con la Premier League, i numeri rivelano che semplicemente, non può esserci partita. Dato che nella massima serie inglese, come emerso anche da un recente studio della KPMG, ci sono 16 impianti che appartengono ai club contro i 3 della nostra serie A. E il confronto è impietoso anche, se ad essere presa in considerazione è la Bundesliga. Dove gli stadi di proprietà dei club tedeschi sono 10 su un totale di 18 impianti. Andrebbe un po’ meglio ma comunque male contro la Spagna, dove le squadre che giocano in un stadi propri sono “soltanto” 7. Dulcis in fundo, peggio dell’Italia c’è solo la Francia dove al momento solo uno stadio, non è di proprietà pubblica.
Ma la proprietà è solo uno dei problemi degli stadi italiani. Che in Europa, è bene ricordarlo sempre, vantano il non invidiabile primato di essere anche gli stadi più vecchi. Con un’età media di 70 anni (troppi anche per la legge Fornero), e un solo impianto, lo Juventus Stadium, costruito dopo l’anno 2000. Mentre tutti gli altri, fatta eccezione per Udinese e Sassuolo, ristrutturati o prima o subito dopo i mondiali del 90. Vecchiaia significa anche e soprattutto obsolescenza. Cioè strutture non all’avanguardia, inadeguate o in molti casi addirittura fatiscenti. Anche per questo ma non solo, gli stadi italiani al momento sono anche gli stadi più vuoti. Con un indice di riempimento (in inglese load factor) del 51%, la percentuale più bassa in Europa e una presenza media per partita di 22 mila spettatori. Quasi la metà della media tedesca (43 mila) e comunque meno di Inghilterra (36 mila) e Spagna (26mila). Non può essere solo un caso allora, che proprio in Italia l’indice di riempimento più elevato, il 96%, appartenga alla Juventus che ha uno stadio tutto suo. Oltre il doppio del load factor della Roma ferma al 41% con presenze media nella stagione in corso di 29 mila spettatori a partita. Pochissimi, considerando che l’impianto dove gioca la Roma, lo stadio Olimpico, di spettatori, può contenerne fino a 82mila. Un problema che la società di Pallotta, potrebbe risolvere molto presto. Virginia Raggi (e Movimento 5 Stelle) permettendo.
Mi stupisco che un giornale come Il Fatto Quotidiano e il giornalisa Simone Nastasi non sappiano che la società AS Roma non sarà proprietaria dell’eventuale stadio, il generoso presidente Pallotta sarà il proprietario della struttura che affitterà alla As Roma, dunque per ora a se stesso e poi a tutti i futuri presidenti.
Volete vedere che Pallotta tornerà negli USA una volta che gli avranno fatto costruire lo stadio (e anche se non glielo faranno costruire)?
Perchè continuiamo a far finta di non sapere che il calcio italiano è in crisi perchè non è più credibile da almeno venti anni, soggetto alle scommesse mafiose, compravendita di partite da parte del mondo del calcio, in difficoltà tecnica perchè pieno di giocatori stranieri senza qualità e con i giovani abbandonati al loro destino?
Perchè la soluzione deve essere per forza una colata di cemento (stadio, centri commerciali, alberghi e possibilmente residenze di lusso) quando le nostre città non ne sentono affatto il bisogno?
Considero Berdini, un ottimo Assessore. Il problema è che nessuno spiega, perché lui ed il M5S manifestino una resistenza alla costruzione dello Stadio per la AS Roma.
Sarebbe utile conoscerne i motivi.
E’ semplice, perché lo stadio mi sembra sia il 10% delle cubature totali. Tralasciando il fatto che non sarà di proprietà della As Roma, bensì Pallotta glielolo darà in affitto.
Lo sport e la Roma con il progetto di Stadio a Tor di Valle non c’entrano proprio nulla. Quell’operazione va chiamata per nome: speculazione. Non tutti sanno che lo stadio a TDV è il cavallo di Troia per far arrivare 1 milione di metri cubi di cemento, 3 grattacieli di 220 metri, centri commerciali e via dicendo. Chi abita nella zona sa benissimo che quel terreno è a rischio e quando piove molto l’acqua compare nei locali ascensore dei condomini di Decima. Cosa succederebbe con un tappo di cemento delle dimensioni previste? E che dire del traffico sull’ostiense già al collasso? Sono previsti altri 13.000 lavoratori da deportare nei nuovi grattacieli, che ogni giorno affollerebbero la disastrata Roma Lido o la stessa Ostiense. La parola magica è business, non sport! E’ ora di aprire gli occhi!
Per Massimo: la proprietà in se’ non rappresenta alcun indice di remunerazione e la Roma, beneficiera’ dei ricavi previsti dal complesso (stadio e strutture commerciali) mantenendo la titolarità su quelli derivanti dal suo botteghino. Per Marco: Berdini e’ un urbanista di vecchio stampo non scevro da condizionamenti di natura ideologica. Lui non ha detto di opporsi allo stadio ma alla costruzione del complesso facente parte del cd Business Park (cioè le torri di Libeskind) . Spero di essere stato esauriente, vi ringrazio per i vostri commenti
Sempre a magnificare la Juventus per lo stadio di proprietà… Ricordiamo che il comune di Torino gli ha praticamente regalato un terreno sconfinato sul quale gli hanno fatto anche costruire un centro commerciale, e sul quale la Juventus ha lucrato.
La Dacia Arena dell’Udinese in realtà è lo stadio più all’avanguardia d’Italia e può considerarsi l’unico e vero modello, perchè è riuscita in due anni a realizzare una struttura confortevole demolendo e ricostruendo senza il bisogno di andare altrove.