Quella che sta per essere raccontata è una storia di sport né di primo livello né dal fascino internazionale, bensì un racconto che racchiude dentro sé l’essenza dello sport stesso e l’amore che spinge chiunque oltre l’ostacolo. È la storia di un portiere che a 47 anni calca ancora i campi delle categorie dilettantistiche liguri, a ben 36 anni di distanza dal suo primo allenamento. È la storia di Franco Alinovi.
Nato a Genova nel 1968, Franco muove i suoi primi passi su un campo di calcio quando frequentava la quinta elementare. «È passato molto tempo dall’inizio della mia carriera», ricorda, «anche se definirla così mi sembra eccessivo non avendo mai calcato campi professionistici». Una passione, quella per il ruolo, che era già evidente fin da bambino. «Credo che il “gene” del portiere fosse già dentro di me probabilmente da quando sono nato», confessa Franco. «I primi ricordi li ho già all’asilo sul terrazzo, poi nel corridoio di casa con mio cugino coetaneo che tirava e io paravo». Ricorda ancora oggi il giorno del suo primo allenamento, avvenuto quando frequentava ancora la quinta elementare. «Per la prima volta avevo avuto il “via libera” da parte dei genitori che fino ad allora avevano preferito che io provassi a dedicarmi ad altri sport», rivela Franco ricordando anche il terreno di gioco della sua prima squadra, il Little Club Genoa: «Un campo con ancora i pali quadrati in legno e la tipica ghiaia che segnerà le mie ginocchia ed i miei gomiti fino all’avvento del sintetico»
Una carriera passata tra la Seconda Categoria e la Promozione, interamente in Liguria. Delle sei occasioni in cui è riuscito ad assaporare il campionato di Promozione, l’esperienza che ricorda con più piacere è quella con il Bogliasco. «Conquistammo la promozione sul campo grazie a mister Tanghetti e ad una squadra incredibile», ricorda Franco con piacere, «mantenendola nei due anni successivi e arrivando perfino sesti alla prima apparizione». Durante il secondo dei due anni, Franco lavorava ad Ivrea e così ebbe la possibilità di allenarsi con la squadra locale, allenata allora da Giuseppe Brucato e tra le fila della quale giocava Massimo Storgato, rispettivamente futuro allenatore del Mantova in Serie B ed ex difensore di Juventus ed Udinese. «Massimo durante una partitella mi fece i complimenti per un’uscita e io ne fui particolarmente fiero». Ma ricorda con piacere anche un’altra promozione, anche se meno prestigiosa dal punto di vista sportivo. Quella in prima categoria con la Sant’Olcese, «perché conquistata a quarant’anni compiuti». E la parata che ricorda con più piacere? «Forse il rigore parato nel derby tra Altarese e Carcarese», quando Franco militava tra le fila degli ospiti in Prima Categoria, «a tre minuti dalla fine, con la nostra vittoria finale e ben 3.000 persone sugli spalti».
Lo sport, tuttavia, non è mai stato un lavoro. «Il calcio è stata ed è sempre parte integrante della mia vita», precisa, «ma sempre a livello di hobby». Nel mezzo, infatti, ci sono stati un Diploma come perito elettrotecnico ed una Laurea in Ingegneria Elettrica a pieni voti. Dimostrazione, secondo Franco, di come «studiare e mantenere un hobby con passione sia certamente possibile». Tuttavia, il suo obiettivo sarebbe quello di proseguire nel ruolo di preparatore dei portieri una volta appese le scarpette al chiodo. Un ruolo che ha già ricoperto in alcuni settori giovanili, come quello del Savona, e nella prima squadra della Voltrese. Su cosa si dovrebbe lavorare meglio da questo punto di vista? «Qui tocchi un tasto a me molto caro», esordisce il portiere, «troppe volte ho visto improvvisare tale ruolo da personaggi ai quali per quattro soldi venivano affidati portieri, anche giovani e quindi ancora da formare». «Io a quel gioco non mi sono prestato perché ritengo di avere una preparazione ed una passione che non possono essere sminuite in quel modo». E non si parla di stipendi, ma di un «riconoscimento del tempo che si impiega per documentarsi, andare ad assistere ad allenamenti di professionisti e preparare gli allenamenti della settimana».
Quali sono stati i suoi idoli sportivi? «In sequenza rigorosamente anagrafica Dino Zoff, Silvano Martina, Gianluigi Buffon e Mattia Perin», ma afferma anche che il suo idolo attuale sia Gianluca Spinelli, ovvero l’attuale preparatore dei portieri del Genoa e della Nazionale, «che ho avuto modo di conoscere e seguire negli allenamenti». Ma anche idolo non strettamente calcistici, come Pirmin Zurbriggen, «sciatore che ha avuto la capacità di presentarsi al cancelletto di partenza di una delle discese libere più impegnative a venti giorni da un’operazione al menisco». E la squadra del cuore? «Sono viscerale nel mio amore verso il Genoa». Per descriverne meglio l’intensità, rivela un aneddoto: «Mi sono sposato il 12 giugno del 2005, ovvero il giorno dopo la partita con il Venezia», che sancì la promozione in Serie A con conseguente doppia retrocessione per illeciti sportivi. «Secondo te dove ho passato l’ultima serata da single?», conclude simpaticamente. Ricorda anche quando, tra le fila del Sori nel campionato Giovanissimi, incontrò i Rossoblù per ben due volte. «In quella squadra giocava Roberto Murgita», rivela Franco, «alla fine della partita è venuto negli spogliatoi a farmi i complimenti e da quel giorno siamo diventati amici». In seguito fu anche chiamato ad allenarsi per dieci giorni con la squadra più antica d’Italia: «Dieci giorni di allenamento assaporando il calcio che conta, ma il sogno è poi svanito».
Dino Zoff che vince il Mondiale nel 1982 a 40 anni, Buffon che a 38 anni conquista il record di imbattibilità in Serie A ed Edwin Van Der Sar che a 45 anni ritorna tra i pali di una squadra dilettantistica in cui era cresciuto, il Noordwijk. «In effetti i giocatori di movimento hanno esigenze fisiche aerobiche differenti», afferma Franco circa il ruolo che ha sempre ricoperto, «ma io credo che ci arriva a questo tipo di longevità lo fa perché si allena molto duramente, mantiene uno stile di vita sano e ha una “testa” e una determinazione che forse solo chi si mette a difendere una porta può avere».
«È divertente lo stupore degli avversari e dei tifosi quando all’uscita dal campo mi chiedono conferma dell’anno di nascita che leggono sulla distinta», con commenti ironici del tipo «alla tua età non riuscirò nemmeno a scendere le scale». «Se a 47 anni continuo ad allenarmi», afferma Franco, «è soprattutto grazie ad una struttura fisica che mi ha permesso di subire un numero limitato di infortuni», nonché «grazie ad una mentalità da professionista anche nel mondo dilettantistico». Conclude affermando che «questo approccio allo sport, che poi può essere esteso alla vita quotidiana, è quello che cerco di trasmettere ai colleghi più giovani che si allenano con me ed a quelli che ho allenato in passato e spero ricomincerò ad allenare». Questa stagione è da poco terminata con la salvezza con la maglia della Burlando. Sono così un miraggio i cinquanta?