“Liberté pour les ultras” canta il Parco dei Principi interrompendo il discorso di Nasser Al-Khelaifi, presidente del PSG, durante la festa per la conquista della quarta Ligue1 consecutiva.
Nulla di strano per uno stadio, non fosse che in quello stadio di ultras non ce ne sono e chi canta è gente comune.
Il Paris-Saint-Germain vince, come mai aveva fatto nella sua lunga storia, ma il suo stadio è lontano anni luce dal catino bollente che fu, negli anni delle delusioni.
La battaglia, che si trascina ormai da anni, fra il PSG ed i suoi ultras è più calda che mai ed è tornata alla ribalta dopo la nascita del Collectif Ultras Paris e la clamorosa protesta inscenata dagli ultras sotto l’Hotel du Louvre, accanto all’Ambasciata del Qatar, con l’esposizione di striscioni contro la proprietà qatariota e soprattutto contro il responsabile della sicurezza della società parigina, Jean-Philippe d’Hallivillée.
Il Collectif, nato da pochi mesi, è l’espressione di differenti gruppi di quello che fu il Virage Auteuil e prosegue le battaglie di vari progetti susseguitisi negli anni, come LPA (Liberté pour les abbonés) e LCC (Le combat continue), tutti con l’unico obiettivo di riportare la componente ultras all’interno del Parco dei Principi.
“Qui ci sono soltanto persone che vogliono combattere per riappropriarsi delle proprie tribune. Siamo e restiamo tifosi del PSG e non lasceremo mai i nostri colori. Abbiamo però deciso di unire le forze perché abbiamo un progetto da presentare alla società anche se per ora le porte rimangono chiuse” sono le parole del portavoce del Collectif.
I problemi fra PSG e gruppi ultras risalgono ormai ai primi anni 2000 quando la rapida ascesa dei gruppi del Virage Auteuil (Supras, Lutece Falco e Tigris Mystic su tutti) portarono alla nascita di un forte contrasto ideologico fra le nuove realtà, multiculturali e di sinistra, e la storica Kop de Boulogne, nazionalista e di destra.
Negli anni a seguire, sia in casa che in trasferta, sono stati continui gli episodi di violenza fra le due componenti ultras parigine che giunsero al culmine il 28 Febbraio 2010.
Yann, 38 anni, membro dei Casuals Firm Paris, vicini alla Kop de Boulogne, viene ucciso nei violenti scontri fuori dal Parco dei Principi prima di PSG-OM.
È la goccia che fa traboccare il vaso.
L’allora presidente Robin Leproux, con l’appoggio della DNLH (Division National de Lutte contre le Hooliganisme), vara il piano Leproux che vieta l’acquisto di abbonamenti ai membri dei gruppi ultras e stila una black list, tutt’oggi valida, per la vendita dei biglietti al Parco dei Principi.
La società parigina da allora non ha mai ceduto alle richieste dei vari gruppi nonostante sia stata più volte richiamata all’ordine dal CNIL (Commission Nationale de l’Informatique e des Libertés) e addirittura condannata da un tribunale francese per l’applicazione di un divieto ingiustificato.
Il Collectif conta già, a pochi mesi dalla nascita, più di mille membri. Numeri che obbligano la proprietà del Club a confrontarsi con questa realtà.
“Siamo aperti a tutti. Vogliamo solo tornare a creare un bell’ambiente al Parco dei Principi. Rifiutiamo la violenza e tutte le forme di discriminazione. Siamo apolitici” sono i punti cardine del manifesto fondativo del gruppo.
“Tutti possono commettere errori e ci sono cose che non sono andate come dovevano in passato. C’è stata però una presa di responsabilità. Siamo cresciuti”.
Al momento dal PSG non sono arrivati segnali di apertura. Gli obiettivi societari sembrano dirigersi in una direzione diversa.
La battaglia per il ritorno del tifo al Parco dei Principi è ancora lunga.