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Fosse Ardeatine: Anticoli e Gelsomini, storie di sportivi uccisi dai nazisti
Il 24 marzo 1944 si consumò uno degli eventi più tragici del periodo dell’occupazione nazista di Roma: l’Eccidio delle Fosse Ardeatine. Oggi, 24 marzo 2023, cade il 79esimo anniversario di questa vicenda.
Ben 335 prigionieri, scelti per lo più a caso, vennero trucidati all’interno delle antiche cave di pozzolana situate nei pressi della via Ardeatina. I nazisti decisero di effettuare tale rappresaglia in risposta all’attentato di via Rasella, avvenuto il 23 marzo 1944, in cui persero la vita 32 militari tedeschi dell’11esima Compagnia del III Battaglione del Polizeiregiment Bozen.
Nella lista dei 335 martiri vi erano civili e militari italiani, prigionieri politici, detenuti comuni e, manco a dirlo, ben 57 appartenenti alla religione ebraica.
Coloro che trovarono la morte facevano i lavori più disparati. Tra questi, purtroppo, non mancarono alcuni esponenti del mondo sportivo di allora.
Noi di Io Gioco Pulito vogliamo raccontarvi due storie in particolare: quella del pugile ebreo Lazzaro Anticoli e quella del velocista e rugbista Manlio Gelsomini. Entrambi, per motivi differenti, hanno una vissuto una vita speciale.
Lazzaro Anticoli
Lazzaro Anticoli, nato nel ghetto romano il 7 aprile 1917, era conosciuto con il soprannome di “Bucefalo” che derivava dal mitico cavallo di Alessandro Magno. Si mise in luce, ed acquistò una certa fama, soprattutto nel rione romano di Trastevere.
La sua vicinanza al ring avvenne per due motivi principali: sia per passione ma anche perchè era un modo per difendersi dagli attacchi, che col tempo si fecero sempre più quotidiani, che le squadracce fasciste effettuavano contro gli appartenenti alla religione ebraica.
Nel corso degli anni, il ring divenne un vero e proprio luogo di lavoro per Anticoli che acquistò sempre più notorietà e, nel 1937, rischiò addirittura di sfidare il pugile italiano più famoso di allora: Primo Carnera. La fama dello stesso Carnera crebbe sempre di più che il Partito Nazionale Fascista lo fece diventare un vero e proprio modello propagandistico da seguire.
Il 1938 è un anno molto importante per Bucefalo. Proprio allora vennero infatti promulgate nel Belpaese le leggi razziali che privavano tutti gli ebrei italiani dei loro diritti più fondamentali. Anticoli, a seguito di questa decisione, non potè più portare avanti la sua carriera sportiva e si dovette reinventare, dal punto di vista lavorativo, per dar da mangiare alle sue due figlie e a sua moglie: per la precisione diventò un commerciante.
Venne arrestato la mattina del 23 marzo 1944 a seguito di una soffiata di Celeste di Porto: una collaborazionista dei nazi-fascista di origine ebrea, conosciuta come “La Pantera Nera”.
La versione ufficiale dice che la di Porto fece arrestare il pugile per salvare la vita di suo fratello, Angelo, che era finito nella lista dei 335 martiri da inviare alle Fosse. Secondo molti, però, la soffiata ci fu perchè la stessa di Porto era follemente innamorata di Anticoli il quale non ricambiava tale sentimento.
A conferma di questa seconda supposizione lo stesso Bucefalo, nelle ore che precedettero la sua fucilazione, lasciò sulle pareti della sua cella, la numero 306 del carcere di Regine Coeli, il seguente messaggio: “Sono Anticoli Lazzaro, detto Bucefalo, pugilatore. Si non arivedo la famija mia e’ colpa de quella venduta de Celeste Di Porto. Rivendicatemi ”.
Manlio Gelsomini
Manlio Gelsomini, invece, nacque a Roma il 9 novembre 1907. Egli, dopo aver aderito al PNF, entrò nella Resistenza a seguito dell’armistizio dell’8 settembre 1943.
All’inizio della sua carriera sportiva fu velocista della polisportiva della AS Roma. Con quella maglia stabilì due record regionali: quello nei 100, corsi in 11 secondi, stabilito il 1 aprile 1929 sulla pista dello stadio della Fanesina della Città Eterna e quello sui 200 m, corsi in 22” e 4, stabilito allo stadio Littorio di Napoli nel 1930. Entrambi questi record resistettero fino al 1937.
Dopo la sua carriera da velocista decise di tentare la fortuna nel mondo della palla ovale: nome italianizzato con cui, durante il ventennio fascista, veniva chiamato il gioco del rugby. In questo ambito, per ironia della sorte, indossò la maglia dell’altra squadra della Capitale, la SS Lazio, e ricoprì il ruolo di ala.
Dopo la chiusura della sua breve carriera rugbistica fu il turno del mondo della medicina. Il 15 luglio 1932, infatti, Manlio Gelsomini si laureò in medicina e, poco dopo, prese la specializzazione in pediatria. Tutti questi cambiamenti possono essere riassunti in una frase storica dello stesso Gelsomini che affermò: “Non sono nato per una vita facile, io…”.
La carriera medica lo portò a lavorare, nel quartiere romano di San Lorenzo, assieme ad un giovane medico ebreo: Giorgio Piperno. Proprio con l’inizio di questa suo rapporto lavorativo, iniziarono a sorgere i suoi primi dubbi a riguardo dello stesso PNF.
La svolta politica vi fu, come detto sopra, l’8 settembre 1943. Nei giorni che seguono, infatti, Manlio Gelsomini entrò a far parte del Fronte militare clandestino della Resistenza romana e venne mandato, sotto il falso nome di Ruggiero Fiamma, nella zona dei monti viterbesi.
L’arresto del pediatra avvenne pochi mesi dopo, il 12 dicembre 1943, nella zona di Roma nord tra piazza del Popolo e piazzale Flaminio. A contribuire alla sua cattura fu un certo Alberto Pistolini: una spia dei nazi-fascisti che tutti conoscevano con il nome di Mario.
Manlio Gelsomini fu condotto nella cella numero 5 del carcere di via Tasso. Da qui uscì, dopo mesi di torture quotidiane, il 24 marzo 1944 per essere condotto alle Fosse Ardeatine dove terminò, con un colpo alla testa, la sua breve esistenza a soli 36 anni di età.