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Formula Uno: sarà un 2018 nel segno del Gattopardo

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Tutto cambia perché nulla cambi. O quasi. La Formula-1 guarda al 2018 nel segno del gattopardo. Almeno per ciò che concerne il mercato dei piloti. Ben otto scuderie su dieci hanno confermato le formazioni con le quali hanno salutato il 2017, eguagliando il record del 2009. Una regolarità figlia di varie ragioni, nelle quali il fattore economico ha il suo peso. Talvolta, fondamentale.

All’indomani del suo quarto titolo iridato, Lewis Hamilton ha iniziato le trattative per il suo rinnovo con la Mercedes fino al 2020. Si parla di cifre stellari, ma ancora niente di ufficiale. Si può però ipotizzare che, se così dovesse essere, l’inglese chiuda la sua carriera proprio assieme a quelle Frecce d’Argento con le quali si è consacrato come uno dei piloti più titolati della storia della F1. Fra tre stagioni, avrà trentacinque anni e non ci sarebbe da meravigliarsi se avrà aggiunto un’altra corona in bacheca perché il team di Brackley, secondo quanto filtra da ambienti ben informati, dovrebbe essere il migliore ancora per molto tempo. Dunque, sia per lui che per Wolff e soci, che senso avrebbe cambiare?

La notizia, semmai, è stata la conferma di Valtteri Bottas. Il finnico sarà però sotto i riflettori nella prossima annata, perché dovrà dimostrare che il redditizio 2017 non è stato episodico e, soprattutto, perché, oltre al suo, fra dodici mesi termineranno anche i contratti di Max Verstappen e Daniel Ricciardo, intanto confermati dalla Red Bull. Osservato speciale, ovviamente, l’olandese, classe 1997, da quasi tutti ritenuto “il Predestinato” e che potrebbe venir precettato da Stoccarda, che comunque monitora Ocon (confermato in Force India assieme a Perez), per aprire un nuovo ciclo di trionfi. Il talento non si discute, anche se in diciotto mesi “con le ali” non è mai partito in pole-position, a differenza del compagno di squadra che, inoltre, l’ha sempre preceduto in classifica. A parte non pensare minimamente a recitare il ruolo dello scudiero, l’australiano dal sorriso che farebbe felice l’ufficio marketing di ogni produttore di dentifricio, e che nel 2014 al debutto in Red Bull mise in riga un certo Vettel, brama il titolo e potrebbe diventare la “primula rossa” della prossima estate qualora la prossima creatura di Newey non dovesse soddisfarlo. Il suo contratto è in scadenza. Potrebbe balzarci sopra la Ferrari che, prolungato l’accordo con Vettel fino al 2020, ha rinnovato per una stagione anche quello con Raikkonen. Che però, fra un anno, dovrebbe smettere, trasformando quel sedile nel vello d’oro.



E non è escluso che Maranello non lo offra a uno dei due volti nuovi del mondiale, il ventenne Charles Leclerc. Monegasco, fresco campione di F2, dal 2016 nella Ferrari Driver Academy (FDA), dal prossimo 25 marzo avrà fra le mani uno dei due volanti della Sauber – l’altro rimane a Ericsson, i cui sponsor a quanto pare son stati più convincenti dei 5 punti di Wehrlein, gli unici conquistati dagli elvetici durante il campionato – motorizzata Cavallino Rampante e griffata Alfa Romeo. Farà esperienza, in attesa di un avvenire da più parti pronosticato come “radioso”, e dividerà la curiosità col futuro pilota della Williams. Che, secondo le ultime indiscrezioni, dovrebbe essere il russo Sirothkin, garante anche di molti rubli, piuttosto che il polacco Kubica, sostenuto da una straordinaria forza di volontà. Insieme al confermato Stroll, un altro con tanti “dindini” nel salvadanaio di famiglia che fino al 2015 era in FDA e che è rimasto in contatto con Luca Baldisseri (ex ingegnere di pista di Michael Schumacher ed ex responsabile delle operazioni in pista), formerebbe il tandem più giovane del campionato (41 anni).

Più complicato che a vestire il “Rosso” sia Sainz jr., appena finito in Renault dove Hulkenberg è blindato fino al 2019, uno della Haas (fiducia al duo Magnussen-Grosjean) o della Toro Rosso (Gasly- Hartley, il domani sarà per voi?), o il belga Vandoorne, gioiellino della McLaren. Dove Fernando Alonso ha rinnovato a dopo il 2018. Probabilmente, fino al ritiro. Anche se proprio la conclusione del suo rapporto con la Ferrari nel 2014, due anni d’anticipo sulla fine prevista, ci ricorda che qualche volta anche i contratti fanno la fine di Bendicò. Cioè vengono presi e gettati dalla finestra.

Classe 1982, una laurea in "Giornalismo" all'università "La Sapienza" di Roma e un libro-inchiesta, "Atto di Dolore", sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, scritto grazie a più di una copertura, fra le quali quella di appassionato di sport: prima arbitro di calcio a undici, poi allenatore di calcio a cinque e podista amatoriale, infine giornalista. Identità che, insieme a quella di "curioso" di storie italiane avvolte dal mistero, quando è davanti allo specchio lo portano a chiedere al suo interlocutore: ma tu, chi sei?

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