Per favore Davide, spiegalo tu
Per favore Davide, spiegalo tu. Fallo capire che non è la morte a fare tutto questo. La morte è un funzionario freddo senza passioni, un burocrate disamorato e deluso. Lei sa solo stilare certificati di decesso con termini pomposi di luminari, si circonda di programmazione anche quando sembra che tutto accada all’improvviso.
Quel 4 marzo di cinque anni fa, non è stata la morte a farlo. Non è lei ad avere inciso il tuo nome in mille e passa maglie. E di certo non ha fatto diventare i tuoi compagni dei poeti che in chiesa leggevano il tuo ricordo con la voce rotta dal pianto. Non è stata lei a dare la notizia che non c’eri più alle persone che ti amano, facendole prima sedere su una sedia perché non stessero male. E quei volti pietrificati? Lei non c’era. Quelle erano le espressioni di chi nemmeno ci credeva che eri andato via senza avvertire.
Non è lei a far portare una maglia con il tuo nome in giro per le scuole, a raccontare ai ragazzi chi eri e come era bello il calcio visto con i tuoi occhi. O a tatuarsi il tuo nome o appendere in casa una tua fotografia perché ormai sei uno di famiglia.
Il tuo nome insegnato ai più piccoli, anche a quelli che non amano il calcio, il tuo non voler mai apparire; discreto, essenziale. Il ritrovarti di Francesca, la tua compagna, in ogni alba, in un’aurora boreale, il suo porgerti a Vittoria, vostra figlia. No, tutto questo, a distanza di cinque anni non lo fa la morte. Queste cose non è proprio capace di crearle. Le manca la fantasia, nella sua applicazione del protocollo e il rispetto della sua agenda. Tutto questo lo fa un’altra parola, spesso usata di contrabbando, che abbiamo vergogna a dire, perché pronunciarla indebolisce, fa apparire vulnerabili.
Lui, lui mette a posto le cose, lui passa dove i ricordi vanno rievocati con le foto, con le scatole piene di progetti fatti in due da aprire da soli. Lui mette una mano sulla spalla e dice “dai coraggio, proviamo a ricominciare”.
Spiegalo tu Davide, che il tuo ricordo non è un ricordo e basta. Spiegalo anche a me, a noi che come te abbiamo il battito lento. La morte è banale nel suo proporsi, pure quando crede di essere mirabolante. Tutto quello che c’è, quella maglia col tuo nome che abbiamo in tanti, il rispetto con cui ti ricordiamo senza voler invadere, quello è amore. E lui le porte non le chiude mai. Nemmeno al ricordo.