“Scegliete la vita, scegliete un lavoro, scegliete una carriera…scegliete la famiglia”, scegliete la pace, trovate un nome fondate una squadra: il tre è il numero perfetto. Iniziamo questo articolo volutamente con una citazione del film Trainspotting, capaci di tracciare a grandi linee la storia della Colombia quasi soltanto attraverso una serie cinematografica prodotta e firmata da Netflix. Divertente pensare che una frase del genere possa essere saltata in mente a qualcuno il 23 Giugno, nel giorno in cui è stata sancita la pace fra il governo e le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane), nel non lontano 2016. Si chiamerà La Paz FC, lo stesso nome di una squadra boliviana fondata negli anni ’90, il tentativo di unire nello sport giovanissimi, ex combattenti “desmovilizados”, vittime del conflitto, leggende del calcio locale (tra cui una vecchia conoscenza italiana come Faustino Asprilla) e persino una selezione femminile.
A pochi giorni dalla notizia, riportata in Italia da La Repubblica, di “un business da otto milioni di euro” generato proprio dagli investimenti delle FARC in una nota catena di supermercati colombiana, abbiamo cercato maggiori informazioni relative a questa iniziativa ancora nella penombra. Difficile addentrarsi nella Foresta Amazzonica, ancor di più se chiamati a studiare e indagare vicende storico-culturali di un paese ricco di sfumature. Possiamo invece addentrarci nei dettagli del progetto, perché tra i firmatari di quest’ltimo troviamo anche un direttore tecnico italiano, a cui abbiamo chiesto qualche dritta in merito, giusto per non proporre il solito pantomimo senza una piena conoscenza della materia. Che è seria e nobile, fondata sulla pace ed il reinserimento nel tessuto sociale.
“C’è da chiarire subito un punto – ci racconta Paolo Lepori, che ricorda come la squadra sia in realtà dell’associazione Futbol y Paz – Questa associazione nasce dall’idea di utilizzare il calcio come strumento pedagogico e di sensibilizzazione al tema della pace in Colombia. Con l’accordo di pace siglato tra governo e FARC ci saranno delle fasi in cui sarà necessario reinserire socialmente ragazzi/e, ex guerriglieri che lasceranno le armi per rientrare nel tessuto sociale con tutte le difficoltà e i supporti psicologici che una situazione del genere richiede”.
“Posiamo i fucili da guerra per prendere i palloni, messaggeri di pace” si legge fra gli slogan sul sito ufficiale dell’associazione (http://fundacionfutbolypazconstruyendopais.blogspot.it).
“Il calcio, e di conseguenza le squadre serviranno a questo, lo sport come parte integrante di un processo di reinserimento nella società – ribadisce Lepori – La fase attuale ha visto la creazione di una prima squadra che partecipa ad incontri per la sensibilizzazione e conoscenza di questo progetto, ovviamente non posso prevedere i tempi degli step successivi. In tutto questo non c’è nessun collegamento né partecipazione né accordi con l’organizzazione della FARC. Futbol y Paz è semplicemente uno strumento attraverso il quale lo sport potrà essere parte integrante di un più ampio e complesso processo di integrazione sociale, allo stesso tempo promuove incontri e tavole rotonde sul tema e sull’importanza della Pace”.
Un discorso simile fa cadere, ad essere sinceri, gran parte di titoli ed articoli giornalistici sparsi per il mondo. Chi l’ha definita in prima istanza la squadra delle Forze Armate Rivoluzionarie – compreso il sottoscritto – ha commesso un errore.
“Per quanto riguarda le squadre che si andranno costruendo – prosegue la nostra guida, alla richiesta se vi sia per davvero una deadline per il completamente del progetto – E’ prevedibile che nel medio/lungo termine parteciperanno ai campionati di Lega e chissà se un giorno non si possa avere un calciatore che, lasciando le armi per un pallone, potrà diventare un campione. Anche se non sarà così, attraverso il calcio avremo messo il nostro chicco di sabbia per un futuro di pace e non più di guerra. Personalmente sono firmatario, insieme a Felix Mora, del progetto. Mi sono occupato della parte tecnica e organizzativa, ma al momento non svolgo nessun incarico all’interno del progetto per motivi logistici e per impegni personali. Sicuramente pochissimi sanno che questo progetto nasce a due mani, colombiane ed italiane, e mi auguro che un giorno (forse già avrò lasciato questa vita) ci sarà qualcuno che lo ricorderà. In un calcio sempre più ‘commerciale’ e con la crisi dei settori giovanili, mi auguro che qualcuno possa pensare che questo sport rimanga un’attività pedagogica e fondamentalmente un gioco. La nostra federazione si chiama Federazione Italiana GIUOCO calcio, ma in molti l’hanno dimenticato”.
Cosa potrà fare FyP? “Sinceramente non lo so, so solo che attraverso il calcio si possono buttare giù muri altissimi di pregiudizi, abbattere differenze razziali, dare una opportunità ai ragazzi/e di tornare ad essere essere umani e non strumenti di guerra.
Il calcio non è solo sport. C’è chi lo usa per dare un futuro migliore, io amo usare il calcio per dare ragazzi migliori al futuro: questo è lo spirito, questo è il concept del progetto. Speriamo un giorno di riuscirci”.