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Elogio del ciclismo in TV
E’ tempo di Giro sulle strade italiane, e dunque sulle televisioni di molti appassionati e molti avventizi, cioè coloro a cui importa poco del ciclismo negli altri undici mesi dell’anno ma che mettono sempre un occhio sul Giro. In Italia si può scegliere se vederlo sui canali RAI, o Eurosport, via satellite, digitale terrestre o streaming. Di là o di qua, io sono fan di Eurosport lo dichiaro, si levano comunque voci, al bar, e ormai più nei tweet con cui si interagisce coi telecronisti che le corse siano noiose fino a quando si arriva agli ultimi chilometri. Chi dice che accende a venti dall’arrivo, chi a trenta, chi a cinquanta, come l’ormai famoso Eliseo Olmi. I tweet un po’ polemici un po’ provocatori di Eliseo sono stati resi famosi dalla coppia targata Eurosport Magrini-Gregorio con Luca (Gregorio) che li usa sapientemente per far divampare gli sfoghi di Riccardo (Magrini), che col suo vocabolario mezzo toscano mezzo personale è uno dei più interessanti personaggi televisivi in ambito sportivo ormai da anni. Eliseo invece in un tweet ha fornito lo scorso anno il suo indirizzo. Ho verificato sull’elenco del telefono e ne luogo indicato abita veramente una persona con quel nome, dunque si tratta probabilmente di una persona reale e non di un fake creato ad arte.
Ora vorrei portare però la riflessione sul ciclismo in TV su dei binari più filosofici. Se cercate l’emozione istantanea di una corsa potete vedere solo l’arrivo, quando c’è la volata, o qualche momento di una grande salita di quelle epiche, verso il Mortirolo o lo Stelvio da noi o il Ventoux o l’Alp d’Huez al Tour. Non tutta per carità, le salite sono lunghe e vi annoiereste comunque.
Considerate però che il ciclismo non è una partita di calcio o un incontro di boxe. Il ciclismo è un po’ la radio contrapposta alla televisione. Si accende, ci si sintonizza sulla tappa e un po’ si guardano le immagini, un po’ si ascolta, intanto si fa altro, si cucina, si stira, si legge il giornale. Però si ha compagnia. Esattamente quel che fai quando te ne stai con la radio accesa, mentre con la TV devi seguire il film o la partita altrimenti ti perdi. Il ciclismo, le grandi corse a tappe soprattutto, ti danno questa possibilità. Poi nei momenti topici ti siedi e ti guardi la salita, la volata, la maglia rosa in crisi che si stacca, la caduta, e coi mezzi tecnologici di oggi se ti accorgi qualche secondo dopo che in corsa è successo un fatto importante puoi anche tornare indietro in tempo reale e apprezzare tutto l’episodio saliente.
Le corse ciclistiche sanno essere lente e accompagnarti per ore, in salita a volte non si va nemmeno a 15 chilometri l’ora, e veloci e pericolose, in discesa spesso si raggiungono i 90/100 all’ora, con cambi repentini: dieci metri fa stavi arrancando in salita, ora hai scollinato e scendi che superi le moto. Poi in pianura, il momento di, apparente, tranquillità ai 40 all’ora. Non è tanto diversa la vita: lente lotte per raggiungere gli obiettivi, vorticosi momenti di eccitazione, lunghe transizioni piatte nell’ordinaria quotidianità dove improvvisamente può accadere qualsiasi cosa: una caduta, una foratura, la notizia di un avversario in difficoltà per un ciclista, una morte, una vincita, un innamoramento, un incidente per un vivente.
E allora smettiamo di metterci davanti alla TV a guardare il Giro per lamentarci che ci annoiamo. Scegliamo delle voci narranti capaci di interessarci e per una volta viviamo la televisione come fosse una vecchia radio. Vi assicuro che al termine delle tre settimane delle tre grandi corse mi sento un po’ orfano di queste voci che mi pareva di avere in salotto mentre scrivendo le mie storie e facendo le mie ricerche per scriverne domani di nuove mi lasciavo portare da loro per chilometri sulle strade del Giro.
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