Elicotteri e Valchirie: 35 anni fa Berlusconi cambiava il Calcio Italiano
Il 20 Febbraio 1986 Silvio Berlusconi comprava il Milan dall’allora Presidente Giussy Farina. Un evento che cambiò per sempre il mondo del calcio e che portò sotto i riflettori il pallone nostrano in un modo che non avevamo mai visto prima.
“Era. Pioveva”. Come nell’Imperfetto degregoriano, c’era qualcosa che si iniziava solo a vedere il 18 luglio di 35 anni fa, pochi mesi dopo quel 20 febbraio 1986 che sanciva ufficialmente il passaggio del Milan nelle mani di Berlusconi. Eppure da quel pomeriggio, uggioso e luccicante, il calcio italiano non sarebbe più stato lo stesso. Quel giorno nasceva la squadra che più di tutte ha incarnato l’ultimo disincantato, decadente lustro della Prima Repubblica, il Milan di Silvio Berlusconi che per inaugurare la sua prima stagione completa da presidente atterra all’Arena Civica, già palco degli allenamenti rossoneri ai tempi di Nereo Rocco, da un elicottero.
«Il vero significato del Milan per me è che mi ricorda l’infanzia, mi ricorda mio padre. Ne parlavamo quasi ogni sera, quando lui tornava dal lavoro – ha raccontato al giornalista Alan Friedman per la sua biografia, My way -. Quando mi chiedeva della scuola e dei compiti, io cercavo subito di indirizzare la conversazione sul Milan. A quell’epoca non era un grande club, non vinceva mai niente. Ma in qualche modo mi proiettavo in quella squadra. Mi identificavo con i singoli calciatori. Fantasticavo».
Il sogno diventa realtà alla fine del 1985, nella casa di Berlusconi a St.Moritz, appartenuta allo scià di Persia: unici testimoni Galliani e Confalonieri. La transazione con il vecchio presidente, Giussy Farina, si chiude il 20 febbraio del 1986. La stessa sera, dopo la firma, i tre partono per Parigi per il lancio del primo canale commerciale della tv francese, La Cinq. «È un giorno che non dimenticherò mai – dice Galliani -. Andammo a Parigi per la prima trasmissione del nostro nuovo canale francese. Era il primo network commerciale in Francia. Un giorno straordinario che cominciò con l’acquisto del Milan e finì con Berlusconi alla conquista della Francia. Quella sera festeggiammo al Jules Verne, il ristorante sulla Torre Eiffel, con molto champagne e un Bordeaux Mouton Rothschild veramente indimenticabile».
L’ora X è fissata alle 11, ma alle 10 l’Arena è già quasi piena. Sul prato i fotografi guardano il cielo che già minaccia la pioggia che verrà. In fondo, come scriveva Tiziano Marelli sul Manifesto, “l’unico che poteva disturbare, in qualche modo, la festa organizzata da Berlusconi per il ritorno del Milan era il Padreterno, che mal si presta a patteggiamenti, cambi merce o pagamenti in contanti”. Non ci sono le majorettes, si legge il giorno dopo su Repubblica, “il sonoro è vario, la Fossa dei Leoni intona “Berlusconi olè” sull’ aria di “God save the Queen” per poi balzare sulla “Marcia trionfale” dell’Aida. Ecco gli ex, Schnellinger e Cudicini. La Kappa, che fornisce le maglie, ha studiato quelle nuove sul modello delle vecchie, anni 50 e Gre-No-Li: non più righe strettine ma larghe, colletto a casacca. Quelle di riserva, bianche, rispolverano la fascia rossonera orizzontale, sul petto”.
È un Milan attaccato alle radici lontane, ma Berlusconi è uomo di spettacolo, sa che per il suo debutto nel calcio che conta ha bisogno di un ingresso spiazzante. Così porta lo spirito di Apocalypse Now nel cuore di Milano. Identico il sottofondo musicale, la Cavalcata delle Valchirie di Wagner, opposto lo spirito: non è l’ultimo addio di un eroe solitario e sconfitto dal destino, è l’inizio di una simbiosi fra un presidente e una città, fra un modo di essere e di sembrare nel calcio e un’Italia che vuole sognare che il futuro non arrivi mai, che nani e ballerine, lustrini e paillettes durino per sempre.
I tifosi assiepati sulla gloriosa tribuna dell’Arena raccontano l’attesa e l’entusiasmo, il sogno e il desiderio: in bella evidenza campeggia un “Grazie Silvio” accompagnato da un più curioso “Grazie Cadeo”, che dà al Cesare volto della stagione gloriosa di Canale 5 quel che è di Cesare, intrattenitore di un giorno da non dimenticare. Le presentazioni di Cadeo cominciano da Giovanni Galli, che fa presto dimenticare i fischi per il Mondiale messicano. «Se incontro Maradona – dice – stavolta vinco io», Si va avanti in ordine alfabetico, ruolo per ruolo. «Sono milanista da sempre, questo è il sogno della mia vita» annuncia Donadoni, ma non si capisce se è più forte l’applauso dei tifosi o l’eco della pioggia che scroscia e fa saltare lo show delle ballerine di Canale 5.
«Siamo abituati ad arrivare sempre primi e non abbiamo intenzione di cambiare abitudini proprio adesso» spiega Berlusconi. Il discorso a Milanello, racconta Franco Baresi alla Stampa, cambia la storia. «Disse che saremmo dovuti diventare la squadra più forte d’Italia, d’Europa e del mondo. Ci guardavamo negli occhi e non ci volevamo credere: da anni il massimo era raggiungere la coppa Uefa. La squadra si trovò a Linate senza rendersi conto di quello che stava accadendo. Ci presero in giro, ma con gli elicotteri il presidente dimostrò subito la voglia di stupire. E noi capimmo che il vento era cambiato».
Berlusconi per quella prima stagione conferma Liedholm e Capello nello staff tecnico. Ma qualche tassello ancora manca. Quell’estate, il Milan gioca un’amichevole contro il PSV Eindhoven a Barcellona. «Berlusconi vede Gullit e ci dice: ecco, questo è uno da Milan. Lo conoscevano in pochi, Ruud allora giocava in difesa. Aveva visto lontano» ricorda sempre Baresi. Il suo primo Milan debutta in Coppa Italia contro il Parma, che gioca in serie B ma sfodera un calcio brillante, innovativo, decisamente moderno. A San Siro c’è l’aria della festa, ma Davide Fontolan segna dopo pochi minuti e il Parma vince 1-0. Pochi mesi dopo, i gialloblù tornano a Milano per gli ottavi di finale. Cambia il marcatore, Mario Bortolazzi, e il momento del gol, segnato nel finale, ma non la sostanza. Berlusconi capisce che l’allenatore di quel Parma è l’uomo giusto: si chiama Arrigo Sacchi. «Venne a trovarmi negli spogliatoi, mi fece i complimenti e disse che avrebbe seguito la mia carriera – ha raccontato -. E poco tempo dopo, con il tramite di Ettore Rognoni, allora capo della redazione sportiva di Mediaset, chiese di incontrarmi». Restano a parlare per ore, ma non chiudono l’accordo. Berlusconi deve andare a Roma per strappare alla Rai Pippo Baudo e Raffaella Carrà, e poi Sacchi ha già una proposta dalla Fiorentina.
Come andrà a finire, è leggenda. Sacchi firma per il Milan e cambia il calcio italiano. Berlusconi insiste sul suo cavallo vincente anche dopo i primi risultati poco convincenti. È un capo azienda, e ha intuito in Sacchi il germe di una visione, il carattere di una rivoluzione. Alla presentazione, un giornalista gli chiese chi fosse quel tecnico semi-sconosciuto che aveva scelto. In una frase, Berlusconi disegna il futuro che vuole, il futuro che sarà, il Milan a sua immagine e somiglianza: «È il tecnico con la paranoia della vittoria». Il Milan non sarà più lo stesso, conclude Baresi. «Era diventato impossibile essere normali: non potevamo essere una squadra come le altre».