5 ottobre 2017: Argentina e Perù si affrontano alla Bombonera di Buenos Aires in una delle ultime partite per la qualificazioni al mondiale 2018. Partita che Messi e compagni fanno di tutto per vincere senza riuscirci: finisce 0-0 contro la nazionale guidata dal centravanti e capitano Paolo Guerrero sul quale, di fatto, andranno a puntare i riflettori anche se non per questioni legate alle vicende di campo. All’attaccante del Flamengo, infatti, poche settimane dopo, viene notificata la positività al controllo antidoping per un metabolita della cocaina. La Fifa, in via preventiva, ai primi di novembre lo sospende dalle attività di gioco per 30 giorni: un primo passaggio che impedisce al capitano della Blanquirroja di partecipare allo spareggio con la Nuova Zelanda. La seleccion è comunque in grado di superare l’ostacolo grazie allo 0-0 ottenuto in trasferta e al 2-0 guadagnato a Lima: passaporto per i mondiali timbrato dopo trentasei anni e festa nazionale in tutto il Perù.
La vicenda Guerrero, però, tiene col fiato sospeso tutti gli appassionati del paese andino: Paolo, infatti, è l’idolo di tutti. Prossimo a compiere trentaquattro anni (nacque a Lima il 1° gennaio 1984) Guerrero è probabilmente il più forte giocatore che il Perù abbia mai avuto. Ha portato in alto il nome della nazione giocando all’estero in compagini del calibro di Bayern Monaco e Amburgo (161 presenze e 47 gol in Bundesliga oltre a 45 presenze e 14 gol nelle competizioni europee nel periodo 2004-2012), Corinthians e Flamengo, di cui attualmente veste la maglia. E’ anche il miglior marcatore della storia della nazionale, con la quale ha ottenuto nel 2011 e nel 2015 il terzo posto in Coppa America, avendo siglato 32 gol in 86 partite. Una serie di prestazioni che gli hanno consentito, unico calciatore peruviano della storia, di entrare nell’elitè dei 59 giocatori candidati all’edizione 2015 del Pallone d’Oro.
Pensare di doverci rinunciare proprio nel momento in cui il Perù torna ad affacciarsi sul palcoscenico più alto del calcio mondiale è stato un peso che tutti i suoi connazionali si sono tolti lo scorso 20 dicembre quando la Commissione d’Appello della Fifa ha dimezzato la squalifica di dodici mesi inflitta in primo grado all’attaccante. Ad oggi, infatti, tale squalifica terminerebbe il 3 maggio 2018, un mese e mezzo prima dell’inizio del mondiale. Inutile dire della soddisfazione che, come una nuova onda di felicità, ha percorso il paese: i social, Twitter e Instagram su tutti, hanno raccolto i commenti entusiasti dei tifosi residenti anche in altre nazioni sudamericane, Argentina e Colombia in particolare, a testimonianza di un sostegno trasversale che passa per gli emigrati all’estero ma anche per gli amanti del calcio non prigionieri delle proprie bandiere. E Guerrero come ha accolto la nuova decisione della Fifa? Paradossalmente con meno entusiasmo rispetto ai suoi connazionali. In una intervista rilasciata pochi giorni fa alla Reuters, Paolo ha voluto sottolineare come lui si senta pienamente innocente, abbia voglia di prepararsi sul campo ai mondiali di Russia e stia studiando col suo collegio difensivo una strategia per poter azzerare la squalifica. Difficile, al momento, sapere cosa sia accaduto esattamente: ”Sappiamo che c’è stata una contaminazione. E’ quello che penso io, i medici e credo anche la Fifa. E’ evidente per la quantità minima rilevata dall’esame antidoping”. Probabilmente Guerrero è risultato positivo per aver bevuto un tè ricavato da foglie contaminate che lo staff stesso della nazionale peruviana aveva preparato. Questo il motivo per cui El Pistolero, emblema dell’orgoglio ritrovato di un intero paese, non ha voglia di accontentarsi di giocare il mondiale. Vuole andare in Russia pronto e senza ombre, a maggior tutela di un’immagine individuale e collettiva che, da buon capitano, vuole tutelare fino in fondo. Il 16 giugno, all’esordio contro la Danimarca, Paolo Guerrero vuole scendere in campo dicendo al mondo: io gioco pulito.