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Edinson Cavani: via Ibra, è tornato il Matador

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Non era necessaria l’ennesima notte di San Valentino per dimostrare quanto sia romantica Parigi. Non serviva, ma l’ha fatto con un manifesto calcistico meraviglioso. L’ha fatto con la prova di forza di una squadra costruita con la cinica essenza dei petrodollari che ha finalmente compreso l’importanza imprescindibile del cuore. L’ha gettato oltre l’ostacolo, umiliando il Barcellona degli alieni, grazie ad un collettivo diventato grande sotto la guida del re di coppe Unai Emery. E per merito, soprattutto, di un ragazzo uruguaiano nato il 14 febbraio del 1987 che, trent’anni dopo, ha spazzato via in una notte gli avversari più difficili e l’ombra ingombrante di Zlatan Ibrahimovic. Edinson Cavani si è preso definitivamente Parigi e il PSG, e ha dato un nuovo senso a San Valentino.

Il Matador è sempre stato un grande campione, ma negli ultimi mesi si è superato. Con la rete di martedì, Cavani ha consolidato le statistiche stagionali, sempre più vicine ad un capolavoro assoluto: 32 gol in 31 presenze, 7 dei quali in altrettante partite in Champions League. Se si considerano unicamente le marcature dall’inizio del 2017, l’attaccante del Paris Saint-Germain è andato a segno otto volte in otto partite. L’ex napoletano guida saldamente la classifica provvisoria della Scarpa d’Oro con 37.5 punti, condizionati negativamente dal minor coefficiente assegnato alla Ligue 1 rispetto a Serie A, Premier League, Liga spagnola e Bundesliga. Numeri pazzeschi, resi ancora più straordinari dall’analisi delle prestazioni offerte da Cavani. L’uruguaiano è una prima punta moderna nell’essenza più pura del termine, dedita al lavoro per la squadra almeno quanto alla finalizzazione. Il match con il Barcellona l’ha confermato per l’ennesima volta: il gol da rapace d’area ha suggellato una prestazione che sarebbe andata oltre il 7 in pagella anche senza. Cavani ha giocato contemporaneamente da terzino aggiunto a supporto di Kurzawa, ala offensiva mancina e, all’occorrenza, trequartista centrale. Questa non è una novità, ha sempre avuto queste caratteristiche. Un attaccante del genere sacrifica una buona percentuale di marcature in nome del gioco di squadra. Il grande dispendio di energie limita banalmente la lucidità sotto porta, ed è successo anche martedì in due chiare occasioni da rete vanificate dai suoi movimenti in area di rigore. Alla luce di questo elemento, le statistiche mostruose di Cavani assumono un valore diverso, rendendole ancora più impressionanti. Quanti gol farebbe se giocasse solo da prima punta? Non lo scopriremo mai.

Di una cosa, tuttavia, siamo sicuri: l’addio di Zlatan Ibrahimovic ha ritrasformato Cavani nel giocatore totale che avevamo imparato a conoscere ai tempi di Napoli. L’uruguaiano, seppure non abbia niente in comune con Carlos Bacca e Kevin Gameiro, è la punta ideale per il gioco propositivo di Emery. E la fine della convivenza difficile con il fenomeno svedese l’ha riportato in una zona di campo a lui congeniale. Cavani, ora, segna più di un gol a partita, raddoppiando così le medie realizzative dei primi tre anni a Parigi. Il Psg, seppure debba tanto a Ibrahimovic, ha guadagnato infinitamente dal cambio: l’ex Milan, Inter e Barcellona è un accentratore che preclude ogni possibilità di sviluppo di gioco corale, mentre Cavani lo asseconda. La classe infinita del primo è decisiva per le vittorie nei campionati nazionali, ma l’universalità del secondo potrebbe essere fondamentale per inseguire il sogno Champions League, tallone d’Achille storico dello svedese e dei francesi. Confrontare i numeri dei due attaccanti nella massima competizione europea non giustificherebbe la considerazione, immaginare Ibrahimovic al posto di Cavani nell’ultimo PSG-Barcellona sì: il risultato sarebbe stato lo stesso? Probabilmente no. In Europa vince la forza del collettivo e l’alternanza di soluzioni tattiche differenti che valorizzino ognuno degli interpreti in campo, e l’uruguaiano ha inoltre dalla sua una maggiore capacità di incidere nei match più importanti nei quali Ibrahimovic, invece, è stato il fantasma di se stesso nella maggioranza dei casi. Il trionfo di martedì non ha trasformato il Paris Saint-Germain nella favorita numero uno per la vittoria della Champions League, ma ha palesato lo sviluppo di un presupposto per farlo.

Se Zlatan ibrahimovic rappresenta idealmente una riedizione della maestosa Tour Eiffel, Edinson Cavani incarna in sé il percorso romantico che attraversa gli Champs Élysées per poi concludersi nell’Arc de Triomphe. Una strada bellissima dalle mille luci e gli infiniti colori, nella quale all’esplosione si è alternato il superamento di mille ostacoli e la nuova consacrazione. Una consacrazione che potrebbe trascinarlo ovunque, fino alla conquista della Coppa dalle grandi orecchie e della prestigiosa Scarpa d’Oro. Cavani, trent’anni dopo esser nato, ha dato un nuovo senso a San Valentino con una corsa di cento metri verso i tifosi per celebrare l’avvento dell’ennesima fase della sua carriera, non solo un gol. Come se avesse trasformato per un attimo il nobile prato verde del Parc des Princes nel viale alberato degli Champs Élysées  che conduce al trionfo. Grazie a lui Parigi è ora un po’ più romantica e, seppure non fosse necessario, è stato bellissimo esserci.

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