Le curve di uno stadio e gli spazi di una galleria d’arte. Niente di più lontano, se non fosse che questi due mondi confluiscono ora in una mostra, allestita presso la White Noise gallery a Roma e aperta fino al 14 gennaio. Una personale, per essere più precisi, che vede al centro i lavori dell’artista Cristiano Carotti, al su esordio come “solista” nella capitale. Già, perché anche la musica ha un ruolo importante in questo progetto, considerato che le 20 opere in rassegna sono esposte in un percorso sonorizzato da Rodrigo D’Erasmo, violinista degli Afterhours. Ce n’è abbastanza, dunque, per solleticare interesse e curiosità, considerando che “Dove sono gli ultras” – è questo il titolo della mostra – costituisce un evento unico nel suo genere.
Pantere, diavoli, teschi, croci, orsi, bulldog sono soltanto alcuni dei simboli presi da vessilli, bandiere, t-shirt e sciarpe delle tifoserie calcistiche e centrifugate dalla sfrenata creatività di Carotti – umbro, è nato a Terni nel 1981 – artista visivo che intreccia incessantemente relazioni con i protagonisti di altri mondi espressivi. Nomi come l’attore Filippo Timi e il cantautore Vinicio Capossela, ma anche come il performer Franko B e gli stessi Afterhours, la band che guidata dal carismatico Manuel Agnelli ha svolto un ruolo fondamentale nel panorama indie/rock italiano.
Curata da Eleonora Aloise e Carlo Maria Lolli Ghetti, la personale di Carotti trae spunto, soltanto come nome, da quello che è uno dei cori più cantati negli stadi (usato da ogni tifoseria per provocare quella avversaria); quindi analizza, prendendo il via da una prospettiva junghiana (Carl Gustav Jung, psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero) quel luogo dell’inconscio di ciascuno di noi all’interno del quale l’archetipo incontra il nostro io razionale, condizionandolo e generando un particolare tipo di dinamiche sociali. Attraverso i suoi lavori, Carotti sembra dunque parafrasare Jung ammettendo che, dominati dall’archetipo, siamo in qualche modo tutti ultras. Ed ecco che la simbologia dei tifosi viene utilizzata come punto di partenza (e suggestione) per un’indagine più ampia.
Un’indagine, quella portata avanti dall’artista umbro, che di conseguenza tocca anche la crisi dei modelli di democrazia occidentale. Da parte sua, il simbolo viene sviscerato attraverso la celebrazione della sua forza comunicativa, accompagnata dalla musica dell’ottimo D’Erasmo – in sostituzione del naturale sfondo sonoro dei cori ultras – con una composizione inedita per violini, rafforzando il distacco del simbolo dalla propria funzione calcistica per celebrarne la dimensione emozionale.
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