Dmitrij Šostakovič, il musicista ultras
Il 9 Agosto 1975 moriva a Mosca il musicista e compositore russo Dmitrij Šostakovič. Nella sua vita, oltre alla musica, un’altra grande passione, il calcio. Per ricordarlo vi raccontiamo un lato nascosto della sua storia, la sua vita da tifoso e studioso del pallone.
“Il calcio è l’oppio dei popoli”. Prendo in prestito questo famoso detto per iniziare un pezzo che unisce un celebre personaggio del passato, Dmitrij Dmitrievič Šostakovič, al mondo del pallone. Il grande compositore russo, infatti, è conosciuto dai più per essere l’autore di alcune celebri opere musicali. Tra queste non possiamo non citare la Sinfonia numero 7, dedicata alla sua città natale: Leningrado, quando essa stava subendo l’assedio delle truppe naziste durante il secondo conflitto mondiale.
Egli, data la sua sfrenata passione calcistica, è stato descritto sia come un vero e proprio ultras ma anche come “un tifoso rabbioso” che, più di una volta “si comportava come un bambino. Sussultava. Urlava. Gesticolava”. Secondo i ben informati passava, in poco tempo, dall’euforia alla depressione estrema a seconda dei risultati raggiunti sul campo dalle sue due squadre del cuore: la Dinamo di Leningrado (oggi Dinamo San Pietroburgo) e lo Zenit Leningrado (oggi Zenit San Pietroburgo).
Secondo altre fonti, però, il compositore era un fan sfegatato di solamente una delle due formazioni sovra-citate. Il mistero, sotto questo punto di vista, rimane ancora irrisolto.
Il suo impulso calcistico viene confermato anche dalla biografa ufficiale del compositore, di Laurel Fay. “Il calcio offrì a Šostakovič una via di fuga sia dalla musica che dalle preoccupazioni della vita quotidiana”: così, la stessa Fay, ci descrive brevemente la passione per il mondo del pallone di uno dei più importanti musicisti a livello mondiale del XX secolo.
E di preoccupazioni, il compositore russo, durante la sua vita ne ebbe parecchie. Infatti, il suo rapporto con il governo sovietico, guidato all’epoca da Josif Stalin, fu alquanto turbolento. Nel 1936 e nel 1948 subì addirittura due denunce ufficiali per le sue composizioni che, insieme ad altri lavori, vennero più volte censurate perchè non rispettavano i “parametri artistici” imposti dal governo di Mosca.
Per la precisione, al gioco del calcio, Šostakovič dedicò molte lettere scritte durante la vita. Secondo alcuni furono più di 100 e, in esse, il mondo del pallone viene definito come il “gioco più bello del mondo”.
Anche questa sua passione per il pallone non risparmiò il musicista di Leningrado da alcune critiche al governo centrale a cui cercò di dare alcuni consigli per quel che riguardava l’organizzazione dei campionati nazionali.
Tali consigli si possono leggere chiaramente in una lettera, indirizzata ad un amico moscovita, che citava così: “Egregio Valentin Naumovic, mi permetta di esprimerle alcune mie considerazioni oziose. Le definisco tali perchè non vale la pena renderle pubbliche dal momento che il Comitato per lo sport continuerà a comportarsi come gli pare e piace. Il mio primo pensiero: le partite di calcio internazionali bisogna organizzarle in modo da non ostacolare assolutamente il campionato nazionale. L’incontro con i nostri fratelli slavi della Bulgaria ha già danneggiato fortemente il nostro torneo”.
Nella stessa lettera, Šostakovič, si mostra in anticipo sui tempi quando suggerisce di raggruppare su tre livelli (A, B e C) le squadre russe, in base al loro valore. Una proposta che i dirigenti del calcio sovietico avrebbero messo in atto solo 20 anni dopo. Tale era il suo trasporto per il calcio che l’arrivo dell’ autunno, quando in Russia il campionato si conclude prima del lungo letargo invernale, gli procurava un’autentica depressione.
Durante il periodo della censura artistica, il compositore annotava in maniera ossessivo-compulsiva su un quaderno intitolato Campionato di Calcio dell’Unione Sovietica, formazioni, risultati, autori dei gol e capocannonieri, un modo anche per combattere la depressione nella quale era caduto.
Col tempo, inoltre, diventò un vero e proprio ultras che seguiva, ogni volta che gli era possibile, le sue squadre in trasferta. Questo equivaleva a dire spostarsi in treno in un paese enorme come l’Unione Sovietica: non proprio un compito facile da “portare a termine”.
Due o tre giorni di treno, però, non furono mai un motivo sufficiente a scoraggiare il musicista. Šostakovič, infatti, si recò in numero città sovietiche: da Mosca a Kiev, passando per Tbilisi, Odessa e Baku.
Se questa non è una vita seguendo il motto “maciniamo i km, superiamo gli ostacoli”, poco ci manca…
