“Diego Armando Maradona – Mano de Dios”: intervista all’autore Marco Evangelisti
Con Marco Evangelisti, giornalista del Corriere dello sport, parliamo del suo libro “Diego Armando Maradona – Mano de Dios”, edito da Risfoglia. Un libro soprattutto per i più giovani, come tiene a precisare l’autore.
Trascorso l’uomo, cosa resta di Maradona fuori dal tempo?
“Per coloro che lo hanno visto giocare, che hanno vinto e perso con lui, resta ciò che Maradona ha sempre avuto il desiderio di dare, pur nell’egocentrismo del campione: la gioia dell’emozione e il piacere intelligente del gesto atletico che diventa artistico. Per tutti gli altri la storia esemplare di un talento in guerra con i suoi demoni. E nessuno sa davvero chi abbia vinto”.
Te l’hanno già detto che il “tuo” Maradona, quello sulla copertina del libro, sembra un bambino?
“Questo perché il disegnatore Andrea Oberosler è bravissimo e ha colto l’anima del testo. Maradona nella mia visione, o meglio nel mio breve racconto, non smette mai di essere il bambino che una volta centrava la porta e un’altra mirava alle mucche che brucavano intorno al campo”.
Quale suggestione opera il suo nome su di te, che sei l’autore? Come lo hai vissuto?
“Ho un problema con Maradona. Come giornalista dovrei essere severo nei confronti dei suoi lati oscuri, che esistevano e sono stati anche utilizzati da persone con meno scrupoli di lui. Ma come appassionato di calcio mi resta difficile andare oltre la pura delizia del suo gioco, la sua capacità pressoché unica di diventare tutt’uno con il pallone, il prato, il vento, la partita. Veder giocare Maradona era come oggi vedere un film di supereroi. Era qualcosa in grado di trasportarti in mondi diversi. E di farti dimenticare tutto il resto”.
Il tuo libro è – soprattutto, ma non solo – indirizzato ai lettori più giovani. Cosa hai scelto di raccontare, cosa hai voluto omettere?
“Ho raccontato come un ragazzo scopra di poter trovare l’amore di cui avverte il bisogno attraverso la sua passione e di come questo da una parte lo renda felice, dall’altra lo trascini in una ricerca senza speranza del nido perfetto, di un posto dove poter dare semplicemente calcio e ricevere in cambio calore umano. Ho omesso, visto il pubblico di riferimento ma anche per via dell’ambivalenza di cui parlavamo prima, le vicende più scabrose in cui Maradona si è trovato coinvolto. Con l’eccezione di un accenno alla dipendenza. Anche perché ho utilizzato una dichiarazione in cui Diego invitava tutti a non seguirlo su quella strada”.
Ora che glielo regalerò, cosa piacerà di più a mio figlio, o a mio nipote?
“Questo, ti prego, lascialo dire a loro. Anzi, per favore fatemelo sapere”.
Salutiamoci scegliendo l’aggettivo più adatto in assoluto per Diego.
“Unico. E anche solo”.