Dieci minuti di calcio vero
Dal minuto 43 del primo tempo di Danimarca Finlandia al Parken Stadium di Copenhagen il calcio si è manifestato in tutto il suo significato come non accadeva da tanto, troppo tempo. Il malore del povero Christian Eriksen ci ha regalato, paradossalmente, la vera essenza di uno sport, da anni ormai sfregiato nella sua bellezza per motivi che tutti conosciamo.
Dieci minuti di calcio vero, autentico. Dieci minuti, come gli ultimi attimi della finale più importante mai giocata.
I cori delle tifoserie rivali allo stadio, già simbolo di rinascita dalle tenebre del Covid, che si fanno voce unica per richiamare il talento danese, smarrito nel labirinto del crepuscolo della vita. La squadra che fa scudo per preservare la dignità del compagno che lotta con tutte le forze pur non muovendo un muscolo. Il capitano che corre incontro alla moglie del ragazzo, come in guerra quando sei pronto a dare la peggiore delle notizie. E infine i rianimatori, top player senza nome, che combattono per ricacciare l’anima dentro il corpo di un uomo con tutta un’esistenza ancora da esplorare. Il sospiro di sollievo è il goal al 90esimo che ti fa alzare la coppa e gioire un popolo intero, dai divani di tutto il mondo.
L’Europeo è già stato vinto, da tutti.
Questo è il calcio.
E ci voleva la paura per un giovane ragazzo dal volto buono a ricordarcelo. È sempre così.
Grazie Christian.