Alla fine anche Paolo Di Canio è finito ad ingrossare le fila dei cosiddetti “pentiti”. Da non confondere con i collaboratori di giustizia sia chiaro. Ma soltanto coloro i quali, semplicemente, si pentono di aver commesso una determinata azione. E nel caso dell’ex attaccante laziale, l’azione di cui pentirsi è presto spiegata: l’ormai famoso saluto romano che Di Canio rivolse ai tifosi della Lazio dopo il derby del 6 gennaio 2005. Vinto dai biancocelesti per 3-1 con una rete messa a segno proprio dallo stesso Di Canio che risultò uno degli assoluti protagonisti di quella partita. Nel bene, perché trascinò i suoi compagni alla vittoria, ma anche (per qualcuno) nel male e proprio a causa di quel gesto che fece tanto scalpore.
Non sarà la prima volta che Di Canio finirà sul banco degli accusati per i suoi comportamenti soprattutto fuori dal campo. Ma adesso, a distanza di ben 12 anni, Paolo Di Canio, in un’intervista rilasciata per il Corriere della Sera dichiara pubblicamente di essere pentito. Anzi, che “quel saluto romano sotto la curva”, (che non sarebbe rimasto un gesto isolato visto che come lo stesso Di Canio ricorderà verrà esibito anche in altre occasioni) sarebbe il gesto di cui si pentirebbe di più. Come se appunto ce ne fossero anche altri di cui dovrebbe pentirsi. Tipo quegli stessi tatuaggi i quali, come egli stesso oggi spiega, sarebbero “il simbolo di ciò che sono stato, compresi gli errori”. Uno in particolare tra questi tatuaggi, quello sotto l’avambraccio destro con la scritta “Dux” sarebbe stato anche il motivo per il quale, nell’ottobre scorso Di Canio, venne sollevato dall’incarico di condurre una trasmissione su Sky Sport. Un fatto, il suo licenziamento, che fece scalpore a sua volta e per il quale Di Canio venne difeso da più parti. Che bollarono come “ipocrita” la decisione di Sky che avrebbe dovuto sapere da subito l’esistenza di quel tatuaggio (compresi gli ideali che Di Canio non ha mai nascosto) risalente all’epoca di quando Di Canio era ancora un calciatore.
Ma oggi invece è Di Canio a sorprendere tutti. Ricordando, a distanza di due mesi, il suo licenziamento per il quale dice di essersi sentito “come un appestato”, e di aver anche “urlato” contro Sky. Sentendosi appunto e soprattutto anche pentito per quel saluto romano che ha spiegato “niente ha avuto a che fare con lo sport”. Aggiungendo inoltre di provare “ribrezzo per le leggi razziali, per l’appoggio al nazismo e l’antisemitismo”. Tutte frasi che Di Canio avrebbe potuto dire, senza mai averlo fatto, nel corso di questi 12 anni. E che invece alla fine avrebbe detto ma soltanto dopo essere stato licenziato. E’ stata soltanto una straordinaria coincidenza? Per sapere quanto effettivamente il suo licenziamento possa aver influito su questo suo “pentimento”, basterà aspettare le prossime settimane. Quando si potrà capire meglio il destino di Paolo Di Canio come conduttore televisivo.