“La chimica è, tecnicamente, lo studio delle sostanze, ma io preferisco vederla come lo studio dei cambiamenti. Ad esempio, pensate a questo: elettroni, loro cambiano i loro livelli di energia; molecole, le molecole cambiano i loro legami; elementi, si combinano e cambiano in composti. Beh, questa è la vita, giusto? Cioè è solo la costante, è il ciclo: creazione e dissoluzione, poi di nuovo creazione poi ancora dissoluzione, è crescita poi decadimento, poi trasformazione! Ed è affascinante, davvero!”
Sono queste le parole con cui Walter White, goffo ed insicuro professore di chimica, spalanca le porte dell’entusiasmante mondo di Breaking Bad allo spettatore. Il concetto di trasformazione sarà il giusto collante che meticolosamente legherà le 5 stagioni della strepitosa serie prodotta da Vincent Gilligan.
White è un personaggio che ricalca lo sfondo di un mondo destinato al collasso emotivo ed economico. Un antieroe tragico arso dal desiderio di appagare la sua fame di rivalsa nei confronti di una realtà che da sempre l’ha relegato ai margini della società.
L’intero sceneggiato si snoda lungo un’inevitabile deriva morale che impetuosamente svelerà il protagonista per ciò che realmente è. La dottrina esoterica insegna tra le altre cose che l’anima programma gli eventi più importanti della futura vita prima di incarnarsi. Walter White, così come l’Edward Norton di Fight Club, simboleggia la personalità umana che cambia identità vita dopo vita, lottando tra le pene dell’esistenza materiale in un continuo rollercoaster emozionale.
Saranno i punti moralmente più bassi quelli che lo vivificheranno maggiormente. Una crescente spietatezza che accompagnata ad una dilagante malvagità lo porterà sempre a scegliere egoisticamente la propria sopravvivenza senza scrupolo alcuno. Non una mera sopravvivenza, ma un ingorda ed insaziabile voglia di emergere.
Breaking Bad. L’espressione colloquiale, prettamente utilizzata nel Sud degli Stati Uniti, esprime la situazione in cui qualcuno prende una direzione che lo allontana dalla retta via, scegliendo di abbracciare volontariamente e non, il lato oscuro. Un punto di rottura. Così per Walter White trasformatosi nello spietato Heisenberg, così per il protagonista del capolavoro letterario di Palahniuk quando conosce/riconosce il suo alter ego Tyler Durden, così per la guardia ex Cavaliers Delonte West. Un inevitabile cambiamento che ha portato questi protagonisti a spogliarsi di tutto, mostrandosi al mondo per ciò che realmente sono.
Nei suoi primi cinque anni nell’Association, Delonte West è stato quel genere di giocatore lontano dalle luci dei riflettori ma al quale è stata sempre riconosciuta l’attenta e maniacale passione per la pallacanestro.
L’Eleanor Roosevelt High School è stato il suo trampolino di lancio. Le stats consegnate all’archivio del liceo sono di tutto rispetto: fate 20.2 pts, 6.5 reb, 3.9 ast e ben 3.1 palle rubate a partita. Coach Glen Farello è stato e sarà sempre un distributore automatico di encomi per il suo guerriero. Il passo successivo è il college. West sceglie la St. Joseph University del HC Phil Martelli il quale parla della guardia del Maryland come di un giocatore benedetto e maledetto dalla natura competitiva che purtroppo al tempo stesso è la sua più grande forza e la sua più grande debolezza.
Scelto con la pick n. 24 dai Celtics in piena fase rebuilding, West muove i primi passi nella NBA accompagnato dalle amorevoli cure di Doc Rivers e capitan Paul Pierce. Riadattato al ruolo di playmaker, Delonte è un onestissimo gregario, un underdog divenuto parte integrante del roster del Massachusetts. Tutto questo sino all’arrivo della promettente point guard Rajon Rondo, il cui impatto è devastante. I minuti per West diminuiscono sempre più sino a quando la franchigia dei Celtics, ambiziosa, lo gira ai Supersonics in cambio della guardia tiratrice Ray Allen. Nemmeno il tempo di ambientarsi in quel di Seattle che la valigia è di nuovo pronta ad essere imbarcata. Il primo aereo buono è quello per l’Ohio. Ad accoglierlo i Cleveland Cavaliers del Prescelto.
Nei suoi primi cinque anni nella lega, Delonte West è stato quel genere di giocatore adorato ed idolatrato dai tifosi per la sua applicazione. Un giocatore che ben si guardava dall’esporsi oltre misura all’affamato circo della carta stampata e delle televisioni. Uomo, prima che giocatore.
Tutto questo sino al punto di rottura, quando cessò definitivamente di essere un qualsiasi giocatore di pallacanestro. Breaking bad.
La notte del 17 settembre 2009 poco lontano da casa sua – siamo nel Maryland nella contea di Prince George – West era in sella alla sua Can-Am Spyder . Una manovra poco sicura nei pressi di un ordinario posto di blocco della polizia lo costrinse ad un inevitabile fermo. West, incalzato dalle domande degli agenti, dichiarò di portare con se una Beretta 9mm, una Ruger calibro 357 magnum, un fucile Remington 870 e relative cartucce, oltre ad un coltello. La polizia riferì in seguito che il fucile si trovava in una custodia per chitarra, proprio come Antonio Banderas in “El Mariachi” (a noi conosciuto come “Desperado”) , film low cost del regista Robert Rodriguez.
“Delonte West fermato per guida pericolosa e possesso illegale di armi da fuoco”. I giornali e la TV sputarono la notizia esattamente così, scatenando inevitabili reazioni negative.
In realtà, quel 17 settembre del 2009, alcuni cugini di West vennero a fargli visita. Delonte, da poco sposato con la vecchia compagna del liceo, chiese alla madre di badare ai bambini approfittandone per fare due passi con la moglie ed i parenti. Ad un certo punto fu raggiunto dalla chiamata della madre, la quale lo avvisò del fatto che i bambini avessero trovato delle armi – che peraltro deteneva legalmente – in un armadio del suo studio. La preoccupazione più grande di Delonte fu quella di rincasare per sbarazzarsene, mettendo al sicuro i ragazzi.
Il vialetto di casa era affollato dalle macchine dei parenti così West salì sulla sua moto per dirigersi verso un’altra residenza, dove le avrebbe potute lasciare. Quella sera assunse del Seroquel, farmaco generalmente somministrato alle persone affette da disturbo bipolare. Tale sindrome gli fu constatata in seguito ad un’ aggressione ai danni di un arbitro avvenuta durante un training camp nel 2008. West umilmente riconobbe la necessità di chiedere aiuto e svestendosi di paure ed angosce raccontò al mondo del suo problema. Tornando a quella maledetta sera di Settembre, l’effetto di sonnolenza dato della medicina non gli permise di condurre con sicurezza il mezzo, richiamando l’attenzione della pattuglia che stazionava ai bordi della strada. West conviveva con la malattia da ormai più di un anno e non ne fece mai segreto. I compagni di squadra, la sua famiglia, i farmaci. Tutto questo lo aiutava comunque ad andare avanti.
La sera del 17 Settembre 2009 la vità di Delonte West cambiò radicalmente. Il mattino dopo, svegliandosi, ciò che vide allo specchio fu un enorme scarafaggio, in quella che può definirsi una reincarnazione moderna del Gregor Samsa kafkiano, anch’esso metodico e zelante come la guardia figlia del Maryland.
La moglie, da lì a un mese chiese il divorzio, scavando ulteriormente a fondo nella psiche di Delonte, già messa duramente alla prova dalle calunnie mediatiche e dalla malattia.
Creazione e dissoluzione, poi di nuovo creazione poi ancora dissoluzione. È crescita poi decadimento, poi trasformazione.
West si trovò più volte di fronte ad un bivio, già non bastasse quello emozionale da cui era afflitto. Continuare o mollare tutto? Era diventato ormai oggetto di scherno e tutto questo lo feriva profondamente.
Non è mai stato un Heisenberg. Non è mai stato un Tyler Durden. Non ha mai voluto che la sua figura emergesse al punto di soffocare quella delle persone al suo fianco. Il suo IO è emerso per via di una grave malattia che duramente l’ha messo più volte alla prova. È stato un amante fedele e presente, un compagno di squadra determinato, sempre pronto a massacrare di fatica se stesso per il bene della squadra e disposto agonisticamente a morire per il bene del gruppo.
But…When it rains, it pours!
Paese di formazione recente, gli Stati Uniti sono privi di una profondità cronologica della loro storia e sovente sono portati ad epicizzare il momento. Nascono così eroi moderni. LeBron James uno di questi. Per ogni eroe, le favole ce lo insegnano, c’è sempre un antieroe.
Quale figura migliore da contrapporre al Bene (LeBron) se non quella di una persona, suo malgrado mentalmente disturbata come Delonte West, temprato dalla gogna mediatica che stringe sul suo capo da ormai diversi anni?
I Cavaliers si stanno giocando il passaggio del turno in un’emozionante serie playoff contro i Boston Celtics. La notizia che la signora Gloria James (42enne madre del numero 23 dei Cavs) frequenti il 26enne Delonte West tuona nello spogliatoio in un silenzio assordante. Delonte ha da sempre categoricamente smentito questa voce e LeBron ha preferito chiudersi nel silenzio. Il rapporto tra i due è sempre stato sincero e puro. James è stato uno dei primi a schierarsi apertamente in difesa del compagno quando si trovò sottoposto ad un processo mediatico dal quale difficilmente sarebbe potuto uscirne. La notizia influenzò psicologicamente la serie contro i biancoverdi. Le stats di LeBron calarono veritiginosamente, così come i minuti del nostro uomo.
Breaking Bad, l’ennesimo punto di rottura della vita di un Delonte West che era comunque stato in grado di rialzarsi e ripartire.
È l’estate in cui LeBron volta le spalle alla sua Cleveland. “I’ll take my talent to South Beach”. I maligni punteranno il dito anche contro West, tacciandolo di essere uno dei responsabili della decisione di James. Delonte si ritrova ad essere un corpo estraneo all’interno del mondo della NBA. Inizia quindi il suo lungo peregrinare: Mavs, China, D-Leauge. Una profonda caduta verso gli inferi. Senza ritorno.
Pochi mesi fa Delonte West è stato sorpreso a vagare scalzo per la città di Houston in evidente stato confusionale. Alla domanda di un fan che chiedeva se fosse realmente il West draftato dai Celtics e compagno di Lebron James rispose che sì, lui era quel Delonte West. Un Delonte West che non tornerà mai più. In realtà quel giorno assunse un farmaco invece di un altro e l’effetto fu devastante. Una nuova miniera d’oro per il patinato e crudele mondo del gossip.
Lungi da noi il voler fare retorica, ma è bene a volte fare uno o più passi indietro. Mordere il freno, avere piena coscienza del fatto che chiunque si imbatta sulla nostra strada possa combattere una battaglia personale di cui non ne siamo a conoscenza .
Suerte Delonte.
Uomo, prima che giocatore.
di Emiliano Varenna, @IlSanto, Born in the post