Un progetto che sembrava impossibile è diventato realtà: quello di poter insegnare, in maniera praticamente professionistica, il gioco del calcio a ragazzi disabili. Detto così sembra facile ma il lavoro che ha dovuto fare Davide Leonardi insieme al suo team per poter dare vita al progetto degli Insuperabili, è stato lungo e faticoso e delle volte ha dovuto superare anche l’indifferenza e i pregiudizi di tante persone che agli albori del progetto, lo etichettarono frettolosamente come “ghettizzante”. In cinque anni, in collaborazione con le Reset Academy e grazie a tanti testimonial tra tutti Giorgio Chiellini, una semplice idea è arrivata a coinvolgere più di 400 ragazzi dislocati in ben 13 scuole calcio in tutta Italia. Per parlare di questo e molto altro abbiamo intervistato Davide Leonardi fondatore e presidente degli Insuperabili.
Che cosa o chi sono gli insuperabili?
Gli Insuperabili sono degli atleti diversamente abili, ma a tutti gli effetti degli atleti che giocano a calcio. Abbiamo iniziato cinque anni fa a Torino, con l’obiettivo di poter permettere a tutti questi ragazzi di poter giocare a calcio in maniera corretta. Volevamo dare una struttura ed una organizzazione che insegnasse veramente a giocare a calcio e non solo dare un pallone ed un campo per far dare quattro calci. Ora abbiamo più di 400 ragazzi che giocano e si allenano in 13 scuole calcio in tutta Italia.
Da dove nasce questa idea?
L’idea è nata veramente per caso. All’epoca stavamo sviluppando, con Attila Malfatti (direttore di tutti gli Insuperabili ed ora anche collaboratore di Massimo Carrera allo Spartak Mosca) un metodo di allenamento per ragazzi. La cognata di Attila è una ragazza affetta dalla sindrome di Down tifosissima del Milan e grande appassionata di calcio. Tutte le volte che ci ritrovavamo in campo per lavorare sui nuovi metodi di allenamento lei veniva sempre. Dopo tante volte ci siamo detti, perché non trovare una squadra per farla giocare? Ci siamo messi alla ricerca ma non trovammo veramente nulla, neanche su internet. Trovammo solo un modello inglese “Football for Disable” che abbiamo studiato per circa sei mesi prima di decidere di volerlo importare in Italia e cercando di adattarlo alla nostra realtà. Ora abbiamo delle equipe di lavoro multidisciplinari, dai tecnici di “campo” , agli psicologi, ai fisioterapisti e anche logopedisti. Non nascondo che i primi mesi sono stati difficili perché avevamo difficoltà proprio a recuperare i ragazzi. C’era molta reticenza verso questo progetto e molti ci rimproveravano addirittura di voler ghettizzare i ragazzi con disabilità. Noi invece abbiamo sempre risposto portando ad esempio le paralimpiadi che danno la possibilità ad atleti con diverse abilità di potersi confrontare tra loro. E’ come se io, che non ho mai giocato ad alti livelli, mi trovassi a giocare con giocatori di Serie A. Dopo un po’ non vedrei mai il pallone e soprattutto non mi sarei divertito. Noi invece vogliamo che i ragazzi diversamente abili possano migliorare e divertirsi in contesto a loro idoneo e soprattutto poter tirare fuori il massimo dalle loro possibilità e capacità. Il nostro grande merito è quello di non esserci mai abbattuti e di aver continuato con la nostra strada sapendo che alla fine sarebbero arrivati i risultati.
Il motto degli Insuperabili è “Ammetto la sconfitta e le mie diverse abilità, non me ne vergogno. Mi vergognerei solo di non provarci”. Puoi spiegarcelo?
Questo motto ci accompagna da quando siamo nati e lo abbiamo inserito anche sulle nostre maglie. Al di là della disabilità, questa è la nostra filosofia. Tutte le persone hanno delle qualità e dei difetti. Noi vogliamo focalizzarci su quello che ci viene meglio e provare sempre a farlo al 100%. Dobbiamo sempre provarci. Se diamo sempre tutto allora possiamo non dirci sconfitti
Cinque anni fa siete partiti con 4 ragazzi da Torino. Oggi potete contare su più di 400 ragazzi su praticamente tutto il territorio italiano. Quanto ti rende orgoglioso questa crescita?
Assolutamente sì. Una delle grosse componenti è stato da un lato di aver fatto una cosa bella, ma anche di aver fatto una cosa che funziona. Delle volte ci si potrebbe lasciar andare dicendoci da soli che siamo bravi perché lavoriamo nel sociale. Il nostro orgoglio non è solo quello di lavorare con ragazzi disabili ma riuscire a vedere, ad esempio, un bambino con una disabilità motoria che, anche allenandosi con noi e non solo, riesce a fare 50 metri quando un anno fa ne faceva appena 5. Tutto questo davvero ci rende felici ed orgogliosi. E’ un lavoro bellissimo perché giochiamo a calcio e riusciamo a conoscere storie e persone incredibili.
Il progetto viene portato avanti assieme alla Reset Academy che già a livello giovanile ha introdotto metodi di allenamento innovativi con ottimi risultati. Puoi descriverci in cosa consistono?
Possiamo parlare di un allenamento adattato, perché chiaramente lavoriamo con diverse disabilità e quindi ogni disabilità deve essere tratta in maniera differente. Di base però l’insegnamento e la filosofia sono sempre le stesse. L’insegnamento rimane sempre quello del calcio sia dai primi calci fino a ragazzi più grandi. Le uniche differenze sono negli obiettivi che sono diversi. Lavoriamo in team perché con i ragazzi che hanno una disabilità mentale è fondamentale riuscire ad entrare in empatia per riuscire a trasmettere determinati concetti. Il nostro lavoro si svolge molto fuori dal campo sia a livello di programmazione ma anche a livello di monitoraggio posteriore. Tutti gli allenamenti sono videoregistrati e ad ogni fine allenamento tutto il team monitora l’andamento dell’attività. Tutto questo confronto di dati a fine percorso ci permette di monitorare la crescita e le varie difficoltà.
Molte volte quando si parla di ragazzi con disabilità si fa l’errore di essere superficiali ed accontentarsi di qualsiasi risultato raggiungano. Voi invece volete che questi ragazzi raggiungano il massimo delle loro capacità.
Noi dobbiamo individuare degli obiettivi realizzabili. Se ogn’uno di noi può arrivare ad un determinato livello ha l’obbligo morale di arrivarci, perché allora potremmo dire di aver dato provato. Anche noi istruttori abbiamo l’obbligo di far raggiungere ai ragazzi il loro massimo. Proprio questo ci ha fatto scattare la molla per far iniziare tutto questo progetto. Purtroppo in Italia delle volte si associa il disabile al pietismo. Questo è l’errore più grande che si possa fare. Io posso dire che sono un privilegiato ed un fortunato perché ho potuto conoscere tanti ragazzi straordinari.
In questo progetto hanno un ruolo fondamentale le famiglie che vengono costantemente coinvolte in tutti i diversi momenti di crescita e di difficoltà. Inoltre avete dato la possibilità a diversi ragazzi di poter lavorare nel vostro negozio a Torino, questo a conferma di come Gli Insuperabili non riguardano solo il campo ma lo sviluppo dei ragazzi a 360°.
Il lavoro con le famiglie è una vera e propria esigenza per noi. Quando parliamo di una ragazzo disabile bisogna pensare a 360° a tutto ciò che ruota intorno a lui. Abbiamo un team di psicologi che può sostenere la rete famigliare per spiegargli il lavoro che facciamo e quello che proviamo ad insegnare ai ragazzi. Il negozio è nato fondamentalmente da due fattori: la prima era quella di riuscire ad inserire i ragazzi in un contesto lavorativo dato che dopo i primi anni ci eravamo accorti dell’enorme funzionalità che i ragazzi stessi potevano avere in un contesto lavorativo. In più ci dava l’occasione di iniziare a sviluppare un nostro brand per reperire fondi dato che le nostre scuole calcio sono completamente gratuite.
Come ci si può iscrivere agli Insuperabili Reset Academy?
Basta visitare il nostro sito internet (www.insuperabili.eu) e li si possono trovare l’Academy più vicina alle proprie esigenze. Diamo la possibilità a tutti di poter allenarsi con noi. Svolgiamo 2-3 prove solo in funzione dei ragazzi per capire se hanno voglia di giocare noi. Delle volte capitano dei bambini che inizialmente non sono molto convinti, in quel caso con la famiglia insistiamo un po’ perché siamo convinti che dopo qualche allenamento si divertano e decidano di far parte della nostra scuola calcio. I primi allenamenti ci servono sempre individuare la categoria più idonea alla funzionalità del ragazzo e poi una volta che ha iniziato ad allenarsi con noi capiamo quali obiettivi possiamo prefissarci