A cavallo tra la fine del Giro d’Italia e l’inizio del Tour de France la stagione ciclistica vive il suo momento apicale in cui da un lato si tracciano i primi bilanci e dall’altro ci si proietta sulla restante parte di una stagione frenetica e ostaggio di un calendario sempre più fitto e serrato. Il commissario tecnico della nazionale Davide Cassani segue e monitora la stagione dei colori azzurri con un occhio attento al Giro d’Italia under 23 appena conclusosi e un altro rivolto all’imminente Grand Boucle che di sicuro fornirà altre indicazioni utili dello stato dell’arte del ciclismo nostrano.
Inizia la sua carriera professionistica nel 1982 con la Termolan di Bruno Reverberi e nei quattordici anni di attività veste le maglie di tra Carrera, Bianchi, Ariostea, Mg Technigym e Saeco al fianco di campioni del calibro di Visentini, Roche, Argentin riservandosi il ruolo di gregario di lusso con licenza di uccidere. Tra i suoi trofei più prestigiosi, oltre a due tappe vinte al giro, figurano tre giri dell’Emilia, una Milano Torino, una Coppa Sabatini e due Coppe Agostoni a cui si affiancano tre podi alla Freccia Vallone, Amstel Gold Race e Lombardia. Dismessi i panni di atleta incomincia, grazie a Marino Bartoletti, la sua avventura in Rai a cui presterà la sua voce per diciotto anni diventando di fatto il commentatore ufficiale del grande ciclismo al fianco del grande Adriano De Zan seguito da Auro Bulbarelli e Francesco Pancani. Nel 2014 la FCI gli propone la direzione tecnica della nazionale maggiore, succedendo a Paolo Bettini, incarico che svolge da cinque anni con scrupolosa metodicità e con la speranza di coronare con un sigillo iridato il suo mandato che lo vede sempre attivo alla ricerca di conferme e nuovi talenti. Lo abbiamo raggiunto per discutere il momento attuale del nostro ciclismo tra luci e ombre, dubbi e certezze.
Buongiorno Davide, partiamo dal passato recente. Abbiamo assistito ad uno splendido Giro D’Italia, con un’impresa straordinaria targate Chris Froome
Si è stato un giro incerto, ricco di imprese e clamorose sorprese. Tutti gli ingredienti che fanno di questa corsa una delle più belle del mondo. L’azione di Froome a cui hanno fatto seguito le cotte improvvise di campioni del calibro di Aru e Pinot hanno sicuramente contribuito a renderlo appassionante e imprevedibile.
Dal punto di vista del c.t. della nazionale, che riscontri hai avuto dalla corsa rosa?
Beh sicuramente il movimento è ancora buono: Pozzovivo competitivo e Formolo, che poteva fare di più, nei primi dieci lo testimoniano. E’ mancato il podio con Aru, ma penso anche a ragazzi giovani come Ciccone e Masnada che si sono fatti vedere. Un giro in chiaroscuro che va visto da più angolazioni, a questo dobbiamo aggiungere il poker di Elia Viviani e lo splendido successo di Battaglin, mentre l’anno scorso avevamo vinto solo una tappa con Nibali. Prendiamoci il bicchiere mezzo pieno e guardiamo avanti con fiducia.
Questo giro ci ha anche restituito il lato più umano del ciclismo. Nessun leader in grado di ammazzare la corsa, ma tanta competitività e continui cambi di casacca. Il ciclismo di oggi è anche questo? Meno automi, più uomini?
Senz’altro Froome ha corso in un modo diverso così come la Sky, hanno rischiato il tutto per tutto cogliendo al volo l’unica possibilità che avevano sul Colle delle Finestre e hanno fatto saltare il banco. Questo per fortuna è il ciclismo, con cuore e gambe e senza tatticismi esasperati accadono imprese del genere. Gioie e drammi si bilanciano e non c’è mai nulla di scontato.
Un bilancio della tua esperienza da Commissario Tecnico, come definiresti i tuoi primi quattro anni al timone della nazionale?
Per me è ovviamente un onore aver ricevuto questo incarico, ho cercato di investire sul settore giovanile ed è importante in tal senso la ripartenza del giro dilettanti che hanno un calendario molto ridotto rispetto ai professionisti. Ciò toglie competitività rispetto ai pari-età degli altri paesi e questo trend va invertito, poi i risultati magari li vedremo tra qualche anno, io ce la sto mettendo tutta poi vedremo sei miei sforzi avranno riscontro in futuro. Dobbiamo assolutamente ripartire dal basso e investire sugli juniores e sperare anche con un po’ di fortuna che nascano nuovi talenti.
Riavvolgiamo il nastro. I tuoi diciotto anni in Rai.
E’ stato un pezzo importante della mia vita e un privilegio che mi ha permesso di rimanere in contatto con questo mondo meraviglioso dal di dentro. Ringrazio Marino Bartoletti che ha creduto in me e posso senz’altro dire che la Rai è stata e continua ad essere per questo sport un elemento fondamentale e insostituibile, il ciclismo è ancora in chiaro e gli ascolti premiano questa scelta aziendale. Poi dopo tanti anni era giusto cambiare e cercare di fare qualcos’altro che tornasse a stimolarmi.
Il caso Aru, deluso e respinto dal Giro. Forse si è ecceduto nella preparazione? Troppo maniacale?
Beh è chiaro che la delusione è stata enorme, aveva preparato questo momento per sei mesi e poi è saltato tutto nel peggior modo possibile. E’ sicuramente uno spunto di analisi che Fabio dovrà svolgere col suo team e i suoi preparatori e di sicuro qualcosa andrà rivisto perché non credo siano stati problemi di salute. Non ha perso la mia fiducia perché un campione come lui non diventa un brocco dall’oggi al domani e sono convinto che può fare ancora bene nella seconda parte della stagione.
Domanda di striscio sul doping. Ormai non se ne parla quasi più, ottimo segnale per il movimento.
Assolutamente sì, sono anni che il ciclismo lotta con questo problema. La politica dei controlli asfissianti ha dato i propri frutti, oggi chi si fa beccare o è un pollo o un incosciente.
Cassani atleta, come nasce questa passione che ti ha fatto arrivare al professionismo.
Ho cominciato da allievo a quindici anni, avevo una grande passione e ho iniziato tardi perché mio padre la bici non me l’ha comprata prima. Avevo le idee molto chiare al riguardo e con un pizzico di fortuna e tanta costanza sono riuscito a coronare il mio sogno e sono strafelice per quello che ho fatto come corridore. Oggi il problema di molti giovani è quello di non avere le idee chiare, troppi stimoli e molta confusione non ti focalizzano su un obiettivo.
I valori di questo sport sono unici ed universali. Entusiasmo oceanico e grandi dimostrazioni d’affetto per la famiglia Scarponi, sono ulteriori prove che lasciano senza parole.
Perché il ciclismo è uno sport di fatica e uno sport popolare che fa parte della nostra storia che è passato almeno una volta sotto casa nostra lasciando ricordi indelebili. Traspare l’umiltà di questi ragazzi che lavorano sodo, la gente né è consapevole e ammira la loro straordinaria caparbietà. Poi nel caso di Michele quando viene a mancare uno di noi, un grande come lui, nasce spontaneo questo attaccamento a lui e alla sua famiglia.
Per chiudere. Da grande cosa vuoi fare e un ricordo di tutti questi anni da protagonista a vari livelli in questo sport.
Da grande voglio continuare a vivere il presente e svolgere il mio lavoro al meglio seguendo la mia passione per questo sport. Un ricordo che mi viene in mente tra i tanti posso raccontarti un aneddoto recente: stavo salendo sull’Etna per vedere l’arrivo della tappa del giro e ho incontrato un ragazzo di quattrodici anni che ha fatto la salita con me, quando mi ha salutato in cima mi ha detto che questo era il giorno più bello della sua vita. Ennesima dimostrazione dell’unicità e della magia del ciclismo.