Occhi e capelli chiari, siciliano, preciso e padrone delle emozioni, soprattutto in pedana. Il “Principe”, al secolo Daniele Garozzo, si racconta in un’intervista, a poche settimane dalla vittoria olimpica brasiliana conquistata a colpi di spada.
Quando hai incominciato con la scherma?
Ho incominciato per caso, in una palestra aperta da amici di famiglia. Lì si allenava già mio fratello e io, pur di stargli vicino, facevo tutto quello che faceva lui. All’epoca avevo sette anni e da allora non ho mai smesso.
Perché hai scelto di proseguire a livello agonistico con questo sport? Cosa ti ha insegnato?
Sicuramente perché è uno sport che da subito mi è piaciuto tantissimo, in particolare mi affascinava il confronto a due con l’avversario, la pazienza e la tenacia che bisogna avere mentre “tiri”. Col passare degli anni, mi sono reso conto di essere particolarmente portato per la scherma, questo mi ha spinto a continuare a praticarla anche a livello agonistico. Ho iniziato che ero un bambino e fin da subito mi ritrovai a vincere quasi tutte le gare che disputavo. La cosa mi esaltò parecchio e volli continuare.
E l’oro vinto a Rio2016 ti ha dato ragione. Te l’aspettavi di vincere? Com’è stato vivere un grande momento di felicità come questo, per te che sei così giovane?
A Rio c’era grande concentrazione. Ricordo di non aver visto nulla a parte il villaggio Olimpico e il parco, quello che fai è allenarti e gareggiare. Per il resto fai le solite cose che fanno gli atleti prima di un incontro importante: guardi un film in camera, ti rilassi, cerchi di rimanere il più tranquillo possibile. Della gara ho un ricordo meraviglioso anche se un po’ sfocato, tanta era l’emozione di quel giorno. Spesso le persone, dopo aver vinto, ricordano di aver pensato “quel giorno mi sono svegliato e ho subito capito che fosse la giornata perfetta”. Io no, ho vissuto quella giornata concentrato come sempre, come se fosse stata una gara fra le tante, serenamente. Credevo in me ma sapevo anche di non essere il favorito della gara, ero il numero otto nella competizione.
A quanto pare, non soffri di ansia da prestazione sportiva.. qual è il trucco per vivere lo sport con serenità, senza farsi “prendere troppo”?
Tutto merito della mia psicologa sportiva (Chiara Santi, ndr) che mi ha insegnato tanto. Sono molto esuberante, spesso chiedo a me stesso moltissimo in qualsiasi campo: dallo sport, alla vita privata…Lei mi ha insegnato a vivere le sconfitte per quello che sono, in maniera più leggera. Fare sempre del proprio meglio e prendere tutto per quello che è, senza appesantirlo di troppe aspettative e senza buttarsi giù quando le cose non vanno come dovrebbero.
E invece che fa Daniele nel tempo libero?
Tempo libero ce n’è poco perché sono sempre impegnato con gli allenamenti e lo studio. Quando ne ho, passo il weekend giocando a tennis, a calcio (dove mi faccio sempre male!), esco con la mia ragazza, vedo gli amici e faccio passeggiate. Insomma le cose che fa un ragazzo normale.
Il campione sportivo che metaforicamente ti ha insegnato di più?
Ce ne sono due: Stefano Barrera, compagno di palestra a Siracusa e vincitore del bronzo individuale a Torino 2006. Lui mi è stato vicino in molti allenamenti, dandomi la possibilità di avere sempre un avversario con cui confrontarmi. E poi il più recente, Andrea Baldini, che ho avuto la fortuna di avere come compagno di squadra. Da lui ho imparato veramente tantissimo.
Lo sport, gli studi in medicina ma non solo. Sei impegnato anche in alcuni progetti a fianco di Medici Senza Frontiere. Come è nata questa “collaborazione”?
Tutto è nato dopo aver vinto il premio messo in palio da un quotidiano sportivo nazionale e che la fondazione Agnelli ha finanziato. Quando mi sono reso conto di essere fra le prime posizioni (il primo premio era di 150mila euro), ho espresso l’intenzione di voler devolvere tutto in beneficienza. Questa notizia ha fatto scalpore fra i miei amici ma anche sul web. Dopo la vittoria, ho pensato a Medici Senza Frontiere che fa dell’aiuto per gli altri il suo scopo primario. Ho donato a loro metà della somma… Ho sempre sognato di lavorare con MSF in quanto futuro medico: per far del bene e dare a chi ne ha più bisogno.
Proprio in questi giorni sei impegnato con una loro campagna molto importante, “Abbiamo un vaccino faglielo tu!”. Di cosa si tratta?
È una campagna di vaccinazione nel territorio della Repubblica Centrafricana nata per proteggere circa 220.000 bambini al di sotto dei cinque anni da molte malattie infettive tra cui morbillo, difterite, tetano e pertosse. Malattie per cui i nostri bambini non muoiono e che invece in quei luoghi mietono ancora moltissime vittime. Lì è difficile far arrivare gli aiuti necessari: molte zone sono isolate o raggiungibili solo in motocicletta, in barca o a piedi. In Repubblica Centrafricana, la percentuale di vaccini nei bambini è di appena il 13%, bassissima. Con questa campagna, salirebbe al 22%: basta un sms o una chiamata da rete fissa al 45508 per donare 2 o 5 euro e permettere la vaccinazione di molti piccoli. Per noi è un piccolo gesto ma per chi riceve è davvero molto importante.
Ritorniamo allo sport. Si parla tanto delle Olimpiadi Roma 2024. Abbiamo perso un’occasione?
Diciamo che avevamo un biglietto della lotteria vincente su tre e non abbiamo speso nemmeno 5 euro per poterlo comprare. Un vero peccato aver sprecato così un’occasione importante per la città e soprattutto per Roma, che ne aveva bisogno.
Molti tuoi fan dopo le olimpiadi hanno preso a chiamarti “il felino che azzanna”. Lo sapevi?
(Ride) No, non lo sapevo…! Io spero che molte persone si avvicinino alla scherma e al suo mondo meraviglioso, a questo sport spesso poco conosciuto ma ricco e avvincente. Pur di veder realizzato questo mio sogno, sono disposto ad accettare anche il titolo di felino!