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Dame: All’Inferno e Ritorno

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Nello nascer della prima partita/mi ritrovai in una lega oscura,/ché la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura,/esta squadra giovane e nova e aspra/che nel pensier rinova la paura!

Ed una sfida, che di tutte brame/sembiava dura ne la inabilità/e molti tifosi fé già viver grame.-

“A te convien tenere questo viaggio,”/Così, poi che lagrimar mi videro,/ “se vuoi goder in esto loco selvaggio“-

Scende forte la pioggia in Oregon, quasi a voler amorevolmente mascherare le incessanti lacrime versate da un figlio adottivo al quale sono state voltate le spalle da quelli che erano i suoi compagni.

Damian Lillard d’un tratto si è ritrovato solo, tradito da coloro i quali  dovrebbero ora essere immersi nel ghiaccio con il viso rivolto verso l’alto, abitando il nono girone dell’Inferno con il ramingo Caino.

Dame avrebbe comunque risparmiato loro il viaggio a bordo del vascello di Caronte, il quale inevitabilmente li avrebbe consegnati alle gelide acque del fiume Cocito.

Avrebbe fatto in modo che non valicassero le porte degli Inferi e svestendoli delle loro canotte riportanti il sacro nome di Portland, li avrebbe costretti a correre ignudi verso un’insegna che recita “Rip City”, puniti e feriti da vespe e calabroni per l’eternità.

Lillard è un’anima pura, smarrita nelle atrocità del regno di Lucifero. La stagione alle porte era stata ingravidata da opportunismo e scarsa riconoscenza, portando in grembo paure ed enormi punti interrogativi. Avara di talento e credibilità la squadra dei Blazers venne più volte accusata di adottare il tanking come soluzione per una pronta rinascita e Dame a questo punto non era più in grado di sopportare la becera eco di queste voci.

In soccorso, ecco dinanzi a lui pararsi quelli che per Portland furono tra i poeti più amati, capaci di scrivere ed incidere sul parquet, del Memorial Coliseum prima e del Moda Center poi, i loro esaltanti sonetti.

L’aliante Clyde Drexler, il gigante lituano Arvydas Sabonis, il Mozart dei canestri Drazen Petrovic, il tagliente e scomodo Rasheed Wallace ed il selvaggio Bill Walton: quali guide migliori per poterlo sostenere in un viaggio tra le scottanti fiamme degli Inferi. Uno spazio mistico in grado di snaturare qualsiasi essere umano.

Nell’oscurità dove ideologicamente si é perso Lillard, gli eroi del passato gli tendono le mani invitandolo a proseguire il suo viaggio, necessario per raggiungere l’apogeo: l’anello che in oggi adorna le dita affusolate di Steph Curry e quelle polpose di Draymond Green.

Petrovic sceglie con cura le sue parole, quasi a voler da subito rincuorare lo Zero. Non ha mai avuto paura Drazen. Nemmeno quando la guerra senza bussare entró nella sua vita allontanando per sempre quelli che erano dei fratelli, colpevoli di credere in un Dio diverso. Nemmeno quando la morte brutalmente se lo portó via, permettendo egoisticamente che sulla terra vivesse in eterno solo il suo ricordo:

Temer si dee di sole quelle cose/c’hanno potenza di far mal altrui/de l’altre no, ché non son paurose

A fare eco al talento croato è il vecchio condottiero Drexler. Lo spettro di Michael Jordan serpeggia ancora nelle notti insonni di Clyde, il quale per nulla al mondo permetterebbe ad un giocatore in canotta nero-rossa di arrendersi di fronte al nemico, per quanto l’avversario possa essere di gran lunga superiore. Bastano poche sillabe perché il play riesca a convincersi che la sua strada non conosce e non deve conoscere ostacoli:

Considerate la vostra potenza:/fatti non foste per venir battuti,/ma per ingannar falsa apparenza.

Rasheed non ha mai saputo tacere. La sua lingua questa volta peró non ha l’amaro sapore di un rettile infame, ma è fonte prospera di dolce ed ubriacante nettare, in grado di aiutare Dame a valutare in maniera differente i vecchi compagni:

Fama di loro la lega esser non lassa/ e vittoria e giustizia li sdegna/ non ragioniam di loro ma guarda e passa.

Sabonis, il gigante di Kaunas, mette in guardia la giovane point guard. Arvydas è un marinaio dell’arancia e la sua àncora negli anni si è posata sul fondale di diversi mari. Molti saranno gli avversari che Damian troverà lungo il suo cammino, e non sarà facile sconfiggerli:

Ecco il trenta con la mano letale,/ che passa i parquet e rompe le reti e l’armi!/ Ecco colui che a tutto ‘l basket fa male!-

Bill Walton, sapientemente, ha aspettato che parlassero tutti. Ha fatto della pazienza una sua virtú, in quella che è stata una carriera sfortunata, costellata da mille e più infortuni. Quante volte avrà scelto con cura dai testi dei Grateful Dead le parole per farsi forza, o per spronare il figlio Luke.

Con Dame é tutto diverso. È un figlio dal sangue Blazers. Lo tiene stretto a sé, tronfio. Gli occhi gonfi di lacrime pare voglian prendere parola al posto suo. Bill fu nel 1977 il leader di una squadra in grado di raggiungere l’apogeo. Lui solamente può segnare sulla mappa la strada che da Portland il giovane Lillard deve percorrere:

Godi, Damian, poi che se si grande/ che per l’est e per ovest tu conquisti,/ e per lo mondo tuo nome si spande!

Congedandosi, in segno di ringraziamento, lo Zero rivolge chiare e sincere parole a coloro i quali sono stati in grado di forgiare ulteriormente il suo carattere:

Maestri, i vostri ragionamenti/ mi son sí certi e prendon sí mia fede,/ che li altri mi sarien carboni spenti.

Salimmo sù, loro primi e io secondo, tanto ch’i vidi de le cose belle, che porta ‘l basket con un palla tonda.

E quindi uscimmo a riveder le stelle.

E così è stato. Scrollandosi di dosso tutti i demoni aggrappatisi a lui nella piovosa estate dell’Oregon, sulle spalle si è caricato un’intera franchigia. Insieme, migliorandosi, hanno raggiunto i playoff scalando le ripide pendici del Purgatorio e mettendo a tacere le malelingue che li volevano come la cenerentola del Torneo.

Non é più da solo Damian. Nessuno lo è mai realmente, per quanto i nostri occhi a volte non scorgano anime intorno a noi.

Un Inferno percorso al fianco dei più grandi ed un purgatorio vissuto con la consapevolezza di essere un giocatore in grado di ferire mortalmente l’Association, rea di averlo più volte sottovalutato.

Aprite le porte del Paradiso.

“You know what time is it?”

È tempo di non voltarsi più ed insieme uscire a riveder le stelle.

Emiliano Varenna, Il Santo – Born in The Post

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