19 gennaio 1908, a due passi dal Po, su un laghetto artificiale ghiacciato, si affrontano due selezioni del Circolo Pattinatori del Valentino.
Nasce a Torino l’hockey su ghiaccio italiano.
La storia- Lo stesso Circolo Pattinatori del Valentino parteciperà alla prima edizione del campionato italiano nel 1925, insieme a Cortina e Milano, e ad altri tre campionati successivi, per poi chiudere la propria sezione hockeistica nel 1933.
La relazione fra la città sabauda e l’hockey su ghiaccio è stata infatti negli anni tanto sincera quanto complicata.
Nato ufficialmente nel 1949 l’Hockey Club Torino ha rappresentato il punto di riferimento hockeistico per il panorama piemontese, alimentato dalla rivalità con i valligiani della Valpe, senza però mai trovare il salto di qualità definitivo. Un percorso ricco di storia e tradizione ma fortemente di nicchia. Serie B costante alternata a passaggi in serie A e una crisi economica che l’ha portato alla chiusura definitiva nel 2006, falliti i tentativi di salvataggio sotto forma di All Stars Piemonte e Torino-Valpe, due compagini nate dalla fusione tra Torino e Valpellice, entrambe poco fortunate sia come risultati sportivi sia come seguito di pubblico.
Il presente- In un panorama buio come quello dell’hockey italiano, che si prepara ad affrontare l’ennesima estate burrascosa, Torino rappresenta oggi un’isola felice, quantomeno in prospettiva. Se infatti il Real Torino, nato nel 2001, è una realtà stabile ed affermata, i giovani Bulls Torino, naturale continuazione dello storico HC Torino, sono una società in continua ascesa con progetti chiari e una crescita di numeri e risultati in controtendenza rispetto all’intero movimento.
I gialloblu, nati nel 2011, contano oggi quasi 300 tesserati e 9 squadre fra giovanili e senior. Una Serie A femminile come fiore all’occhiello (sconfitta in finale dalle Eagles Bolzano) ed una Serie C maschile composta da ragazzi del proprio settore giovanile con un programma di crescita lenta ma costante.
Marco Moretti, presidente dei Bulls, non può che essere orgoglioso dei risultati fin qui raggiunti.
Presidente, a che punto è il progetto?
“Siamo nati 5 anni fa da un gruppo di hockeisti, imprenditori e semplici appassionati, con l’idea di riportare l’hockey a Torino ad un certo livello, partendo da zero e puntando sui giovani. Il progetto sta riuscendo e siamo molto soddisfatti”.
Qual è il rapporto con la città?
“Torino ha bisogno e fame di hockey e riportare sul ghiaccio una categoria superiore è fondamentale. Torino 2015 Capitale dello Sport ci ha aiutato a riallacciare il legame con la città. Siamo andati nelle piazze e nei centri commerciali per farci conoscere ed è un buon punto di partenza”.
E la risposta è stata buona?
“A Torino il calcio fagocita un po’ tutto. Il lavoro che stiamo portando avanti però è diverso, simile a quello che per anni ha fatto la Valpe. Vogliamo far crescere ragazzi della nostra città, fidelizzare i loro genitori. Allargare in questo modo il bacino d’utenza partendo dal basso.
Da questo punto di vista le Istituzioni sono d’aiuto?
“Diciamo di sì. Abbiamo delle agevolazioni per le giovanili e sulla Serie A femminile. Paghiamo il fatto di non averne per i senior maschili ma in occasione dei tornei internazionali che organizziamo sia il Comune sia i nostri sponsor sono molto disponibili”.
Esiste ancora la storica rivalità città-valle?
“Diciamo che abbiamo aperto le frontiere. I rapporti sono buoni, sopratutto a livello giovanile. C’è ancora qualche invidia e la rivalità ogni tanto ritorna ma credo siano proprio le rivalità a creare la competizione giusta”.
In questo senso può essere letta la vostra convivenza con il Real?
“Sì, è facile dire di unire le due realtà, di collaborare con Valpellice e Pinerolo, di aggregare il più possibile. È facile dirlo ma molto difficile farlo e non è una scelta che alla lunga pagherebbe”.
Cosa pensa della situazione dell’hockey italiano?
“Siamo in un momento molto difficile, sopratutto dal punto di vista economico. La Federazione è in difficoltà ma io personalmente ho visto miglioramenti nella gestione a livello giovanile. Siamo carenti nel marketing e nella copertura televisiva e questo conta parecchio”.
Crede che in questo senso conti l’isolazionismo delle squadre Altoatesine?
“Vero è che la tendenza delle valli è quella di chiudersi ma non è quello il problema. Noi Bulls crediamo che si debba lavorare in primis per sé stessi e che un lavoro fatto bene porti benefici all’intero movimento”.
In definitiva, come vede il futuro dell’hockey nel nostro paese?
“Siamo all’ennesimo capolinea. O si riparte o si muore. Ci sono i numeri e credo la passione sia la chiave di tutto”.
E il futuro dell’Hockey a Torino?
“Noi vorremmo fare una B, nel giro di due anni ma magari già dall’anno prossimo. Forse perderemmo ma lo faremmo con i nostri ragazzi. Stiamo crescendo a tutti i livelli e c’è entusiasmo. Ci vuole pazienza e lungimiranza. Noi ci crediamo, altrimenti non saremmo qui”.