Era partito dall’Africa con un sogno nel cassetto. Era finito in Italia, come uno dei tanti migranti che decidono di abbandonare le loro terre d’origine, per montare su un barcone e decidere di viaggiare alla volta dell’Europa. E come raccontano le cronache di questi giorni, sbarcano sulle coste italiane, per cercare di sbarcare il lunario. Poi finiscono in uno di quei centri di accoglienza che assomigliano sempre di più a delle prigioni per gente libera, che ha ricevuto la condanna della vita, di vivere in territori resi instabili da povertà, guerre e terrorismi vari.
E allora i ragazzi scappano e vengono da noi.
Vogliono vivere e per vivere si inventano di tutto. Come questo ragazzo di diciotto anni che dopo essere arrivato dal Gambia e finito in un centro di accoglienza dell’Abruzzo, è arrivato ad inventarsi di essere chi non era: un calciatore. In questo modo avrebbe coronato il suo sogno. Quello di potere giocare un giorno in una squadra professionistica. Ha fatto di più.
Quando è arrivato a bussare alla porta del Chieti Calcio ha detto di essere Lamine Diatta, un calciatore già affermato, difensore dell’Excelsior di Dakar e della nazionale senegalese. A quelli del Chieti, che milita nel campionato di serie D, non gli è parso vero di poter avere in squadra un difensore giovane già finito nel giro della nazionale. Solo che quando è arrivato il momento, di infilarsi gli scarpini e dimostrare di essere il calciatore che al Chieti si aspettavano, la verità è venuta a galla.
E il dubbio che non fosse veramente Lamine Diatta, ma forse neanche un calciatore, nella testa dei dirigenti del Chieti è balenato subito quando al ragazzo è stato chiesto di iniziare a palleggiare. Poi qualche altro allenamento. Infine la classica partitella. La certezza è arrivata quando è arrivato il turno di chiedere i documenti necessari al tesseramento.
A quel punto, come ha raccontato il responsabile de settore giovanile del Chieti Massimiliano Rebba al Fatto Quotidiano “ i documenti non sono mai arrivati”.
E poi? E poi quello che è successo ha dell’incredibile. I dirigenti del Chieti avrebbero saputo che il giovane gambiese non era Lamine Diarra, dai giornali, dopo aver letto la notizia su Libero e alcune agenzie. Hanno saputo che non era Diatta, ma non hanno saputo chi fosse veramente. Quello ad oggi, resta un mistero.