Estate 1996. Il bomber Alan Shearer, senza dubbio uno dei centravanti più forti del momento, decide di tornare a casa sua, a Newcastle, dopo anni indimenticabili con i Blackburn Rovers. 130 gol in 171 partite giocate nell’ultimo quadriennio rappresentano decisamente un buon biglietto da visita per far sognare i tifosi dei Magpies. Per non parlare del fatto che il buon Alan, soltanto un anno prima, ha trascinato praticamente da solo i Rovers alla conquista di uno storico titolo; emozioni che da quelle parti non si vedranno più negli anni a venire. Il costo dell’operazione super? 15 milioni di sterline. Rapportato all’epoca, qualcosa di eccezionale.
Oggi, invece, allo stesso prezzo, il piccolo Bournemouth si porta a casa Jordon Ibe, un ragazzino del 1995 che, dopo un paio di prestiti, a Liverpool ha convinto soltanto a sprazzi nel corso delle ultime due stagioni.
Nel paese anglosassone, in molti iniziano a chiedersi se non si stia superando il limite. E’ ovvio che l’inflazione abbia giocato il suo ruolo ed il costo della vita dopo vent’anni non possa che essere cambiato in ogni settore; tuttavia sulle colonne del Mirror, ad esempio, si fa notare come un normale tasso di inflazione dal 1996 ad oggi porterebbe la cifra per accaparrarsi il capocannoniere di Euro ‘96 a circa 25 milioni di sterline. Un valore che al momento non permetterebbe ad un club di acquistare nemmeno Christian Benteke, centravanti del Liverpool su cui il tecnico Klopp sembra non voler puntare nemmeno più.
All’epoca, inoltre, la cifra spesa dal Newcastle per riportare a casa Shearer fu vista come una sorta di follia, un po’ quello che sta accadendo oggi per Paul Pogba, il cui costo però dovrebbe superare ampiamente i cento milioni di sterline. Tutta un’altra storia.
Di chi la ‘colpa’? Dei nuovi colossi finanziari entrati ormai prepotentemente da circa un decennio all’interno della Premier League ma anche dei contratti sempre più ricchi siglati tra i club e le emittenti televisive.
I milioni di sterline da riversare sul mercato per acquistare i migliori calciatori in circolazione a cifre spaventose, intanto, sembrano proprio non finire mai.
Mancano ancora quarantacinque giorni al termine della sessione estiva del calciomercato inglese ed il record, stabilito soltanto un anno fa, di 822.5 milioni di sterline spese sembra già pronto ad essere frantumato. Con il ritorno di Pogba al Manchester United per la cifra sopra citata, si arriverebbe addirittura a toccare il bilione di sterline.
Ad ogni modo, ciò che pare poter essere utilizzato come metro di giudizio per comprendere realmente quanto la Premier League sia praticamente irraggiungibile per i club di ogni altri paese riguarda una cifra ben precisa: 30 milioni di sterline.
La scorsa estate, nel massimo campionato inglese ci sono stati cinque trasferimenti superiori a 30 milioni di sterline. Nelle decadi passate, tale numero avrebbe rappresentato un vero e proprio record; oggi è la norma anche per calciatori sicuramente interessanti ma non fenomenali come Mané (Liverpool) Xhaka (Arsenal), Bailly (Manchester United), Batshuayi (Chelsea) e Kanté (Chelsea).
Quindici anni fa, Juan Sebastián Verón, lui si campione vero, divenne il calciatore più pagato nella storia della Premier League grazie ai 28.1 milioni di sterline riversati dal Manchester United nelle casse della Lazio allora di Sergio Cragnotti. Soltanto dodici mesi dopo, poi, sempre i Red Devils infransero ancora il record portando a casa il centrale difensivo Rio Ferdinand per 29.1 milioni di sterline.
Dal 2002 al 2006, Ferdinand rimase il padrone assoluto all’interno di tale classifica. Nell’estate in cui l’Italia di Marcello Lippi si laureò Campione del Mondo, però, ci pensò il Chelsea di Abramovich a cambiare le gerarchie. I Blues, infatti, acquistarono Andriy Shevchenko, un ‘colpo’ di portata eccezionale all’epoca, per 30.8 milioni di sterline, poco più di quanto speso dagli stessi londinesi pochi giorni fa per l’operaio del centrocampo Kanté.
Nel frattempo, dopo il ricco imprenditore russo, in Premier iniziarono a piovere soldi grazie alle nuove proprietà al vertice del Manchester City, dei cugini dello United, del Liverpool e dell’Arsenal. Ecco allora che, negli anni, i super prezzi sono diventati la normalità: Robinho, Tevez, il ‘Kun’ Aguero, Otamendi, Sterling e De Bruyne al Manchester City, Fernando Torres al Liverpool (e poi al Chelsea), Andy Carroll e Christian Benteke sempre nella città dei Beatles, Ozil ed Alexis Sanchez all’Arsenal, Mata e David Luiz al Chelsea, la promessa Martial (pagata come se si trattasse di un campione già affermato a livello planetario) al Manchester United. Solo per fare alcuni nomi.
Il calcio inglese, insomma, rappresenta ormai un vero e proprio mondo a parte. Qualcuno, però sembra iniziare a non digerire ciò che fa da sfondo a tale situazione e denuncia i costi eccessivi dei biglietti per assistere dal vivo alle gare oppure i prezzi, ritenuti fuori mercato, per acquistare la casacca della propria squadra del cuore al figlioletto. Il rovescio della medaglia è quindi piuttosto amaro per coloro che, tanto a livello affettivo quanto economico, sono quasi sempre gli unici a rimetterci nel calcio: i tifosi.
Bilione? qualcuno può spiegare all’autore/traduttore che in italiano esiste la parola “miliardo” per indicare tale cifra? e dai su..
Il bilione in italiano c’e’, ma vale un milione di milioni (mille miliardi). Ma tanto ormai chi ci fa piu’ caso? il bilione e’ piu’ performante del miliardo
Sono contento che si sia in tre a stigmatizzare l’ennesimo gesto di ossequioso servilismo linguistico del nostro ceto “culturale” (giornalismo, docenti universitari…) verso l’impero anglofilo.
E’ anche centrato il commento…non fosse che per esprimerlo si sia usato un vocabolo angloitaliano tanto quanto: performare in “Italiano vero” (ah: Toto Cutugno, ultimo baluardo dell’orgoglio culturale nazionale! Di ciò ringraziamo chi ha rinunciato ad esserlo, per scelta e convenienza.) non esiste…Comunque è una battaglia più che persa: persa e passata già sui libri di storia
E qui si capisce che gli Inglesi non capiscono una mazza di calcio… Basta pensare che non riescono a vincere un Mondiale da 50 anni.
Ma come sottolineato i soldi non sono inglesi, si la forza degli inglesi è stata convincere arabi altri (abromovic e americani) ad investire sulla premier legue? La parola “investire” è fuori luogo però ci sono riusciti perché sono maestri in questo attività di persuasione e molti altri ci stanno provando (vedi bayern e le spagnole). Da sottolineare che la loro opera è arrivata in quello che è il ceto medio/basso superficiale e generalista (caratteristica essenziale) europeo e mondiale: gli spettatori/acquirenti di abbigliamento o altri gadget sono soprattutto esteri (italiani in prima fila).