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Paulino Uzcudun, il “Toro Basco”

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Paulino Uzcudun, il “Toro Basco”

Vissuto per quasi tutto il ventesimo secolo, Paulino Uzcudun fu il più grande peso massimo della storia di Spagna.

Nato nel 1899 nel Paese Basco, la regione ai piedi dei Pirenei, divisa tra Francia e Spagna, dalla forte connotazione indipendentista, Paulino fece onore alle proprie origini divenendo un fortissimo “Aizkolari”, ossia un atleta di sport rurali baschi che si dedica al taglio netto del legname con l’ascia, una specialità che richiede grandissima forza e tecnica affinata.

La sua carriera da pugile cominciò a Parigi, a ventuno anni, dove era arrivato senza parlare una parola di francese e nemmeno di spagnolo, poiché a casa sua si comunicava solo in “euskera”, la lingua basca.

Nella stessa luminosa metropoli, quattro anni più tardi, Paulino avrebbe conquistato il titolo di Spagna, ai danni del catalano Jose “Kamaloff” Teixidor, nei fatti lanciandosi, con la sua tipica lena di combattente basco, alla conquista del titolo EBU, ottenuto nel maggio del ’26 ai danni del nostro grande Erminio Spalla, davanti al pubblico amico della Monumental Plaza de Toros di Barcellona.

Iniziò così il suo fiorente periodo oltreoceano, con grandi trionfi nell’isola di Cuba, in Florida ed in tutti gli Stati Uniti.
In occasione del suo incontro con Tuffy Griffiths, tale era la sua fama che Al Capone, a quel tempo re di Chicago, lo volle al proprio tavolo.

Grande è il numero dei match di prestigio sostenuti da Uzcudun: nel 1931 batté ai punti un acerbo Max Baer, nel primo incontro di valore sostenuto a Reno sin dai tempi di Johnson-Jeffries.
In venti round disputati sotto il sole e con 35 gradi, Uzcudun perse nove chili!

Per due volte affrontò il nostro Primo Carnera, sempre perdendo, ma arrivando in entrambe le occasioni al termine delle riprese previste, la seconda a Roma, davanti a Mussolini, il quale aveva chiesto al Gigante di Sequals una vittoria per KO, non venendo giocoforza accontentato.

Paulino Uzcudun

Tre furono le battaglie col grande pugile teutonico Max Schmeling: una persa allo Yankee Stadium, una pareggiata a Barcellona ed una perduta a Berlino.

La sua straordinaria carriera si chiuse nel dicembre del 1935, davanti ai quasi ventimila spettatori del Madison Square Garden, contro un ventunenne Joe Louis che già si trovava in piena ascesa all’Olimpo del pugilato mondiale.

Alla terza ripresa, un montante al cuore del “Toro Basco” tagliò il respiro all’americano, il quale fu salvato dalla campana trovando, passato il momentaneo smarrimento, la devastante combinazione che spezzò la mascella di Uzcudun, costringendo l’arbitro ad interrompere l’incontro.

Fu l’unico KO subìto in carriera dal grande peso massimo spagnolo.
Dopo l’incontro Paulino ammise di non aver mai incontrato un pugile come Joe Louis e di non aver nemmeno creduto che potesse esistere uno come lui.

Si ritirò dal pugilato con le seguenti, orgogliose parole: “Sono caduto al tappeto per la prima ed ultima volta!”

Rientrato in patria e passati gli anni turbolenti della Guerra Civile, alla matura età di cinquantadue anni, per l’epoca, Uzcudun contrasse matrimonio con una ragazza madrilena, dalla quale avrebbe poi avuto quattro figli.

Uzcudun era di carattere gioviale, serissimo nell’allenarsi, ma portato a gozzovigliare e festeggiare.
Secondo lo scrittore Manuel Alcantare, che lo conobbe da molto anziano, “parlava una simpatica lingua che ricordava lo spagnolo, ma che era arricchita da un misto di parole inglesi e basche”.

Negli ultimi anni di vita l’arteriosclerosi ottenebrò la sua mente che, nella nebbia dell’età senile, perse il ricordo degli alti momenti di gloria difficilmente eguagliabili, durante i quali combatté con ben otto campioni del mondo.

In serenità e circondato dai propri figli, Paulino Uzcudun si spense il 4 luglio del 1986, a quasi ottantasette anni d’età.

Nipote di un insegnante sammarinese migrato nei licei delle vallate alpine, sono nato a Padova nel ’70 ed ho chiuso il cerchio di itinerante storia familiare rientrando nell’antica repubblica del Titano quando non ero ancora trentenne.

Avevo prima vissuto in varie parti d’Europa, dei Caraibi e dell’Africa grazie a diversi, talvolta avventurosi, impieghi giovanili. Al contrario, ora, lavoro in banca.

Ho coronato il mio amore per le lingue e le letterature straniere all’Università di Urbino, compiendo gli studi in una lunga e poco gloriosa carriera accademica.

Appassionato sportivo, ho praticato con alterne fortune il pugilato, il windsurf, il calcio, la canoa olimpica. Seguo il rugby con piglio da intenditore. Nel 2015 ho attraversato l’Adriatico in kayak nel suo punto più largo.

Scrivo di boxe perché ne vale la pena: il ring trattiene tra le corde le storie che la fantasia di un romanziere non potrebbe mai eguagliare.

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