Correva la stagione 1997/98; Roy Keane, roccioso mediano agli ordini di Sir Alex Ferguson ormai da quattro anni, si rompe i legamenti in uno scontro di gioco con l’allora calciatore del Leeds Haaland; quest’ultimo, tuttavia, non capisce la gravità della situazione e infierisce sul povero Keane, intimandogli di rialzarsi. Nulla di più sbagliato con un tipo come l’irlandese.
Passano quattro lunghi anni ma il centrocampista di Cork, classe 1971, non ha esattamente dimenticato quel fatto; Haaland, intanto, è passato al Manchester City. Sabato 21 aprile 2001 ad Old Trafford va in scena il derby di Manchester e Keane torna a confrontarsi con Haaland. Passano 86 minuti di gioco senza problemi, poi Keane decide che è arrivato il momento di agire: l’irlandese entra direttamente sul ginocchio del malcapitato Haaland, che resta a terra gravemente infortunato.
Cinque giornate di squalifica e 150.000 sterline di multa la punizione. Questo il modo in cui Keane spiegherà la vicenda diversi anni dopo, all’interno della propria biografia: “Avevo aspettato abbastanza. L’ho colpito dannatamente forte. La palla era là (credo). Beccati questo, str***o. E non provare mai più a ghignarmi in faccia che sto simulando un infortunio”.
Si tratta, probabilmente, della faccenda più eclatante avvenuta nella carriera dell’ex numero sedici del Manchester United riguardo alla sua fama di duro; di certo, non mancano altre chicche. Gli scontri con Patrick Vieira, quando quest’ultimo militava nell’Arsenal, ad esempio, sono entrati nella storia.
Nel 2005 si rischiò di arrivare allo scontro fisico tra i due addirittura prima di scendere in campo; mentre le squadre stavano per entrare sul terreno di gioco del leggendario Highbury ed erano ancora nel tunnel, infatti, le telecamere ripresero un accenno di rissa, con Keane fermato soltanto dall’arbitro Graham Poll prima di arrivare a contatto con il francese.
Un duro soltanto con gli avversari, si dirà. Macché. All’interno della propria biografia, lo stesso Keane ha raccontato un violento corpo a corpo con un altro pezzo di storia dei Diavoli Rossi: l’ex portiere Peter Schmeichel.
“Ho litigato con Peter nel 1998, appena dopo che ero tornato dal mio infortunio al crociato. Se non sbaglio eravamo ad Hong Kong, e avevamo bevuto. Lui disse: ‘ne ho avuto abbastanza di te, è ora che la risolviamo’. Così io gli dissi ok, e ci siamo menati. Durò circa 10 minuti, e ci fu un gran casino, Peter è un tipo bello grosso. Mi sono svegliato la mattina seguente. Mi ricordavo vagamente della rissa. Una mano mi faceva davvero male, e avevo un dito piegato all’indietro. Mentre eravamo sul bus tutti parlavano di una rissa in hotel la notte prima. Cominciai a ricordarmi. Nel frattempo Nicky Butt mi raccontò cosa fosse successo. Butty mi descrisse la rissa. Peter mi aveva afferrato, e io gli avevo dato una testata. Abbiamo combattuto per anni.”
Oggi Roy Keane è il vice-allenatore della nazionale irlandese e non riesce a capacitarsi del fatto che l’intero mondo calcistico sia rimasto sorpreso dall’enorme quantità di abbracci dispensata al termine della partita contro l’Italia che ha permesso all’Eire di qualificarsi agli Ottavi di Finale (persi contro la Francia padrona di casa dopo aver rischiato un’impresa clamorosa).
“L’abbraccio col tecnico Martin O’Neill? Sono uno che abbraccia sempre, anche in famiglia o con i miei amati cani!”, queste le parole di Keano, stupito dal clamore suscitato dalla vicenda.
Incalzato dai cronisti durante la conferenza stampa, Roy Keane ha poi aggiunto: “Quanto caos per una faccenda così banale. Eravamo soltanto felici e stavamo festeggiando. Si chiama felicità e dovreste sforzarvi di provarla anche voi qualche volta”
“Martin lo ha chiarito un sacco di volte. Abbiamo un rapporto professionale in cui c’è grosso rispetto da entrambe le parti ma non siamo amici intimi, ci teniamo in contatto, ovviamente, però non andiamo a mangiare insieme”. Perché vanno bene gli abbracci, ma Keane resta sempre Keane e, come cantavano i tifosi dello United, there’s only one Keano.