Un aspetto poco conosciuto, ma sempre più presente nell’universo del tifo in Italia è quello dei gruppi di sostenitori di squadre straniere. Per parlare di questo particolare mondo abbiamo intervistato per voi Lorenzo Rossi, esponente del tifo inglese in Italia da ormai quarant’anni e che ha fatto della sua passione anche un modo per superare la sua diversa abilità.
Lorenzo facci una tua breve scheda.
Sono nato nel 1968 a Cormons, in provincia di Gorizia. Sono diversamente abile dalla nascita: dopo un parto prematuro un errore di chi si occupava delle incubatrici mi ha causato una mancanza di ossigeno al cervello che ha distrutto i centri nervosi che governano la possibilità di camminare. Poco tempo dopo la mia nascita la famiglia si è trasferita a Pordenone, per via del lavoro di mio padre, barman all’interno della base Nato di Aviano.
E in questo quadro come nasce la tua passione per lo sport inglese?
Il, chiamiamolo primo colpevole, di questa mia passione è Kevin Keegan, la seconda mezzala più forte d’Europa dopo Johan Cruijff in quel momento. Lo vidi giocare alla televisione quando ero in terza elementare e mi piacque molto, aveva un estro nel gioco avanti dieci anni sugli altri, inoltre il lavoro di mio padre, che portò in casa la lingua inglese e mi consentì di impararla molto presto aiutò molto questa passione a crescere e a diventare multidisciplinare, andare cioè oltre il calcio e allargarsi ad altri sport.
Sei tifoso di una squadra in particolare?
Per quanto riguarda il calcio sono un sostenitore soprattutto della Nazionale inglese. Seguo la Premier League e faccio il tifo per tutte le squadre di club inglesi impegnate nelle coppe europee. In seguito mi sono appassionato alla Nazionale inglese di Rugby, a quella britannica di Tennis in Coppa Davis e a tutti gli atleti olimpici britannici. Ho particolarmente amato anche molti piloti di Formula Uno, Nigel Mansell su tutti, attualmente seguo tanto Lewis Hamilton.
Come era vista dai tuoi coetanei questa tua diversità nel tifo, visto anche che ti trovavi già a dover gestire il fatto di essere diversamente abile?
Io vedo le due cose abbastanza scisse, la mia disabilità è un insieme di problematiche che vivo ogni giorno e che quando posso risolvo da solo, quando non posso vengo aiutato, ma sono problemi miei, o comunque “nostri” che restano cioè nell’ambito della mia famiglia e dei miei cari, se invece qualcuno mi osteggia per il mio modo diverso di tifare invece è un problema suo, cioè di chi ha difficoltà ad accettare questo mio aspetto. L’essere però conosciuto tra i miei coetanei come “il ragazzo che tifa inglese” invece che come “il ragazzo in carrozzina” è stato qualcosa che io ho vissuto positivamente, anche se certo è costato lotte: allora come ora una squadra inglese non può perdere una gara internazionale, perché nei rapporti interpersonali quand’ero ragazzo e ora anche sui social non appena succede sono soggetto ad attacchi e prese in giro. Io però ho sempre tenuto testa a tutti, e lo faccio ancora visto che la mia è una passione vera che non è scemata nel corso degli anni e ciò è riuscito a insinuare nel cervello di chi mi conosce che io sono il tifoso inglese, e questa è una vittoria per me perché pensando a me non si parte dal mio status fisico ma dalla mia passione sportiva.
C’è una comunità di tifosi inglesi in Italia?
Sì. L’avvento sia del web che delle televisioni a pagamento, e ancor prima da Telemontecarlo che negli anni Ottanta iniziò a trasmettere la FA Cup, ha iniziato ad appassionare sempre più persone. I motivi sono i più diversi, ci si può innamorare di un giocatore, come capitò a me con Keegan, o dell’atmosfera del calcio inglese, del suo contorno, e tutto questo ha fatto nascere un buon seguito per le squadre più blasonate della Premier League e anche diverse minori, creando delle vere e proprie comunità di tifosi italiani che seguono squadre inglesi organizzando anche trasferte : Liverpool Italia ad esempio è riconosciuto come branchia italiana ufficiale dei sostenitori italiani del club.
Immagino però che diversamente da te che sostieni tutto il movimento inglese questi gruppi siano divisi tra loro.
Esattamente. Le rivalità in Inghilterra sono molto forti e anche in Italia sono sentite. Io ho spesso offerto la mia esperienza collaborando con queste comunità, ma spesso ne sono uscito male, addirittura bannato da gruppi Facebook, proprio per la mia imparzialità, mi è successo coi tifosi del West Ham per esempio, per aver difeso Frank Lampard passato al Chelsea. Continuo comunque a collaborare con due radio, una tradizionale e una sul web, nella prima intervengo in una trasmissione dedicata al calcio inglese ogni qual volta si parla di nazionale, nella seconda conduco una trasmissione settimanale dedicata a tutto il mondo sportivo britannico, non solo al calcio.
So che sei stato spesso a Wembley per seguire le partite della tua amata Nazionale inglese. Ci descrivi l’esperienza?
Sono andato spesso, sempre accompagnato, visto il mio stato, da una “tifosa indotta”, mia madre, che a volte urla anche più di me…Sono iscritto dal 1999 all’unica associazione riconosciuta dalla FA per poter prenotare i biglietti, sia a Wembley che in trasferta, anche se io vado solo alle partite casalinghe dove mi sento più sicuro. Vado circa ogni anno e mezzo, e ho sempre assistito a gare di qualificazione o mondiale od europea. Acquisto i biglietti telefonicamente attraverso una linea dedicata ai supporters diversamente abili, e ho visto entrambi gli stadi, il vecchio Wembley demolito nel 2000 e quello attuale. Nel vecchio impianto i posti nel settore riservato ai disabili erano cento, e si stava anche piuttosto stretti, mentre con la nuova costruzione sembra sostanzialmente di stare a teatro, diversi settori hanno delle terrazze riservate dove ogni spazio per la carrozzina è affiancato da un sedile di colore rosso per l’accompagnatore e per qualsiasi cosa siamo assistiti dagli steward. La visuale è ottima e si può vivere appieno l’atmosfera incredibile, quasi magica, di uno degli stadi più famosi del mondo. Da spettatore sono… imbattuto, nove vittorie e tre pareggi nelle dodici partite cui ho assistito dal vivo finora.
Una storia quella di Lorenzo e della sua passione “inglese” che ci insegna che quando lo sport è vissuto come piace a noi: pulito e attento ai valori veri, non esistono diversi e non esistono barriere.