La storia si colora, nella sua maestosità, di date. Alcune sfumate, opache, per niente nitide insomma. Altre invece splendenti, come le più belle stelle del firmamento, quella che staresti a fissare per ore nella notte. A metà tra queste due tipologie, si instaura la data di oggi. Già, oggi. 15 aprile 2017, si fa semplicemente la storia. Del calcio, ma non solo.
A San Siro si affrontano Inter e Milan per la prima stracittadina che vede entrambe le società guidate da presidenti cinesi. Se da parte nerazzurra ormai non è più una notizia, con il club di via Durini che ha avuto già modo di vivere gioie e dolori derivanti da ormai 12 mesi della gestione a tratti illuminata a tratti rivedibile di Zhang Jindong, sul fronte rossonero si tratta di una novità freschissima. È infatti nella serata di giovedì, a meno di 48 ore per intenderci, che finisce, dopo oltre 30 anni (era iniziato tutto il 20 febbraio 1986) l’era Berlusconi, semplicemente il ciclo più vincente che il calcio possa ricordare. E tutto ciò che ne consegue, sono dubbi, aspettative, nostalgia, ed un pizzico di spaesamento per la perdita di una guida che ultimamente forse non era più vigile e nemmeno tanto efficace, ma che si sapeva di poter trovare, sia per conforto, sia per una strizzatina di orecchie.
Sono stati due passaggi diversi ma a tratti simili quelli dei 2 club, da proprietari storici, a imprenditori, investitori, che invece di un affare di famiglia, di una questione tutta italiana, intravedono in Milan ed Inter due occasioni di marketing, due miniere d’oro. Il calcio trasformato in un business insomma, in una frase che sembra la logica conseguenza della società in cui viviamo, ma che non può che far storcere il naso ai tifosi. Perché, ricordiamoci, si parla pur sempre di 2 tra i club più gloriosi del calcio italiano nonché di quello europeo. E perché, in ogni caso, senza scomodare la storia, domani è comunque un derby. Anzi, senza offesa per quello della Mole, della Lanterna, e della capitale, ma domani c’è IL derby, quello della Madonnina. E in quanto tale, ha sempre un gusto speciale.
“Ho giocato tanti derby ma quello di Milano è un’altra cosa. Una città sola con due squadre ricche di storia che giocano nello stesso stadio. È una cosa che, insieme a tante altre, fa di questa partita qualcosa di unico”. E se lo dice uno come Ricardo Kaka, c’è da crederci. Tanti i campioni che hanno reso questo derby unico, dal brasiliano ad Andriy Shevchenko, che è il giocatore che ha segnato più gol nella storia della stracittadina (ben 14 volte). E poi ancora Adriano, Milito, ma anche Altafini e Baresi, per tornare indietro nel tempo ma non troppo. Non sono mancati i tradimenti, come quelli di Meazza, di Ronaldo, di Ibrahimovic. Insomma, come nelle migliori storie, il pathos è da sempre a livelli inenarrabili, e non potrebbe essere altrimenti. Dalla diatriba ideologica e culturale tra i bauscia interisti e i casciavit milanisti non poteva che nascere rivalità che nel campo e fuori sono destinate ad emozionare. Sempre. anche dopo anni in cui le due squadre sono lontane dai palcoscenici più importanti, quelli che gli competono per intenderci. Anche quando, invece di giocarsi lo scudetto, Milan ed Inter si fronteggiano per il sesto posto, che significa preliminari di Europa League. Il derby di Milano è e rimarrà sempre qualcosa di speciale, a sé. Anche alle 12:30.
“Giocare all’ora di pranzo mi fa schifo”, ha detto Maurizio Sarri non troppo tempo fa. Un’uscita che non fa notizia se si parla del tecnico del Napoli, ma che riaccende la disputa su un tema che ha sempre creato non poche perplessità. Ma quando dall’altra parte del globo, hai tutto un Paese (e che Paese) che potrebbe apprezzare e gioire, oppure rodersi e disperarsi, insomma tifare, guardando una partita italiana, in un orario comodo (o no?) a tutti anche qui da noi, le chiacchiere servono solo a dare valore ai microfoni. Certo, il derby dà tutta l’impressione di diventare un prodotto, messo in vetrina in un orario in cui difficilmente il cliente potrà resistere dal farci un pensiero, ma tant’è, per rivivere i fasti della Milano calcistica, siamo pronti anche a questo. I soldi muovono tutto, si sa, e il calcio, per quanto voglia mantenersi pagina romantica e spensierata, non può sottrarsene. Si può solo sperare che non venga svilito, che ne colga il meglio, traendone vantaggi quando può e schivando i proiettili rischiosi del diventare un affare di chi vuole incassare prima che emozionare.
Il derby. Tante cose sono state dette su questo, altrettante, se non di più, saranno dette. Tanti sono i ricordi che suscita anche solo pensare alle curve pronte a darsi battaglia a suon di sfottò. Viene la pelle d’oca solo ad immagine San Siro addobbato a festa, perché questo è il derby di Milano. Una festa, per il calcio, ma non solo. Almeno così siamo abituati, e le abitudini, si sa, per rimanere piacevoli devono cadere nel dimenticatoio. Domani cambieremo le nostre, o almeno così sembra. Anche se, a pensare ad un derby diverso da una questione di calcio, lontano da un affare tutto italiano, difficilmente ci abitueremo mai. Però, pare che le stelle lo avevano detto e predetto. bastava guardare il calendario. Questo in Cina è l’anno del pallone…