“Ci sono certe cose per cui vale la pena di vivere. Per esempio. Ok. Per me… io direi… il buon vecchio Groucho Marx tanto per dirne una, e Joe DiMaggio e… il secondo movimento della sinfonia Jupiter… Louis Armstrong, l’incisione Potato Head Blues… i film svedesi naturalmente… L’educazione sentimentale di Flaubert… Marlon Brando, Frank Sinatra, quelle incredibili… mele e pere dipinte da Cézanne, i granchi da Sam Wo, il viso di Tracy…”
La scena può essere la stessa, per qualunque tifoso del Napoli sotto i 25 anni. Napoli-Real Madrid è una di quelle cose per cui vale la pena di vivere. E’ difficile da spiegare, irrazionale forse. Il Napoli è un’ottima squadra, allenata benissimo, con alcune eccellenti individualità, ma il Real è oggettivamente di una superiorità imbarazzante. Campione d’Europa in carica, che arriverà allo scontro col Napoli probabilmente con la Liga in tasca, il titolo mondiale ed il Pallone d’Oro in carica, il Napoli FORSE riavrà Milik al massimo, se è fortunato. No, è Davide contro Golia.
E con ciò?
Ci sono dei momenti per cui vale la pena di vivere, come andare in Champions League e beccare la più importante squadra del mondo. La squadra a cui tutti fanno testo, a cui tutti ambiscono ma queste sono cose filosofiche più che altro, come l’idea che per diventare i migliori, serva battere i migliori.
Cosa differenzia questo Napoli-Real Madrid (fa tremare solo a scriverlo seriamente, di solito lo si legge alla Master League o su Football Manager) per un tifoso del Napoli Over 30 da un tifoso Under 25?
Noi giovanotti gagliardi cresciuti nel nuovo millennio, ci siamo abituati al mito di Schwoch, Stellone, con Sesa e Dionigi, con Ruben Pasino presentato come grande acquisto. Noi bimbi ad inizio millennio non facevamo neanche in tempo ad innamorarci di un mediano cattivissimo come Husain che ce lo ritrovavamo venduto al River Plate, poi ricomprato, poi rivenduto. Abbiamo subito l’onta del fallimento. Mentre gli amici esultavano per le finali tra Juventus e Milan in Inghilterra, ti andavi a controllare i risultati del Cosenza sul televideo per non retrocedere dalla B alla C. Ad un certo punto a noi piccoli tifosi toccò tifare per il Liverpool nel 2005 per avere, una volta nella nostra giovane vita, la forza di prendere in giro gli amichetti milanisti, ma tutto sommato loro rispondevano candidamente che mentre loro perdevano la Champions più rocambolesca della storia, noi eravamo in Serie C. Kakà e Maldini contro Ignoffo e Mora. Non c’era competizione.
Non basta perché non erano solo i compagni di scuola, c’era altro. Ogni uomo sopra i 30 a Napoli afferma di aver visto quel Napoli-Real Madrid del 30 settembre 1987, quindi nonni, padri, cugini, zii, amici di famiglia, oltre agli estranei. Spuntano biglietti da ogni parte, si ricordano per filo e per segno il gol di Francini, quella bellissima illusione, e gli errori di Careca e Giordano, si ricordano tutto, c’erano. Quanto era forte Butragueño e poi ovviamente c’era Maradona. Tu giovane under 25 napoletano, puoi raccontare con gioia quella rovesciata al 120′ di Paolo Cannavaro con il Napoli passato dalla C alla B che batte la Juventus dei Campioni del Mondo retrocessa a tavolino. Non c’era storia.
Allora ben vengano i Napoli-Real Madrid, ad ogni occasione. Perché sono momenti per cui vale la pena di vivere. Perché questo è lo sport: è la gioia di sognare, anche solo per una notte. Che poi a Napoli non è così. Già si sogna. Madrid sarà come Stoccarda ai tempi della UEFA, tutta azzurra, si parlerà napoletano e si mangeranno le zeppolelle a Puerta del Sol mentre si farà finta di prendere una mela annurca dal Corbezzolo come fa l’orso. Non si può capire, se si è cresciuti nell’Inferno, cosa può significare veder il nome della propria squadra del cuore estratto dopo la squadra di Di Stefano e Puskas, di Raul e Casillas. Calcare il campo su cui Milito e Sneijder piegarono i colossi del Bayern prima che Materazzi e Mourinho si abbracciassero in una foto simbolo dello sport di questo millennio, calcare il campo in cui Tardelli esplose di gioia e Nando Martellini ripeté per 3 volte la frase più dolce di tutti gli sport, lì dove la Fiorentina si fermò, nella finale della II edizione di questa competizione. Correva l’anno 1957. Ma non solo, perché poi alla penultima Champions vinta dal Real, 3 anni fa, il Napoli aveva ancora in squadra calciatori come Doblas e Mesto, come Bariti e Colombo. Grandi professionisti certo, ma fa un certo effetto.
No, non si può capire l’emozione e la gioia di trovarsi sul lungomare più bello del mondo insieme a Cristiano Ronaldo e Zizou Zidane, che finalmente, per una volta, anche noi Under 25 potremmo dire “Sì, io c’ero“. Proprio perché ci sono delle cose per cui vale la pena di vivere.