“Con l’Aquila nel cuore”: Lì, dove il bianco e il celeste si incontrano
La grande storia dell’aquila simbolo della Lazio è racchiusa in un libro.
L’aquila. Una storia racchiusa in un libro di quasi duecento pagine. L’aquila, un simbolo dalle origini antiche che ha attraversato i secoli: dai babilonesi agli antichi egizi, dai grandi regni dell’antichità all’antica Roma dove arriva ad identificarsi con il destino stesso dell’impero: l’aquila diviene simbolo unico delle legioni romane per iniziativa di Caio Mario. Custodita gelosamente in accampamento, venerata come una divinità, l’aquila marciava in testa alla colonna. La sua perdita, durante uno scontro, era un disonore che poteva condurre fino allo scioglimento della legione. L’aquila, da Napoleone Bonaparte alle grandi potenze dei giorni nostri.
Il libro, “Con l’Aquila nel cuore”, rappresenta un viaggio complesso e affascinante per uno degli emblemi più complessi dell’intero panorama araldico. Rappresentazione di regalità e potenza, rinascita e fierezza. E racconta l’aquila e il suo rapporto con la Lazio che lo ha adottato all’alba del vecchio secolo, quando l’irrefrenabile voglia di sport di un gruppo di ragazzi ha regalato a Roma quella che, un secolo più tardi diventerà la polisportiva più decorata d’Europa. 9 gennaio del 1900: per partecipare a una gara podistica serve una società, e allora nove giovani atleti decidono di fondarne una. La storia ci consegna Luigi Bigiarelli, come fondatore. È un bersagliere, reduce dalla sanguinosa battaglia di Adua e dalla disfatta contro le truppe di Menelik. La Lazio sceglie i colori della bandiera greca, il bianco e celeste, omaggio alla patria delle Olimpiadi, che quattro anni prima hanno visto nuovamente la luce. L’aquila è suggerita dai soci che pensano a un legame con l’antica Roma e promossa dal presidente Fortunato Ballerini: appassionato escursionista, che nei primi anni è una delle discipline più famose e praticate. Vede l’aquila volteggiare, lassù, dove il bianco e il celeste s’incontrano. Ne ammira la fierezza, l’eleganza, e decide che bisogna adottarla sullo stemma sociale.
La grafica, che nei decenni risente delle mode, poco o nulla può sull’aquila. Le sue ali spiegate valicano le epoche e le fasi storiche. A guardia dell’Idea.
La prima volta in cui si ha traccia dell’aquila associata al pianeta Lazio è il 1911 quando un carteggio tra la società e il Comune di Roma (l’oggetto era l’assegnazione di un terreno dove sorgerà il campo della Rondinella, primo stadio di proprietà del calcio capitolino) svela l’aquila vicino all’intestazione sociale.
Nella stagione 1914-15, quella ricordata per uno scudetto oggi rivendicato e per il sangue di tanti atleti offerto alla Patria, lo stemma fa, invece, la sua prima comparsa sulle maglie. Sarà presto accompagnato dal titolo di Ente Morale.
La Lazio spazia in ogni disciplina. La sua storia viaggia in parallelo con quella dello sport romano, del costume, della politica, della cultura: tra i soci spicca, ad esempio, Grazia Deledda, premio Nobel per la letteratura nel 1926, laziale della Filodrammatica. Persino il giovanissimo Umberto di Savoia, destinato a una reggenza difficile, è boyscout e fa movimento con la Lazio nella sezione Escursionismo. Con lui è socia della Lazio anche la sorella, Mafalda, la principessa coraggiosa che morì a Buchenwald. Solo esempi, alle origini, della completezza multidisciplinare del sodalizio che, oggi, conta settanta sezioni sportive per circa 90 discipline praticate e diecimila atleti che, ogni giorno, si allenano con l’aquila sul petto.
Il legame tra il simbolo e la gente è un altro segno distintivo e diventa negli anni sempre più stretto. Diviene parte delle scenografie. Campeggia sui drappi che coprono la Curva Nord, notti senza sonno, vernice e passione per realizzare spettacoli che fanno il giro del mondo come quando un prestigioso marchio internazionale, la CocaCola, ne fece la sua campagna pubblicitaria o quando un telone immenso ha riportato fedelmente il volto dell’aquila accanto a quello di un suo figlio prediletto, Gabriele.
L’aquila stilizzata del 1982 è un vero e proprio “marchio”. Simbolo di identità, aumenta il senso di appartenenza. La “maglia bandiera” torna in auge a furor di popolo. Arriva perfino a coprire tutta la Tevere, per iniziativa di vecchi e mai domi tifosi. Viene all’Olimpico perfino un “aquilifero” dei giorni nostri con Olympia – nome dato in omaggio a quei giorni lontani della fondazione – che vola allo stadio, prima delle partite. Le grandi vittorie vengono festeggiate sul tartan con un’aquila tra i giocatori.
Il libro, curato da Fabio Argentini e Luca Aleandri, voluto dalla Lazio e distribuito in edicola con il Corriere dello Sport, ripercorre tutto questo.
Dalle origini del simbolo ai suoi significati araldici. Dalla maglia bandiera a Olympia. Le storie dei club che condividono con la Lazio il vessillo dell’aquila. Gli stemmi, dal 1900 a oggi, e i grandi eventi della storia biancoceleste, in campo, sugli spalti, nella città. Le interviste ai protagonisti di chi l’ha indossata, sul cuore. La grande storia di un simbolo: dalle radici lontane ma dal cuore sempre giovane.