Due chiacchiere con l’Avvocato Alberto Foggia per parlare del suo libro “Il nuovo Codice di Giustizia Sportiva FIGC – Istruzioni per l’uso”.
Avvocato, il nuovo codice è molto più articolato del precedente, può illustrarci brevemente alcune delle novità?
Il nuovo Codice di Giustizia Sportiva, entrato in vigore nel giugno 2019, è – in effetti – ben più articolato rispetto alla precedente versione (142 articoli a fronte di 50) e le norme sono ora più chiare e ben armonizzate col contesto fattuale e giuridico; norme che, fra l’altro, ho commentato una per una ricorrendo alla giurisprudenza formatasi e così richiamando casi pratici. Del resto molte sono state le novità, ma ne citerò solo alcune.
A partire dalla nota responsabilità oggettiva che ha trovato per la prima volta, in modo chiaro ed esteso a diverse fattispecie, una possibilità di mitigazione ed anche di esclusione con l’art. 7 del nuovo Codice che prevede tali benefici in caso di adozione da parte del club di modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei, efficaci ed effettivi.
Riguardo al processo sportivo, il Codice offre ora – rispetto al passato – maggiori garanzie di “armi pari” fra accusa e difesa, fissando ad esempio precisi termini per la Procura Federale per l’iscrizione nell’apposito registro di atti e fatti rilevanti non appena avutane notizia, nonché per lo svolgimento delle successive indagini.
Altra novità rilevante concerne le informative che devono essere contenute, a pena di inutilizzabilità degli atti eventualmente assunti, nella convocazione per l’audizione della persona sottoposta a indagini:
a)- che la stessa è, appunto, persona sottoposta ad indagini;
b)- che ha il diritto di essere assistita da persona di propria fiducia in sede della sua audizione.
Significativa ancora è la specifica indicazione della perentorietà di tutti i termini, così non lasciando, rispetto al passato, incertezze in merito alle parti.
Il Codice di Giustizia Sportiva FIGC, come del resto altre disposizioni che riguardano il mondo sportivo calcistico, sembrano accorpare in sé vari ambiti (dal civile al penale al diritto amministrativo). E’ corretta questa sensazione?
Assolutamente sì, infatti il Codice in tante sue norme evidenzia chiaramente di essersi ispirato a varie branche del diritto; si pensi esemplificativamente:
- a) alla figura del patteggiamento contemplata però sia prima che dopo il deferimento;
- b) alle circostanze attenuanti, aggravanti, al concorso di circostanze ed alle valutazione delle stesse in caso di sanzioni;
- c) alla Procura Federale ed al suo funzionamento;
- d) al funzionamento del grado di appello molto simile a quello del procedimento amministrativo;
- e) alla pacifica applicazione di norme del codice di procedura civile, tra le quali il noto istituto della non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c..
Al contempo, però, il processo sportivo ha una sua propria identità come si evince dalla prova che in tale sede non viene richiesta “al di là di ogni ragionevole dubbio”, che connota invece la responsabilità penale in senso stretto.
Complice probabilmente il covid, stanno nuovamente emergendo i noti casi di cosiddetto “doping amministrativo”; ci spiega di cosa si tratta e come si muove la giustizia ordinaria e sportiva?
Il “doping amministrativo” (o “plusvalenze gonfiate”) consiste nella valutazione spropositata (e comunque non rispondente a realtà) che il club fa di un calciatore che va a vendere o a scambiare.
Questo modus operandi consente – ovviamente – alla società di trarre vantaggi di bilancio (e non solo), falsando però la realtà e così esponendosi a conseguenze sia da parte della giustizia ordinaria che di quella sportiva.
Il problema pratico che è emerso in merito sia in sede penale che sportiva attiene il criterio da applicare alla valutazione dei calciatori, tant’è che alcuni procedimenti penali non hanno avuto seguito appunto per l’impossibilità materiale di individuare un parametro certo ed adeguatamente condiviso per il calcolo del valore dei diritti di cessione dei calciatori.
Questo lungo periodo di emergenza ha messo in ginocchio grandi e piccole società sportive (ne è un esempio il recente caso Chievo, schiacciato dai debiti, cancellato dal calcio). Ma soprattutto tante piccole società anche nel calcio dilettante che hanno accumulato passività e sono alla ricerca di salvagenti; c’è una soluzione?
Ritengo di sì e questa è rappresentata dalla procedura di sovraindebitamento (anche nota come la cosiddetta legge salva suicidi, ovvero la legge n. 3/2012). Tale normativa prevede che i soggetti non fallibili (ovvero con un attivo patrimoniale inferiore ad euro 300.000, ricavi lordi inferiori ad euro 200.000 e debiti inferiori ad euro 500.000 nell’ultimo triennio) possano anche azzerare le proprie passività, spesso stralciando anche in modo assai consistente i debiti accumulati con chicchessia.
A questa procedura possono accedere anche le società e associazioni sportive riconosciute e non (per queste ultime anche i loro Presidenti o, in ogni caso, coloro che hanno contratto le obbligazioni per l’associazione, che sono con esse solidalmente responsabili).
Pertanto, facendo ricorso ad un professionista iscritto presso l’Organismo di Composizione della Crisi competente per territorio, tanto le persone fisiche che le società e associazioni possono proporre ai creditori una proposta di accordo di pagamento dell’esposizione (a rate o per parte di essa, senza intaccare necessariamente l’intero patrimonio posseduto), oppure liquidando tutto ciò di cui dispongono (beni immobili, mobili registrati, una quota dello stipendio), ovviamente riservandosi quanto necessario – per la persona fisica – per condurre uno stile di vita dignitoso per sé e per i propri familiari conviventi.
In alternativa il Presidente dell’associazione non riconosciuta può anche ricorrere al piano del consumatore, che presuppone che i debiti contratti siano estranei all’attività professionale o imprenditoriale svolta. Importanti in questo caso sono le modifiche apportate nel 2020 per l’accesso a tale tipo di procedura in quanto in precedenza il requisito era rappresentato dalla “meritevolezza”, ovvero dall’assenza di colpa nell’indebitamento – spesso di non facile dimostrazione -, mentre adesso è sufficiente comprovare l’assenza di colpa grave, malafede e frode.
Altra tematica di attualità è il trust Salernitana, come funziona e quali scenari prevede?
Il trust è un istituto giuridico per cui il proprietario trasferisce dei beni ad un trustee affinché li amministri nell’interesse di uno o più beneficiari oppure per altro specifico scopo.
Nel caso della Salernitana, alla luce del conflitto di interessi in capo alla “Presidenza Lotito”, è stato concepito ed istituito positivamente un trust con la precipua finalità di ottenere l’iscrizione al campionato di serie A e quindi di traghettare la società verso la cessione a terzi entro una determinata scadenza (31 dicembre del corrente anno). Il che ha consentito e consentirebbe di superare il conflitto di interessi che si era creato anche alla luce della finalità della FIGC di porre fine alle multiproprietà nel calcio.
Ed ora spetta ai trustees riuscire a concretizzare quelle manifestazioni di interesse già loro manifestate per evitare le inevitabili conseguenze a carico del club, ivi compresa quella di essere esclusa dal campionato in corso.
E per fare ciò i trustees dovranno comunque tener conto dei dettati normativi che impongono loro di vagliare e verificare, tra gli altri, la sussistenza degli specifici requisiti di onorabilità e di solidità finanziaria previsti dall’art. 20 bis delle NOIF.