A Liverpool è nata una società di calcio che potrebbe rivoluzionare il mondo dei fan-owned football clubs d’Oltremanica. La terra natale del calcio è stata la culla del movimento internazionale che vede i tifosi attivi in prima linea nel gestire democraticamente la squadra di calcio di cui sono proprietari. Tuttavia, il neonato City of Liverpool FC presenta delle caratteristiche finora inedite in terra inglese.
È nato nel settembre 2015, quando un gruppo di tifosi di entrambe le squadre della città ha deciso che fosse arrivato il momento di fondare un club basato inclusivamente su una comunità, amministrato dal basso, che accogliesse la voglia di fare degli appassionati e che riaccendesse la passione di tifosi da troppi anni trattati solo come clienti. Grassroots football, direbbero con un’affascinante espressione gli inglesi.
Il sogno ha preso forma e, come in tutti i processi del genere, si sono susseguite assemblee, proposte, decisioni. I soci hanno scelto il nome e i colori, l’entità delle quote associative (10 sterline gli adulti, 5 giovani e anziani, 1 i bambini) e con l’aiuto di Supporters Direct sono riusciti ad essere riconosciuti come Community Benefit Society, una sorta di associazione di promozione sociale.
Nelle ultime settimane, poi, hanno stretto l’accordo per giocare la stagione 2016/17 al Delta Taxis Stadium, nei sobborghi di Liverpool. Ma, come hanno promesso i dirigenti alla stampa, dalla stagione successiva il City of Liverpool giocherà dentro i confini della città, dove al momento non sono presenti strutture adatte ad ospitare un club di livello non professionistico.
Per capire cosa distingue il City of Liverpool dalle altre decine di club ad azionariato popolare attivi in Inghilterra, bisogna dare uno sguardo complessivo al movimento inglese dei fan-owned clubs. A tale proposito, è molto utile la classificazione ideata dal sito billsportsmaps.com, che li ha censiti e mappati. Fino ad oggi, nella terra del football sono esistiti tre tipi di club ad azionariato popolare.
Il primo tipo, certamente il più famoso, è quello dei protest clubs: sono società sportive fondate da tifosi che, insoddisfatti per la gestione della propria squadra del cuore, ne hanno creata una in cui mettono in campo i valori e la passione alla base del loro modo di tifare. Il FC United of Manchester e l’AFC Wimbledon sono senza dubbio gli esempi più conosciuti, ma anche i tifosi del Liverpool hanno fondato una propria squadra di protesta, l’AFC Liverpool.
Il secondo tipo è quello dei phoenix clubs, le squadre che, come fenici, sono risorte dalle proprie ceneri grazie all’attivazione dei tifosi: a Londra il Fisher FC ne rappresenta un esempio.
Infine, ci sono i supporter-buyout clubs, squadre che sono state acquistate da associazioni di tifosi in seguito a momenti di crisi. Sicuramente più simili al secondo che al primo tipo, ne è un esempio il Portsmouth FC, che dopo l’acquisto da parte del Pompey Supporters Trust è divenuto il più grande club inglese ad azionariato diffuso.
Il City of Liverpool Fc non può essere incluso in nessuna di queste categorie. Come hanno più volte dichiarato i dirigenti, il nuovo club non ha lo scopo di protestare contro Liverpool o Everton. Anzi, mentre tutti i club posseduti dai tifosi in Inghilterra si ricollegano ad una società esistente (contestandola o comprandola) o esistita (rifondandola), il neonato City of Liverpool è semplicemente un progetto in cui si parte da zero.
E così è stato per il nome: dopo un’attenta discussione delle proposte, si è scelto di adottare quello che riprende il nome dell’area metropolitana di Liverpool. Lo stesso vale per la scelta del viola come colore sociale: è il colore ufficiale della città, ma anche la fusione tra il rosso del Liverpool e il blu dell’Everton.
Siamo dunque di fronte a un nuovo modello per tutta l’Inghilterra che forse, per la prima volta, si troverà a dover guardare all’estero per trovare delle esperienze pregresse nel settore. Squadre fondate da zero come il City of Liverpool sono infatti già da anni attive in Italia e Spagna, dove rappresentano forse la parte più in vista del mondo dell’azionariato popolare.
Tuttavia, non bisogna pensare che questa unicità del nuovo club lo allontani ideologicamente dalle altre squadre gestite dai tifosi. Gli obiettivi, dichiarati più volte alla stampa inglese, si inscrivono perfettamente nel grande movimento per un cambiamento sostenibile e dal basso del beautiful game. Uno scopo è quello di ridare agli appassionati di calcio di Liverpool buon calcio ad un prezzo abbordabile. Poi, quello di coinvolgere i tifosi in un progetto sportivo, perché, come ha dichiarato un dirigente al Liverpool Echo, “la globalizzazione della Premier League ha fatto sì che diventasse uno strumento di profitto per i proprietari dei club, mentre il sostegno dal basso e il supporto locale sono sempre più esclusi dai grandi club”. Infine, quello di valorizzare quanto più possibile i talenti locali, privilegiando i rapporti con le squadre giovanili amatoriali di zona, in attesa di formare un proprio settore giovanile, e quello di rappresentare la città di Liverpool nella sua totalità.
Il City of Liverpool è dunque un club totalmente nuovo, ma ben calato nella realtà e in opposizione ai modelli negativi della Premier League. Si rispecchia nei valori e nelle esperienze di club come il FC United of Manchester, ma la sua protesta è solo generale, senza riferimenti particolari ad altri club.
Insomma, è un club che si batte in maniera propositiva contro ciò che viene generalmente chiamato “calcio moderno”, ma che sarebbe più corretto chiamare “calcio-business”. Perché, in effetti, cosa c’è di più moderno di una squadra di calcio posseduta e gestita democraticamente dalla comunità dei tifosi?
FOTO: www.colfc.com