City Football Group, la longa manus degli sceicchi sul calcio
Agosto 2017. Il club spagnolo del Girona cambia di proprietà. La stessa holding che detiene il Manchester City acquista il 44% del club, un altro 44% viene rilevato dalla società di Perè Guardiola, procuratore e fratello del più famoso Pep. Il Girona viene acquistato per soli 6 milioni, una cifra irrisoria persino per comprare un calciatore di buon livello al giorno d’oggi.
Questa è solo una delle tante operazioni compiute dal City Football Group, il più grande colosso multinazionale mai visto nella storia del calcio. Il City Football Group è una holding che controlla l’87% del Manchester City e, oltre al Girona, altri club come il New York City, il Melbourne City, gli Yokohama Marinos e la squadra uruguayana del Torque. A sua volta, il City Football Group è controllata dall’Abu Dhabi United Group, il gioiello della famiglia reale dei Mansour, di cui bin Zayed Al Nahyan è il principale esponente. L’obiettivo di questo gruppo, in parte già riuscito, è quello di creare un franchising globale del calcio. Quello che i giornalisti britannici hanno definito come la nuova Coca Cola del pallone.
La Galassia City Group
“City” è una galassia al cui interno ruotano società di calcio, dirigenti, calciatori, medici, fisioterapisti, massaggiatori, talent scout e persino uffici stampa. Il piatto forte è ovviamente lo scambio dei calciatori all’interno di questo grande sistema solare, ma non solo questi. Anche tutte le loro informazioni. Ed è questo che ha del sensazionale. Dallo scouting alla selezione, passando per le analisi cliniche dei calciatori: viene impiegata la stessa metodologia e gli stessi dati in tutti i club controllati. Quando un giocatore, ad esempio del Melbourne, subisce un infortunio dalla diagnosi complicata, è possibile ricercare in un database comune se quel tipo di infortunio è occorso per esempio ad un giocatore del Manchester City in passato e se sì, come è stato affrontato e superato e quali sono i tempi di recupero.

Glocalization
Uno dei registi di questa macro-operazione è un volto noto del calcio europeo. Si tratta di Ferran Sorriano, CEO del Manchester City, ex vice-presidente e direttore generale del Barcellona per cinque anni. E’ da lui e Guardiola che partì il ciclo vincente dei blaugrana che ha sconvolto il calcio. Ora invece, sempre insieme a Pep, sta costruendo qualcosa di più grande ancora. Soriano e il suo entourage di esperti ha creato quella che alcuni definiscono: “Glocalization”, che in italiano potremmo brutalmente tradurre in “Glocalizzazione”, ovvero globalizzare un brand mantenendolo al tempo stesso locale. Essere presenti sul mercato asiatico e quello americano con negozi di kit e merchandising come la Disney, ma al tempo stesso mantenere radicata la propria presenza sul territorio d’origine. Manchester, New York, Melbourne, Yokohama, tutte queste città sono accomunate da unico brand, gli stessi colori e le stesse fonti da cui attingere per la selezione di staff e giocatori. Una worldwide power base che parte innanzitutto dai fan, che più lontani sono dal club e più sono fidelizzati.
Le mire espansionistiche
I tentacoli del City Football Group continuano ancora ad allungarsi. La holding ha annunciato la prossima espansione in Cina, dove ha ottimi rapporti con il presidente cinese Xi Jinping, appassionato di calcio e intenzionato a creare 50 mila scuole calcio nei prossimi dieci anni. A testimonianza di questo, il City Group è detenuto per il 13% delle quote da China Media Capital. Inoltre, altri club tra Sud America e Africa sono prossimi ad entrare nel network a tinte celesti.
Ma non è tutto oro quel che luccica. Alcune operazioni hanno lasciato a molti più di un dubbio sulla loro bontà. Un’inchiesta del giornale economico Forbes ha fatto luce sui conti della galassia City, ipotizzando un rigonfiamento delle entrate della stella più brillante, il club di Manchester, che avrebbe beneficiato di iniezioni di denaro da parte delle altre società facenti parte del bilancio consolidato. Si sospetta insomma che le spese del Manchester City, il giocattolo più costoso di cui è proprietario lo sceicco Mansour, siano state distribuite e sostenute dalle altre società appartenenti al City Football Group. Inside World Football ha definito il Manchester City la squadra più costosa di tutta la storia del calcio, con gli 878 milioni di sterline per assemblare la squadra attuale contro gli 805 del PSG.
Le auto sponsorizzazioni
Inoltre, il Manchester City riceve flussi di entrate importanti dalle sponsorizzazioni con Etihad, la compagnia aerea di Abu Dhabi, che paga sia per il proprio nome sulle maglie che per i naming rights dello stadio, nonché altri finanziamenti da fondazioni degli Emirati. Una sorta di auto-sponsorizzazione, dal momento che lo sceicco Mansour appartiene alla famiglia reale che governa gli Emirati Arabi Uniti. Le accuse sono arrivate anche da presidenti di club europei, come Andrea Agnelli, che ha definito senza mezzi termini la strategia del City Group un “Doping finanziario”. Neanche il numero uno della Liga, Javier Tebas, ci è andato morbido sul tema. Per lui, il Manchester City è uno dei “club di stato” che non brilla di luce propria bensì viene pompato con “soldi e petrolio dal Golfo”.
Dal bilancio del City Football Group (giugno 2017), risulta però una perdita di 71 milioni di sterline, quasi il doppio rispetto all’anno precedente (37 milioni). I manager del gruppo hanno additato la situazione finanziaria del New York City come causa principale della perdita. Nonostante le critiche sollevate, le indagini dell’Uefa non sembrano indirizzarsi verso il gruppo del City. L’ultimo rapporto Manchester City con la federcalcio continentale risale al 2014, quando i Citizens vennero sanzionati con una multa di 50 milioni di sterline per violazione delle regole sul Fair Play finanziario.
L’asse Abu Dhabi – Manchester
“Abu Dhabi non sta facendo questo perché ama Levenshulme (quartiere di Manchester dove ha sede il club biancoceleste ndr.) “ dice sulle colonne del Finacial Times Simon Chadwick, professore inglese di scienze economiche applicate al calcio: “Ma lo fanno per ottenere delle fonti di ricavi sostenibili e duraturi per i prossimi decenni, quando quelle derivanti da petrolio e gas non ci saranno più”.
A parte i ragionamenti economici, il City Football Group rappresenta ormai un modello della nuova generazione di business nel calcio. Non si tratta ormai di un semplice club con una proprietà ricca alle spalle, ma di un vero e proprio mercato interno in espansione verso i cinque continenti.
E così il vecchio caro presidente di calcio, con la sua azienda medio-grande, che decide di supportare la squadra che ama diventa solamente un lontano ricordo.