Come si diventa leggenda? Lavoro, sacrificio, certo. Ma se scali la montagna del successo da solo, è molto probabile che se ti azzoppi, in tanti ti supereranno ridendo e pasteggeranno sulla tua carcassa. Un cuore leale a volte aiuta. Aiuta ad esempio ad avere un buon sherpa, un portatore, che pur conscio che non sarà all’altezza del protagonista, lo affiancherà provando a fare di tutto, perché la leggenda non venga nemmeno minimamente escoriata.
I fatti, è storia recente che Federer abbia vinto il torneo di Wimbledon per l’ottava volta. Un mito assoluto. Ma la sua “miticità” è andata di pari passo con la sua mitezza. Tutto comincia da questa immagine. Lui è Marin Cilic. L’avversario, il degno sherpa. Marin arriva già alla finale dei “per forza bianco vestiti” già sbeccato. Ha problemi ad un piede. Ma vuole esserci, anche se dentro di lui sa già, lo dirà apertamente alla fine, che è difficile scontrarsi con “l’orologio svizzero Roger” da sani, figuriamoci da incrinati. Ma Marin fa il suo, lo fa fino in fondo e Federer gioca come sa. Solo che ad un certo punto, Marin ha più dolore nel poggiare il piede a terra che nel vedere il suo rivale tirare fuori colpi perfetti, di cui uno, forse, solo nell’Olimpo dei tennisti saprebbero fare.
Marin si ferma e si fa accudire dai medici, potrebbe lasciare lì, nessuno potrebbe dire nulla. A quel punto subentra un sentimento misto. Da un lato il rispetto verso un campione assoluto, il non voler rovinare la festa a chi quella festa l’ha creata colpo dopo colpo, dritto dopo rovescio. E dall’altro il non essere ricordato come “quello che si è ritirato mentre Federer stravinceva”, allora Marin riprende, Federer capisce e da ghepardo che sa di non dover infierire, decelera leggermente, quel tanto da non mancare di rispetto, ma che consente a Marin di portare avanti il match. Alla fine, mentre Roger piantava la bandiera sulla cima più alta, Marin aveva solo parole di ammirazione per lui, che considera un esempio, ma Federer su Marin parlerà quasi precedendo tutti e tutte le domande sulla vittoria, prima di tutto l’omaggio al suo prezioso sherpa, dicendo :
“Lo sport a volte sa essere crudele. Oggi lui è stato un eroe; Marin, congratulazioni per il torneo meraviglioso che hai disputato. Dovresti essere davvero orgoglioso. Questa è un’occasione speciale, giocare una finale: l’hai fatto al fatto meglio delle tue possibilità, dopo un grande torneo. A volte semplicemente non si è al meglio ma quando accade in una finale è davvero crudele. Sii comunque orgoglioso di te stesso e spero che potremo giocarne un’altra migliore di questa, un giorno. Ben fatto”.
Come si dice in questi casi? Gioco, partita, incontro. E classe. Da vendere.