I 4000 abbonati della Lazio (un calo del 71,91% rispetto alla scorsa stagione) sono lo specchio di una realtà che è ormai sotto gli occhi di tutti. La gente, allo stadio ci va sempre di meno. Lo stesso dicasi per gli abbonati del Napoli: pochi, pochissimi (poco più di 5000 tessere) nonostante il secondo posto della scorsa stagione. Per non parlare del Milan, ormai lontano anni luce dai tempi in cui al Meazza, quando giocava il Milan di Fabio Capello (stagione 1992-93), gli abbonati erano 71895. Oggi le tessere sono poco più di 12 mila. Tranne la Juventus che primeggia anche nella classifica degli abbonati (oltre 29000), e la Fiorentina (20100) che è la vera sorpresa data anche la campagna acquisti al risparmio della famiglia Della Valle, la campagna abbonamenti delle società di serie A (almeno le cosiddette “big”), per il momento, se non è stato un flop colossale, poco ci manca. Anche lo stesso Sassuolo (nonostante la partecipazione all’Europa League) ha fatto registrare un calo di abbonati (-4,83%), per non dire della Roma di Spalletti e Pallotta che è comunque tra le favorite al titolo (18.100 tessere – 25%). Si salvano solo, si fa per dire, le neopromosse come il Cagliari (7198, +58,37 sulla scorsa stagione) il Crotone (5800, +57,78%) e il Pescara, (8350 +131,94%) che beneficiano anche del naturale entusiasmo dovuto alla promozione. E per quanto riguarda le prime due giornate di campionato al momento i dati sono impietosi. Nelle prime due giornate del campionato in corso i dati sulla presenza degli spettatori è stata semplicemente mortificante: la metà dei biglietti è andata invenduta (il 49% secondo La Repubblica) mentre gli spettatori sugli spalti, rispetto all’inizio della scorsa stagione, sono stati l’8% in meno. Ma perché la gente non va più allo stadio? Le ragioni possono diverse. Da una deludente campagna acquisti come nel caso del Milan si passa alle contestazioni della piazza napoletana nei confronti del presidente De Laurentis oppure a quella laziale nei confronti di Lotito. Anche se in verità il calo degli spettatori allo stadio Olimpico, sia per quanto riguarda la Roma che la Lazio, è dovuto anche ad altri fattori: i tifosi di Roma e Lazio infatti (almeno fino alla scorsa stagione), avevano deciso di lasciare le curve vuote per tutto il campionato, in segno di protesta nei confronti della decisione dell’allora prefetto di Roma Gabrielli di far erigere le barriere all’interno del settore. Quest’anno le cose potrebbero cambiare, visto che in occasione di Lazio-Juventus un segnale di ripresa c’è stato e le presenze di tifosi all’interno della Curva Nord sono visibilmente aumentate. Ma ad allontanare i tifosi dallo stadio, una volta di più, ci si è messa anche la burocrazia. Che ha reso molto più difficile per un tifoso l’acquisto del biglietto per una partita. Per coloro che vogliono recarsi a vedere la loro squadra del cuore in trasferta poi, c’è l’obbligo di sottoscrivere la cosiddetta “tessera del tifoso” uno strumento che molte tifoserie non hanno mai voluto digerire. Per un motivo o per un altro, il dato di fatto attuale dal quale partire è che le presenze dentro gli stadi durante le partite di calcio sono sempre di meno. Se per le squadre in campo significa giocare in un clima talvolta surreale (come nel caso del derby romano con le due curve vuote), per le società significa certamente un mancato ricavo da botteghino. Sotto qualsiasi punto di vista, dunque, il problema c’è e finisce per danneggiare tutti. Per dirla con una vecchia canzone, che bello è quando lo stadio è pieno sembra solo un ricordo lontano.