E’ passata un settimana da quando Armando Izzo, il calciatore del Genoa, nato nel quartiere popolare napoletano di Scampia, che aveva coronato il sogno di tanti ragazzi di periferia raggiungendo la Serie A e la nazionale, è stato condannato per doppia omessa denuncia sulla tentata combine di due gare quando militava nell’Avellino. Reo di aver partecipato a due cene dalle quali gli altri giocatori avrebbero voluto estrometterlo, Izzo, che dopo la prematura scomparsa del padre sosteneva la famiglia economicamente sin da giovane, è stato squalificato per 18 mesi in primo grado. Parente di un fondatore del clan della Vanella Grassi, con il quale sostiene di non aver mai mantenuto contatti, il rossoblu finì nel registro degli indagati quando il pentito Antonio Accurso dichiarò: “un giocatore dell’Avellino, Armando Izzo, è nostro parente”. E da quel giorno la vita del difensore è cambiata per sempre.
Le domande da porsi sono molteplici, e come tali prevedono risposte differenti e piuttosto contrastanti. La squalifica inflitta ad Izzo è il casus belli, minimo comune denominatore di un calcio che, secondo alcuni, non riesce proprio ad usare la bilancia del retto comportamento come si dovrebbe.
“Prosciolti Walter Taccone, Luigi Castaldo, Mariano Arini, Raffaele Biancolino e Fabio Pisacane, tutti accusati di omessa denuncia da parte dalla Procura Federale. Diciotto mesi per Armando Izzo. Rigettata l’eccezione preliminare-procedurale sollevata dall’avvocato Eduardo Chiacchio sulla perentorietà dei termini”.
La prima domanda è la più semplice: perché solo Izzo a pagare? Perché l’ignorante, così lo chiamavano, è stato condannato? “Oh, l’ignorante non deve sapere nulla perché Avellino-Reggina la fanno i senatori” ho letto recentemente in un’intervista. Chi sarebbero i senatori?
“Partivamo con un cadavere già nella bara chiusa con tanto di chiodi, ora abbiamo una persona che cammina” ha dichiarato il legale Antonio De Rensis in attesa delle motivazioni della sentenza di primo grado per il difensore del Genoa. Erano stati chiesti oltre 6 anni di squalifica, che sarebbero diventati la condanna più alta mai comminata per una vicenda legata al calcio-scommesse. Nel giorno della sentenza, le due accuse di combine per le gare contro Modena e Reggina sono state annullate, i 18 mesi di condanna sono riconducibili come dicevamo a una doppia omessa denuncia: fatte queste premesse, il ricorso che Izzo presenterà quante chance ha di essere accolto?
Lui sostiene di essere stato messo in mezzo da terzi, probabilmente per spostare l’attenzione su una sorta di capro espiatorio studiato a tavolino, sottolineando anche la presenza di molte incongruenze nei racconti del boss pentito Antonio Accurso.
Accurso che, in un passo delle sue confessioni, parla così di Izzo: “Gia’ quando militava nella Triestina, vi fu un abbozzo di combine in cui mio fratello Umberto, accompagnato da Mario Pacciarelli, andarono a Trieste sapendo che la società non pagava gli stipendi ai giocatori per vedere se si poteva far qualcosa, ma senza risultato”.
La difesa ha portato 5 punti a favore di Izzo:
1) Il pentito Accurso dice di aver scommesso 400mila euro sul gol del Modena in Modena- Avellino, ma da registri sulle puntate richiesti dalla Procura risultano circa 44.609 euro.
2) Per Avellino-Reggina, non è stato ascoltato nessuno dei calciatori della squadra calabrese.
3) Izzo sarebbe il primo giocatore a essere condannato con quel capo d’imputazione senza aver messo piede in campo in nessuna delle due partite contestate.
4) Se Antonio Accurso avesse avuto la disponibilità di Izzo, in quanto suo parente e a lui vicino, perché coinvolgere altri giocatori?
5) Luca Pini, durante il suo interrogatorio, ha dichiarato come secondo lui non vi sia stato illecito ma una truffa da parte di Millesi nei confronti dei camorristi.
Proprio per Millesi sono arrivati 5 anni, secondo gli inquirenti il regista di tutto il teatrino, ma nessun provvedimento per Pisacane, Peccarisi e tanti altri calciatori finiti sul banco degli imputati e nominati dallo stesso boss, arrestato.
Insomma, secondo la giustizia questi sono stati gli unici artefici e si aspetterà la fine del processo per avere sentenza definitiva ma, a giudicare dalla foresta di persone coinvolte e di voci contrastanti a riguardo, molti sono invece usciti indenni da una situazione di cui forse si sono resi partecipi e, esattamente come gli altri, nominati nelle dichiarazioni del Mellisi al pari di Izzo. Ne sono una prova i presunti calciatori o tesserati della Reggina, che acconsentendo a perdere per 3 reti a 0 ebbero però la furbizia ed il privilegio di non esporsi alla luce del sole. I loro nomi non sono mai usciti, sebbene sulle carte si legga di come sempre Millesi fosse “intervenuto con quelli della Reggina per garantire la vittoria dell’Avellino”.
Armando Izzo è stato squalificato per 18 mesi in primo grado, in attesa dell’appello annunciato dal suo legale. Ma la legge deve essere uguale per tutti. Sebbene “l’ignorante” sostenga di essere innocente, la giustizia ha ritenuto di pronunciarsi in questo modo, condannando lui e prosciogliendo tutti gli altri. Ma come diceva Boskov ‘rigore è quando arbitro fischia’. Della questione, però, la gente comune discuterà per tutta la settimana, del resto le cose guardate da lontano hanno sempre un sapore un po’ diverso, soprattutto se non si leggono le carte, soprattutto se il soggetto in questione viene da Scampia ed è imparentato con boss oggi pentito, che di nomi ne ha fatti davvero tanti ammettendo persino che provarono a convincere Izzo già in passato ma “senza risultato”. Il risultato di questa sentenza, invece, è un boccone abbastanza amaro da digerire, un po’ come le “tre polpette” di cui si parla nelle intercettazioni.