Le elezioni Presidenziali degli Stati Uniti d’America si terranno l’8 novembre 2016. Tra coloro che correranno alla poltrona più influente del mondo, il personaggio sotto le luci dei riflettori, a meno di un anno dalle votazioni che decreteranno il successore di Barack Obama, è sicuramente il magnate miliardario newyorkese Donald Trump. Negli ultimi mesi, il candidato repubblicano, che dovrà confrontarsi con i suoi colleghi di partito alle primarie, ha esternato a più riprese il suo giudizio sulla situazione geopolitica mondiale, funestata dallo spettro del terrorismo, puntando l’attenzione, e il dito, contro l’Islam e verso coloro che professano la religione di Maometto.
Attraverso proclami nazionalistici e più che vagamente xenofobi, Trump ha sottolineato chiaramente la sua posizione verso i Musulmani che vivono nel territorio a stelle e strisce e coloro che vorrebbero trasferirsi entro in confini americani. Rispondendo alle dichiarazioni di Obama, il quale evidenziava il ruolo dei Musulmani nello sport statunitense, appellandoli come eroi, Trump asseriva di non conoscere fedeli dell’Islam che avevano dato un contributo alla gloria sportiva del suo Paese.
La cosa curiosa è che, oltre a poterne contare moltissimi all’interno delle discipline sportive americane come il basket e il football americano, è lo stesso imprenditore di Manhattan ad essere stato più volte fotografato, in occasione di eventi speciali e dal grande richiamo, con personalità, di fede islamica, simbolo dello sport americano. Come quella volta, immortalato da foto e video, che ricevette il premio dalla fondazione benefica di Muhammad Alì, al secolo Cassius Clay, convertitosi all’Islam. O nelle altre occasioni in cui lo si vede in compagnia di Mike Tyson, Shaquille O’Neal e molti altri. Tutti grandi nomi della storia sportiva americana. Tutti musulmani.
Alle parole di Alì, il quale raccomandava di non generalizzare e addossare la colpa del terrorismo a tutti i musulmani, ritenendo invece azioni del genere l’esatto opposto dei dettami dell’Islam, hanno fatto seguito le dichiarazioni di un’altra leggenda statunitense. E’ il caso di Kareem Abdul Jabbar, stella Nba, colonna dei Lakers dell’era Magic Johnson. Lew Elcidor, questo il suo nome prima della conversione, è stato 6 volte campione NBA, rompendo svariati record ed entrando di diritto nell’Hall of Fame del Basket d’oltreoceano.
Una volta smessi i panni del cestista, Jabbar è divenuto produttore cinematografico, ambasciatore nell’ambito educazionale, nonché autore e scrittore. Attraverso le pagine del sito americano Time.com, ha rilasciato un commento sulle parole del biondo repubblicano.
Questo gigante di quasi 2 metri e 20 centimetri, ha duramente condannato le parole di Trump, definendolo la più grande conquista dell’ISIS. Attraverso le sue esternazioni anti islamiche, ha portato avanti una campagna contro gli ideali americani, infondendo paura e instabilità nelle menti dei cittadini. Come conseguenza, continua l’ex giocatore, si è avuto un incremento della vendita delle armi, un numero superiore di crimini legati all’odio razziale e religioso e, in linea generale, una diffidenza verso coloro che possono rappresentare una minaccia per il solo modo di vestire o portare la barba.
Nel suo articolo, pone l’attenzione sull’alta percentuale della popolazione (83%) che si aspetta un attentato su larga scala sul suolo americano, indicando come colpevole di questo terrore diffuso proprio Trump che, con un programma poco chiaro e basato sull’ideologia, fa solo il gioco dei terroristi dell’ISIS, sparando proposte assurde, come vietare l’ingresso ai musulmani negli Stati Uniti.
Definendolo come un perfetto Manchurian Candidate (dal libro omonimo di Richard Condon), a cui è stato fatto un lavaggio del cervello, accusa Trump di riportare dati falsi circa i rifugiati siriani in America, e sulle percentuali di uccisioni di persone bianche per mano di afroamericani. Una vera e propria propaganda per incitare la gente alla violenza.
Kareem conclude dicendo che, alla stesso modo dell’ISIS, Donald Trump, con queste sue parole, sta cercando di plagiare la popolazione, sfruttando il momento di paura che tutto il mondo sta vivendo. Non risparmia, però, neanche coloro che vedono nel Repubblicano una speranza, accecati dai deliranti comizi a cui partecipano.
Quello che più preoccupa è il rischio che alle parole di Donald Trump possano fare seguito i pensieri di altri politici o della classe dirigente americana, facendo dilagare questa ideologia distorta per una manciata ( che manciata non è) di voti in un Paese dove l’integrazione e la tolleranza è stata ottenuta, ad oggi non completamente, attraverso dure battaglie e spargimenti di sangue.
Sperando che non si arrivi mai a questo punto, confidiamo che le parole di questi sportivi come Kareem Abdul Jabbar non siano un caso isolato. Idoli da tutti riconosciuti come tali, con la loro carriera e la loro immagine, possono davvero mandare un intenso messaggio di pace verso la popolazione, distogliendola dal germe del razzismo e della intolleranza religiosa, relegando personaggi del genere e i messaggi ad essi collegati al ruolo di mera macchietta da non seguire.