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Giornata Mondiale dell’Ambiente: Come il Calcio si sta muovendo per difendere la salute del pianeta
Nel giorno in cui si celebra la Giornata Mondiale per l’ambiente 2021, vediamo quanto inquina il calcio e in che modo si sta muovendo per un futuro del pallone sostenibile.
Il calcio inquina e bisogna subito correre ai ripari. Il gioco più popolare in Europa, infatti, genera 750 mila tonnellate di rifiuti all’anno (dati prepandemici).
Se è vero che il 42,7 % della popolazione mondiale si interessa al calcio – gli ultimi Mondiali di calcio maschile sono stati visti da oltre 3,5 miliardi di persone – non è stato però possibile stabilire con precisione l’impatto ambientale sull’ecosistema locale e globale di questo sport.
Impronta Ecologica
L’approccio più frequente per stabilire l’impatto ambientale di qualcosa è l’analisi della sua impronta ecologica (ecological footprint): questa stabilisce un’area speculativa del mondo che sarebbe necessario reintegrare per sopperire all’energia totale e alle risorse consumate dal dato evento (o individuo).
Nel caso delle grandi kermesse calcistiche, quest’energia riguarda tutte quelle attività che avvengono sia dentro ma anche fuori dallo stadio passando dall’erogazione di bibite, al check dei biglietti, al riscaldamento, fino all’illuminazione.
Il Primo Passo
Già nel 2013 la Fifa aveva sviluppato delle direttive – i Green Goals – per l’organizzazione e la pianificazione di eventi sportivi più verdi. Il Comitato olimpico internazionale (Ioc) ha condiviso le nuove linee guida per pratiche di approvvigionamento più sostenibili atte a contrastare la palese crisi ambientale in cui ci troviamo.
Nella valutazione delle candidature per l’organizzazione di eventi sportivi dell’Uefa, già da qualche anno, vigono dei criteri di sostenibilità per favorire la messa in atto di eventi con il più basso impatto ambientale possibile. Purtroppo però questi criteri non risultano determinanti: per gli scorsi Mondiali femminili a esempio, l’Italia era stato l’unico paese a proporre un Mondiale a impatto zero ma la Uefa ha comunque deciso di premiare la candidatura della Francia.
Life Tackle
Il progetto Life Tackle cofinanziato dalla Commissione europea con il programma Life e appoggiato anche dalla FIGC, attraverso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa si occupa di indagare i processi di smaltimento dei rifiuti e di utilizzo energetico dei maggiori impianti sportivi europei. L’obiettivo è ben preciso: il miglioramento della gestione ambientale degli incontri di calcio. Sul sito www.lifetackle.eu vengono mostrate le linee guida da seguire per stadi ed eventi sportivi eco-sostenibili.
I Risultati degli studi
Dagli studi della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa sono emersi dati interessanti e che fanno riflettere: uno stadio della massima serie può consumare fino a 8 milioni di chilowattora di elettricità (l’equivalente dell’uso energetico di 2500 famiglie) e 100mila metri cubi di acqua e genera da 1,82 a 6,81 kg di rifiuti per spettatore generando quindi alla fine della stagione circa 750 mila tonnellate di rifiuti.
Sfamare gli affamati
Quando si parla di sprechi non si può non considerare quelli alimentari. Sono circa 1500 i pasti serviti per ogni partita all’interno dello stadio ma solo alcuni di essi hanno adottato politiche di donazione dei pasti avanzati ad enti benefici.
Il Ruolo delle Squadre
Non solo impianti a impatto zero ma un ruolo fondamentale lo possono prendere anche le squadre con alcune iniziative. Ad esempio il Cagliari ha deciso di bandire la plastica dalle sue partite per far comprendere l’impatto sul territorio. Anche la Juventus, nel 2016 fu la prima squadra a studiare la valutazione del ciclo di vita di una partita di calcio. Ed è stato scoperto che come causa principale di inquinamento, al primo posto, vi era la mobilità dei propri tifosi.
Politiche e amministrazioni
Altro problema sempre poco discusso è quello relativo al Green procurement, ovvero quelle regolamentazioni giuridiche incluse negli statuti delle organizzazioni per l’acquisto di prodotti, servizi e opere che contribuiscono a proteggere l’ambiente.
La catena di acquisti che gli stadi e squadre devono effettuare, spesso, per non dire quasi sempre, sono appaltati a fornitori esterni che non sono abituati a fornire alternative verdi. Se questi criteri fossero inclusi negli statuti delle gare di appalto, i fornitori potrebbero fare in modo di garantire dei servizi più eco-compatibili.
Ultima ma non per importanza la necessità di coinvolgere le amministrazioni locali. In Italia, quasi tutti gli stadi sono di proprietà del comune e quindi, ogni volta che cambia la bandiera politica, cambiano anche le politiche verdi, di mobilità ed ecologistiche. Il che si tramuta spesso in un passo in avanti e uno indietro.