Il calcio Italiano (e inglese) raccontato da un ragazzo irlandese

Inizia la lettura
6 mins read

Sono nato in Irlanda ma i miei genitori sono italiani e io bilingue. Sono tifoso della Roma proprio perché entrambi mi hanno trasmesso la loro stessa passione verso i colori giallorossi. La prima cosa che mi ha colpito dell’Italia è che ogni volta che dichiaro la mia provenienza, tutti, o quasi, mi chiedono se tifo Celtic o Rangers, tipico errore di confusione tra campionato scozzese e quello irlandese. Ad ogni modo, a causa del basso livello dei team irlandesi quasi tutti qui tifano squadre inglesi, pur dichiarando di “odiare” gli Inglesi. Un paradosso!

Una cosa che non amo del calcio inglese è la pressione che i media nazionali mettono sui calciatori di Premier, soprattutto per quel che riguarda i giovani che vengono portati in alto non appena si prodigano in una bella prestazione salvo poi buttarli giù alla prima occasione in cui non brillano. Mi viene in mente il caso di Harry Kane che veniva considerato un giocatore che aveva “azzeccato” la stagione della vita e adesso, invece, è uno dei migliori attaccanti del mondo con cifre record nel suo score.



Un’altro problema che non riguarda, però, solo l’Inghilterra, è l‘aspetto inflazionistico dei prezzi del cartellino dei giovani talenti. L’esempio migliore è quello di Pietro Pellegri che la scorsa estate per poco non veniva venduto a 60 milioni al Milan dopo aver fatto una solo presenza, o quasi, la stagione scorsa all’età di 16 anni. Mentre un campione garantito come Kolarov viene comprato per soli 6 milioni di euro. Senza considerare il rischio che, dopo aver pagato una montagna di soldi, il giovane possa incappare in un infortunio, rendendo di fatto l’investimento un fallimento. Al riguardo, non possiamo dimenticare Alexandre Pato che dopo un’inizio esaltante al Milan che lo aveva preso giovanissimo a suon di milioni, ha visto la sua carriera ridimensionarsi drasticamente e, malgrado alcuni tentativi di rivitalizzare il suo cammino e finito a giocare in Cina.

In Irlanda, come in Inghilterra, la difesa è considerata il fulcro del gioco italiano, al contrario di quello che si fa nei campionati britannici. Ma, a parer mio, il calcio sta andando in questa direzione, quella dell’attenzione alla difesa. E non è un caso se le squadre che hanno vinto la Champions League o sono andate fino in fondo nella competizione, erano anche quelle che subivano meno goal. L‘Atletico Madrid in questo ha fatto scuola e, grazie al calcio di Simeone, sono riusciti a raggiungere due volte la finale di Champions pur non avendo la migliore rosa tra le contendenti. In Inghilterra, invece, alla difesa non si dà la dovuta importanza. E infatti, negli ultimi due anni due tecnici italiani, Conte e Ranieri, hanno vinto il campionato grazie a questa predisposizione, in particolare il secondo ha fatto un autentico miracolo. Non posso pensare che una squadra come il Liverpool che ogni anno si propone di essere una candidata al titolo possa schierare una difesa composta da Moreno, Lovren, Klavan e Alexander-Arnold. Gente che non farebbe neanche panchina nella “mia” Roma.

La cosa che sopporto meno della Premier è il fatto che in Inghilterra venga considerato il miglior campionato al mondo, ma se andiamo a vedere la scorsa Champions League su 4 squadre partecipanti quella che è andata più lontano è il Leicester mentre il Manchester City è uscito agli ottavi e Arsenal e Tottenham non hanno passato neanche il girone.

In Irlanda, quando parli di calcio italiano, ci vengono in mente subito tre nomi: Del Piero, Totti, e Totò Schillaci. Per quanto riguarda quest’ultimo, gli irlandesi lo ricordano con “odio” perchè fu colui che segnò il goal che eliminò l’Irlanda ai Mondiali 1990. Totti e Del Piero, invece, sono ricordati come un esempio di fedeltà e attaccamento alla maglia, aspetto molto considerato da queste parti. Infine non dimenticano neanche l’appena ritirato Andrea Pirlo per il rigore a cucchiaio a Joe Hart nella partita dell’Europeo 2012, che li rese molto felici.

GiocoPulito nasce nel Novembre 2015 con l’obiettivo di dare un taglio all’informazione sportiva non tanto incentrandola sulla comune, quanto importante, attualità, ma andando a costruire un prodotto di informazione che potesse accrescere la conoscenza degli accadimenti passati o presenti, soddisfare la sana curiosità, alimentare la cultura e la passione per lo sport.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Articoli recenti a cura di