La giornalista Elisabetta Reguitti ha intervistato l’allenatore Carlo Ancelotti sul mondo del calcio femminile in Italia e il confronto con il Nord America, dove il tecnico vive ormai da anni, a Vancouver in Canada. L’intervista è stata pubblicata all’interno del libro “Giocare con le Tette” (Aliberti Compagnia Editoriale) a cura di Milena Bertolini.
“Ignoranza, pura ignoranza.”
Carlo Ancelotti commenta così le frasi di cui si sono fregiati i vertici italiani della FIGC definendo le calciatrici “quattro lesbiche a cui dare soldi” e considerandole pure “handicappate” nella pratica di questo sport.
Concetti retrogradi espressi da chi guida il “movimento pallonaro nostrano”, pensando forse di assecondare un pensiero diffuso in un paese ancora stretto in una mentalità discriminante destinata a cambiare. Ma per questo serviranno ancora molti anni e tanto lavoro nelle scuole.
L’unico allenatore ad aver vinto tre Champions League risponde dalla sua casa di Vancouver, metropoli canadese sede della finale degli ultimi mondiali di calcio femminile. E, come un ideale filo conduttore, le sue origini lo riportano a Reggio Emilia dove a Maggio 2016 si disputerà la finalissima di Champions League Femminile. Così il mister di Reggiolo accoglie con entusiasmo questa iniziativa editoriale.
Che cosa ha pensato nel leggere questo libro?
Mi ha fatto molto piacere essere coinvolto in questo progetto. Intanto perché sono di Reggio Emilia, ma soprattutto perché riguarda un lavoro di divulgazione per un atteggiamento culturale diverso da quello oggi predominante a proposito dei generi maschile e femminile nel calcio. Nel rispetto delle diverse peculiarità ma complementari, nella vita come nello Sport.
Chi ha allenato i più grandi campioni, da Ibrahimovic a Cristiano Ronaldo, come gestirebbe uno spogliatoio di donne calciatrici?
Non ho mai pensato a questa possibilità, non avendo mai avuto esperienze lavorative dirette con squadre di calcio donne, tuttavia posso certamente affermare che il mio approccio non cambierebbe affatto. I principi di gestione, comunicazione e confronto tecnica tattico sarebbero assolutamente gli stessi. Forse sarebbe diversa solo la frequenza della mia presenza all’interno dello spogliatoio che gestirei con maggiore attenzione, ma per quanto riguarda la conduzione del gruppo e il lavoro in campo non modificherei nulla.
Inghilterra, Francia e Spagna: nazioni nelle quali ha guidato i più grandi club e dove il calcio donne è vissuto in modo diverso e le società investano allestendo anche una squadra femminile. In Italia questa possibilità non pare interessare molto.
In Italia in alcuni settori il passo è sempre più lento rispetto ad altri paesi europei. Quando si parla di calxio donne è necessario pensare ad una pianificazione seria che attualmente non c’è, a cominciare dagli investimenti da parte dei vertici federali, ma aggiungo anche sul piano mediatico. I mezzi di comunicazione hanno un ruolo fondamentale nella diffusione dei messaggi anche tra le ragazze più giovani che in Italia vengono certamente attratte da sport che vengono presentati loro come più accattivanti rispetto al calcio. Inoltre le discriminazioni si colmano amche migliorando i compensi. Le atlete italiane vivono di rimborsi spese tanto esigui da obbligarle a cercare un altro lavoro, sovraccaricandole di notevoli pressioni e stress psicofisici e complicando così il loro percorso sportivo.
Lei vive in Canada, una delle patrie mondiali del calcio femminile per numero praticanti oltreché per business e interesse degli sponsor: i grandi colossi del merchandising tecnico stanno studiando soluzioni di rilievo per coprire un mercato stimato intorno a 15 miliardi di dollari.
E’ assolutamente così. E questo accade in tutto il Nord America dove il calcio femminile è tra gli sport più praticati dalle ragazze a partire dalle scuole. L’attività calcistica delle ragazze è vissuta con grande naturalezza e suscita un interesse enorme. Ho seguito la finale del mondiale giocata a Vancouver davanti a 55 mila persone ed è stato uno spettacolo straordinario. La nazionale statunitense che si è laureata campione del mondo battendo il Giappone è rientrata in patria accolta in trionfo e ha sfilato per le vie di New York davanti a migliaia di persone.
Tantissime giovani appassionate praticanti, eppure le istituzioni sportive internazionali sono ancora fortemente caratterizzate da un’implicita discriminazione, connotata anche dall’assenza di donne nei ruoli chiave delle federazioni e dei settori tecnici.
Sarà solo questione di tempo, non ho dubbi. I vertici dirigenziali vanno rinfrescati con persone nuove e dotate di entusiasmo, quello che non manca alle calciatrici italiane. Sono ancora poche rispetto ad altri paesi e la loro attività non è certamente agevolata, ma sono sicuro che riusciranno ad affermarsi perché sono brave e caparbie.
Elisabetta Reguitti
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FOTO: www.tabsernews.it
Carletto gran signore dello sport italiano. Per questo sta fuori.