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Zdravko Mamić, il “Re Nudo” che controllava il football in Croazia

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 È risaputo come il calcio sia l’unico sport realmente amato dalla sociologia. Più precisamente, al centro degli interessi dei sociologi ci sono i tifosi di calcio, da sempre esemplari di essere umano posti sotto costante osservazione. E se è difficile che il sentire comune li delinei positivamente, impossibile per molti è capirne l’ostinazione di fronte allo sfacelo prodotto negli anni dall’evoluzione dello sport più seguito al mondo. “Il calcio è un rituale in cui i diseredati bruciano l’energia combattiva e la voglia di rivolta”. Niente più che uno spreco umano, secondo Umberto Eco. Capita però che i paradossi creati da taluni personaggi che orchestrano lo showbiz pallonaro ribaltino i canoni, elevando le frange più estreme del tifo a condottieri di battaglie morali. Paradigma di una frontiera sociale sempre più diffusa è la tifoseria della Dinamo Zagabria, la squadra più blasonata della Croazia. I Bad Blue Boys, gli hooligans della squadra, e il resto della tifoseria organizzata, infatti, rientreranno allo stadio Maksimir dopo più di due anni di assenza volontaria in occasione della sfida alla Juventus in programma il 27 settembre 2016, valida per la seconda giornata dei gironi di Champions League.
 
 Ma per capire le cause di una protesta tanto radicale bisogna fare più di un passo indietro e introdurre la figura di Zdravko Mamić, ombra nera della Dinamo e del calcio croato. Mamić nasce non lontano dalla capitale nel 1959 e fin da giovane inizia a gravitare intorno alla principale squadra di Zagabria. Viene scartato dalle giovanili e scompare dai radar fino all’inizio degli anni ’90 quando, durante la guerra di indipendenza, si arricchisce improvvisamente dedicandosi al gangster capitalism, non ostacolato dai membri nazionalisti dell’HDZ (Unione Democratica Croata), il partito di Tudman, presidente della prima Croazia indipendente giudicato criminale di guerra post mortem dal Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia. Nel 1993 il governo modificò in Croatia Zagabria il nome della squadra, mettendo in soffitta il comunistoide ‘Dinamo’ per motivi propagandistici. Nulla da eccepire se non fosse che proprio la denominazione ‘Dinamo’ funzionò da vero e proprio simbolo della resistenza anti-comunista e questo cambio coatto provocò l’ira dei tifosi zagabresi. Il malcontento del pubblico e una feroce crisi economica attraversata dalla società furono terreno fertile per l’ascesa di Mamić, che nel 2000 ricreò la Dinamo Zagabria, assicurando alla squadra un finanziamento pubblico e la non tassazione grazie a non indifferenti agganci politici. Direttore esecutivo della squadra dal 2003, attirò immediatamente le antipatie dei tifosi per aver messo in atto un evidente processo di privatizzazione del club, in barba al regolamento secondo cui la Dinamo sarebbe dovuta restare un’associazione civica in cambio delle agevolazioni fiscali.
La struttura originaria venne stravolta e non si svolsero consigli direttivi né tantomeno elezioni pubbliche, obbligatorie secondo statuto. Ma a Mamić tutto è permesso, anche gestire personalmente i cartellini dei giocatori della sua società. Tramite l’ASA International, infatti, un’agenzia diretta dal figlio Mario, la famiglia Mamić controlla la proprietà dei giocatori croati più importanti, inserendo nei contratti clausole fantasiose ma decisamente redditizie. Ad esempio, quando Lukas Modric fu venduto al Real Madrid venne inserita nel contratto una clausola che avrebbe garantito ai Mamić il 20% dello stipendio del fantasista per ogni anno da professionista fino al ritiro. Zdravko il despota, però, non si accontenta di aver assoggettato una società e i suoi tifosi.
Dal 2006, infatti, prese il controllo amministrativo della Lokomotiva Zagabria, squadra che militava tra i dilettanti. Una serie impressionante di promozioni portarono la Lokomotiva nella massima serie croata e circa il 70% dei giocatori attuali sono di proprietà della Dinamo Zagabria. Una sorta di squadra ‘B’ che incredibilmente partecipa allo stesso campionato della controllante. Non a caso in 23 precedenti ufficiali, per 22 volte ha trionfato la Dinamo, con un misterioso pareggio a sporcare la statistica. In tutto questo l’onnipresente Mamić ha allungato le mani anche sulla federazione croata. Nel 2012 si è fatto nominare senza vergogna ‘primo vicepresidente’ della federazione, agevolato da un consiglio composto in larga parte da membri dell’HDZ, insediando Davor Suker, ex attaccante della gloriosa Croazia di Francia ’98 nonché fedele suddito, a capo della stessa. In questa selva di negligenza istituzionale si stagliano i tifosi, da più di dieci anni intransigenti oppositori di Mamić. Dalle raccolte firme dei primi anni 2000 ai deprecabili episodi di violenza fino all’abbandono dello stadio, le hanno tentate tutte. Anche su di loro, ovviamente, è piombata la mannaia del tiranno che istituì una black-list con oltre 2000 nomi di persone sgradite alla società alle quali sarebbe stato impedito l’ingresso allo stadio.
L’ingordigia però, storicamente, porta guai a chi abusa del suo potere. Nel luglio del 2015 Mamić fu arrestato con l’accusa di aver sottratto alla società, dal 2008, una somma pari a 17,3 milioni di dollari e di non aver versato 1,8 milioni al fisco. Rilasciato su cauzione, nel novembre dello stesso anno venne nuovamente arrestato dell’autorità anticorruzione croata (Uskok) con l’accusa di evasione fiscale e riciclaggio di una cifra intorno ai 10 milioni di euro relativa ad alcune operazioni di mercato. A seguito di questi guai giudiziari, Mamić fu declassato a semplice consigliere della Dinamo, in attesa dei processi che lo metteranno di fronte alle sue azioni. Il cambio ai vertici societari e la parziale cacciata di Mamić hanno provocato la gioia dei Bad Blue Boys, che in un comunicato ufficiale spiegarono le motivazioni del loro imminente ritorno. “Dopo essere stati banditi, torniamo nella curva nord, la nostra casa. Siamo stati il simbolo della lotta contro l’ingiustizia e la decadenza della società odierna e i recenti avvenimenti ci hanno dato ragione”. Proseguono. “La nostra battaglia è stata contro un uomo che grazie a noi non avrà più il potere di prima ma oggi ci sentiamo in dovere di dire che nulla finisce qua: non gireremo più la testa e la battaglia si trasformerà nella lotta contro un sistema corrotto, non più verso un solo uomo.

 

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