Spesso ci chiediamo se lo sport e la disabilità possano davvero essere due termini quasi speculari, o se invece chi è costretto in sedia a rotelle o è bloccato da qualsiasi problematica fisica (o mentale) sia destinato a vivere lo sport solo attraverso quella scatola magica chiamata tv. La risposta a queste domande la dà Sofia Righetti, classe 1988, segni particolari: una forza della natura. Brillante, vivace, amante del rock e vegana convinta, Sofia non è solo una grande donna ma anche un’atleta paralimpica di gran spessore. All’età di cinque mesi a causa di un’ischemia midollare dovuta ad un errore chirurgico, perde l’uso delle gambe. Nonostante la sua vita inizi – di fatto – su una sedia a rotelle, la Righetti sviluppa una passione particolare: quella dello sci alpino, nata nel 2012, dopo aver visto alcuni filmati di atleti paralimpici di quell’anno che partecipavano agli X games Invernali, categoria Sitting. Sofia si mette allora in contatto con l’atleta Tommaso Balasso che diventerà poi il suo primo allenatore e che la aiuta a lavorare sul suo corpo, permettendole di concretizzare la sua passione per lo sci alpino anche a livello agonistico.
Nel 2014 Sofia diventa Campionessa Nazionale di Sci Alpino, vincendo la medaglia d’oro in slalom gigante e la medaglia d’argento in slalom speciale. In un’intervista rilasciata a Lettera43, la Righetti spiega perché ha scelto di specializzarsi proprio in questo sport: «Perché è uno sport aggressivo, veloce, elettrizzante, individuale nonostante il lavoro col team che c’è dietro… è come suonare la chitarra elettrica».
Essere sportivi in un mondo dove serpeggia ancora l’idea che un corpo debole e fragile non sia adatto ad attività fisica di qualsivoglia genere, si può fare: secondo la filosofia della sciatrice lo sport, l’allenamento costante, la voglia di arrivare ma soprattutto credere fino in fondo alle proprie capacità, portano lontano. Questo è secondo Sofia uno dei motivi che fa delle Paralimpiadi e – in generale – dell’istituzione di categorie sportive per disabili un mezzo attraverso cui l’atleta torna a credere nel proprio corpo.
Attraverso la pratica sportiva paralimpica è possibile riscattare l’identità sociale di chi viene visto solo come disabile, rivoluzionando l’immagine che di solito si ha di chi vive un handicap: quella di svantaggiati. Sempre a Lettera43 la Righetti dice: «gli atleti delle Paralimpiadi e delle Special Olympics fanno mangiare la polvere a chi si ritiene “normodotato”». La ricetta per fare sport però, comprende non solo buone dosi di coraggio e costanza ma anche di concentrazione, cattiveria, adrenalina e ancora concentrazione. A questo si aggiungono avere la mente lucida e i muscoli scattanti. Lo sport ricorda la sciatrice, è soprattutto divertimento: senza questo elemento fondamentale, si perderebbe l’essenza stessa di ogni attività, amatoriale o agonistica che sia.
Un corpo vivo, dunque, pulsante, così lo racconta Sofia. Questo è ciò che lo sport permette di fare, aiutando tutti, ma soprattutto chi non crede più in sé, a recuperare fierezza e forza. Qualsiasi sport si pratichi, qualsiasi corpo si abbia, senza eccezioni.